Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

90 SCHEDE/SAGGI SAGGI Al LIMITEDELVALOREDISOGLIA FedericoPedrocchi Quando partecipa alle presentazioni del suo libro (Tempi storici, tempi biologici, Garzanti, pp. 224, lire 18.000) Enzo Tiezzi sembra preoccuparsi di una sola eventualità: essere considerato un catastrofista. Ha ragione. È forse la definizione peggiore che si possa affibbiare a chi si occupa di ecologia, singolo personaggio o movimento che sia. Aggirare questo pericolo è sempre stata, a partire dalle prime battaglie ecologiche, ed è tuttora in forme diverse, un'impresa particolarmente difficile per più motivi. Prima di tutto la realtà delle cose: l'intera configurazione dei problemi ambientali del pianeta è tale che, alla luce di un'analisi minimamente corretta, non si possono trovare scorciatoie ottimistiche. Ricorda bene Tiezzi una bella frase di Laura Conti: "Non c'è dubbio; da qui in avanti il momento in cui è più facile fermarsi è ORA". Bisogna invertire la rotta, quindi. Spiegare il perché e descrivere le cose da cambiare vuol dire compilare un lungo elenco di guasti profondi e pericoli decisamente inquietanti. Più si è accurati e più si ampliano le conoscenze per intervenire. Solo che l'insieme dei fatti è decisamente spiacevole; si può allora rimuovere il tutto, anche in buona fede, con l'accusa di "catastrofismo". C'è una versione aggiornata di questa operazione che nasce da alcune domande per le quali sembrano possibili risposte rassicuranti: siamo forse allo stesso punto di vent'anni fa, quando bisognava convincersi della necessità di misurare l'inquinamento dei fiumi o dei mari? non si è forse arrivati alla costituzione, per esempio, di assessorati comunali all'ecologia? perché continuare, allora, con le cupe descrizioni sullo stato comatoso dell'ambiente? Ci si sta muovendo, in fin dei conti! Certo, qualche spiraglio si è aperto, ma le poche conquiste sono essenzialmente teoriche e gli interventi in atto sono quelli che _andavano fatti due decenni fa con un impatto, però, già insufficiente per quei tempi. Non solo: siamo in presenza di nuovi processi, nuove intensità dei fenomeni ed effetti combinati tra forme diverse di alterazione dell'ambiente. Così, oggi, l'unica soluzione proponibile non può che trovarsi alla radice dei fatti. "Eco-nomia o eco-logia?" è il titolo del nono capitolo di Tempi storici, tempi biologici. Ci si può aspettare quindi da quenuova accusa di catastrofismo. Il libro di Tiezzi entra nel nucleo centrale dell'intera vicenda ambientale (che di più "intere" non se ne trovano): "la scienza e la tecnologia non possono compiere trasformazioni miracoliste, come non possono farlo le leggi del mercato: ci sono solo delle leggi veramente ferree e con le quali finalmente la nostra cultura deve fare i conti e queste sono le leggi di natura.( ... ) In questo senso si può parlare di primato della biologia e delle. grandi leggi biofisiche della natura". La biologia non come scienza, ovviamente, ma come condizione globale della vita sul pianeta. La necessità che nella gestione delle risorse (e da qui tutto deriva) intervenga, com·e criterio direttivo, una "coscienza di specie"; "l'economia non può più fondarsi su scienze reversibili (meccaniche), ma su scienze in divenire (biologiche, termodinamiche). Il sistema vivente non possiede il determinismo della tecnologia. La riduzione del sistema vivente a quantità, a misura, non è possibile:/' economia classica è unaforma di riduzionismo:'. Che vuol dire? Vuol dire che, al di là d'ogni giudizio di merito, l'epoca in cui l'umanità poteva permettersi dibattiti d'opinione sulle forme diverse delle strategie politiche ed economiche è un'epoca definitivamente chiusa. Invece, nei casi migliori, permane la convinzione che sia ancora praticabile una modificazione del sistema produttivo vigente. Nei casi peggiori si ignora deliberatamente il futuro. Toccherà in sorte ad altri. Sono difficili i confronti con culture passate; vi era una consapevolezza maggiore nel pensare all'eredità da tramandare alle generazioni future? Oggi, certamente, il "qui e ora" è pratica diffusa nelle zone più cruciali delle strategie economico-politiche, pur spesso ammantate di immagini da terzo millennio. Dovrebbe essere esattamente il contrario. La separazione, appunto, tra i tempi storici e i tempi biologici è al limite del valore di soglia. Scrive Tiezzi parlando d'economia: "l'ambiente e le generazioni future non possono più essere esclusi dal mercato arrivati a questo bivio storico tra le scelte della sopravvivenza e quelle della distruzione globale del pianeta". E finisce per domandarsi se vi siano elaborazioni politiche che contengano tracce significative di una "coscienza biologica". Siamo al delicato problema dei rapporti tra ecologia e cultura di sinistra che Tiezzi affronta, sinteticamente ma con opinioni precise, per affermare che anche qui le cose non vanno. Si pensa a gestioni diverse ma non si esce dalla logica della produzione, del. mercato, della continua possibilità di crescita. Bisogna ragionare, insomma, sulla possibilità di proposte diverse da quelle di "difendere i posti di lavoro dei grossi accensta franchezza nel porre la questione, una Foto di Jacques Haillot/L 'Express, Agenzia Grazia Neri.

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