sociale e avverso ai miti del liberalismo, che vedevano incarnato nei circoli, in definitiva ancora imperialisti, della borghesia inglese. Le lettere raccolte in questo volume -le più intense e commoventi tra esse sono quelle rivolte alla moglie - testimoniano dunque anche di un lungimirante intuito politico, di una capacità di previsione storica pur nelle difficoltà di un quotidiano e sottile, tenace lavoro di opposizione alle decisioni più feroci del potere. In altra situazione von Moltke sarebbe stato certamente fedele al concetto di Stato e di Comunità tedeschi, un politico coraggioso all'interno di un sistema di valori dato, rispettoso delle regole della democrazia. La storia ha voluto che egli fosse invece, per coerenza con questa visione, il portavoce attivo di una minoranza sconfitta, coerente con i suoi principi fino alla morte. ILFASCISMQOUOTIDIANO, CONODIOESARCASMO MariaMaderna Le opere di lrmgard Keun sono state riedite in Germania nel 1979 ripetendo l'exploit che le aveva accompagnate a partire dal 1931, quando l'autrice, giovanissima (nata nel l910emortanel 1982),avevapubblicato Gilgi, eine von uns (Gilgi, una di noi), una riuscita parodia dei romanzi d'appendice. Da allora la scrittrice era riuscita a mantenersi miracolosamente in bilico tra il successo commerciale e le esigenze del suo irrefrenabile ist.into ad andare controcorrente, finché la sua parodia era diventata troppo scoperta per la censura nazionalsocialista. Venticinquenne, la Keun era emigrata in Belgio, ma era riusciuta lo stesso a pubblicare, nel 1937, il romanzo che sta ora facendo parlare di lei anche in Italia: Dopo mezzanotte (Rizzali, pp. 140, lire 10.000). Si tratta di un romanzo, e di quelli non facilmente collocabili anche tra i romanzi della Keun, che ne ha scritti sette. In realtà l'autrice, non riconciliata e non appropriabile, porta inscritta nelle sue immagini e nei suoi riferimenti la sua diversità nella diversità: pur ispirandosi indubbiamente al tardo espressionismo della vignettistica tra le due guerre (alla satira cioè della borghesia in declino)- come dimostra il carnevale immondo della festa finale del libro - essa non si porta addosso né le deformazioni espressioniste né, tantomeno, le preoccupazioni documentarie del realismo. Certo, è ascrivibile alla Nuova Oggettività (come dopotutto vengono annoverati in questa corrente Tucholsky, Walter Mehring o i romanzi della Seghers successivi al 1928), non intendendo con questo termine un sinonimo di "retroguardia", di rassegnazione, di cultura dell'inflazione tout court. La Keun opera nell'ambito cronologico della Nuova Oggettività, con cui ha in comune però solo il rifiuto di ogni illusione e lo sguardo acuto, da reporter. E il vero reporter è sempre uno smascheratore. Nei suoi romanzi la Keun fa esplodere una scottante tematica politico-sociale e, soprattutto in Dopo mezzano/le, ci fa toccare con mano un fascismo quotidiano, allo stato diffuso, evidenziando le tendenze sadomasochiste, lo spreco di virtù non dialettiche (disciplina, obbedienza), il kitsch, i luoghi comuni; il tutto occultato dalle buone maniere. "Nulla quanto la stupidità dà il senso dell'infinito": così suona il motto apposto da Horvàth alle sue Storie del bosco viennese. Segno che anche Horvàth aveva intuito la minaccia di una società arroccatasi nell'idiozia. E macchine teatrali per eccellenza erano i riti collettivi per Horvàth, il quale mostrava come dietro le feste (il picnic nei boschi, l'Oktoberfest) trapelasse sempre un'immobile struttura di persecuzione; e anche in Dopo mezzanotte i momenti più riusciti sono l'arrivo di Hitler a Colonia e la festa che chiude il libro. Una festa che manda a gambe all'aria il bestiario di filisteismo appena presentatoci, facendo assistere il lettore a un macabro gioco di società. Anche la Keun è incline al comico e all'apocalittico: il microcosmo al tempo stesso colorito e raccapricciante che osserviamo, è indagato con un pessimismo, per così dire, gagliardo, con un sarcasmo quasi atroce che mette in luce i meccanismi di questa società nonché la sua comicità intrinseca (quasi nella convinzione che nulla è più umoristico della verità). In Dopo mezzanolle lo stile della Keun è caricaturale e pensoso, è pur sempre spumeggiante ma con un fondo di amarezza più marcato. L'autrice non smette, comunque, di essere brillante, e provocatoria, rivelandosi quella "vera umorista tedesca" che Tucholsky individuò in lei. L'ironia, l'illusionismo·che pratica, la disposizione a sorprendere, se contribuiscono da un lato a circondare i suoi personaggi di accidenti un po' surreali, non le impediscono però di costruirli con forza su corde non surreali, cioè sulla vigile attenzione alle cose che si trovano attorno. La diciottenne Sanna, protagonista di Dopo mezzanotte, è un ritratto di donna comune alle prese con la tragedia del vivere, senza saperlo, nel delirio del nazismo, con l'aria di un candido fool che dice verità tremende, quasi essa sia l'unica ad aver conservato, tra tanti folli autentici, la pazzia della SCHEDE/STORIE ragione. Sanna pratica la provocazione con piacere quasi infantile, e per questo l'indagine dell'autrice è incisiva quanto apparentemente smagata e divertita. Il "flusso dicoscienza" di Sanna è espresso in allegria di associazioni, con toni frizzanti, a colpi di rapide ed efficaci battute. Dotata di vivo e spontaneo talento scenico, la Keun conosce l'arte di cadenzare infallibilmente i propri orditi e poco importa che si lasci sopraffare dal piacere di perdersi in particolari e personaggi episodici. In un'epoca di "inflazione della parola", come affermò lei stessa, la Keun seppe trovare moduli inediti in un linguaggio che si colloca al punto focale tra le parole "ufficiali" e le cadenze del parlato, e che trascorre impavido da paradossi verbali ad astrazioni rumoristiche: il commento ufficiale (off. si direbbe) è concepito come parte integrante del testo. E anche le sconnessioni cronologiche e le disgressioni dei ricordi e dei flashback hanno molto di cinematografico, ma sono soprattutto funzionali affinché dal tutto emani il senso di uno sfasamento con la realtà maliziosamente crudele. Una crudeltà che affiora tra le righe e che per l'autrice, come afferma nel suo ritratto di Stefati Zweig, è indispensabile: "Pensare alla Germania è deprimente: la cosa più salutare da fare è odiare, con tutte le proprie forze. L'odio ti fa andare avanti, è la cosa più vitale che ci sia". Gioventù hitleriana (dal volume Gli anni di Weimar di J. Willett, Garzanti 1984). 89
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