Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

UGUALIEDIVERSI (OVVERO:LABIOLOGIA ÈREAZIONARIA?) Giovanni Jervis .,..on più di sette o otto anni or sono, una parte a...l significativa del mondo ideale dei giovani si fondava su un accentuato egualitarismo, il cui aspetto ideologico poteva sconfinare nell'irrealtà. Non si trattava propriamente dell'egualitarismo come programma sociale, né dell'ipotesi etica secondo cui tutti vanno trattati come portatori di eguale dignità umana: non si trattava cioè dei presupposti sui quali si regge, da qualche secolo, qualsiasi sistema democratico. Era un egualitarismo più radicale, che si esprimeva in una serie di convinzioni di natura antropologica e psicologica, secondo cui le differenze individuali sono irrilevanti al punto da rendere futili giudizi e valutazioni. Gli studenti di allora proponevano volentieri queste convinzioni come verità scientifiche. Oggi, a pochi anni di distanza, idee del genere sono quasi del tutto scomparse, e anzi sembrano affacciarsi orientamenti opposti. I principi di allora avevano il merito della coerenza, e della semplicità: ma per dirlo francamente, avevano il difetto di essere privi di realismo. Essi venivano enunciati più o meno nelle convinzioni seguenti. I) Tutti noi siamo uguali alla nascita; vi possono essere certamente differenze somatiche legate a fattori prenatali e a variazioni genetiche, come per il colore degli occhi o dei capelli, ma non vi sono diversità innate nelle disposizioni e nelle capacità comportamentali; eventuali diversità riscontrabili in quest'ultimo ambito dipendono da fattori socioambientali e politici, e in via marginale da fattori intrafamiliari. 2) I fattori socioambientali ed educativi, quando abbiano agito in modo sfavorevole sull'individuo, possono sempre venir corretti, in tempi brevi, da nuove esperienze educative e da opportunità esistenziali adeguate. 3) In ogni caso le differenze psicologiche individuali rimangono irrilevanti: o si tratta di capacità particolari che non creano vantaggi o svantaggi in nessuno (tu puoi aver sviluppato una disposizione alla musica, io·alla pittura, e così via) o si tratta di svantaggi recuperabili; in ogni caso ognuno rimane con una sostanziale totipotenza di capacità. 4) Ognuno dovrebbe poter fare ciò che desidera: le capacità non contano. Il diritto allo studio - anche allo studio universitario e alla laurea - che è diritto di chiunque lo desideri, non può essere subordinato a discriminazioni e giudjzi di merito da parte di nessuno, meno che mai da parte dei professori. Anche al di fuori della scuola, ogni selezione è immorale e ogni valutazione è sospetta. Questo, si badi, non già, come sostenevamo nel '68, perché molta selezione è di classe anche quando si traveste da selezione scientifica; ma perché la selezione e la valutazione semplicemente non possono esistere, neppure come tentativi di rendere più obiettivi i criteri intuitivi ed empirici di differenziazione fra le inclinazioni e le capacità. 5) Nessuno stile comportamentale personale può essere a buon diritto censurato come: a) immorale; b) delinquenziale; c) patologico; queste etichette non corrispondono infatti ad alcuna realtà comportamentale dotata di caratteristiche definibili, ma sono solo giudizi di valore, relativi, convenzionali, e in fondo falsi. Che queste convinzioni non fossero limitate a una minoranza di studenti era confermato dalla difficoltà da me verificata, a trovare altri studenti che sapessero dar luogo, sia pure confusamente, a un contraddittorio rispetto a tesi del genere; del resto non pochi fra i più giovani assistenti e docenti universitari di allora sembravano condividere ipotesi di un egualitarismo esasperato. (Con fatica, io che mi trovavo a dover tenere dei corsi di psicologia proprio sulle differenze individuali e sul loro significato, riuscivo a discutere con gli studenti solo facendo loro osservare che in qualsiasi famiglia si usa dire, per lo più in modo giusto e pertinente, che il tale bambinetto ha preso determinati tratti di carattere dal padre, o l'intelligenza dalla madre, o la passione per la musica dallo zio; e mi ingegnavo a discutere di stili comportamentali, del problema dello svantaggio e delle sue etichette, e del carattere non proprio immaginario né convenzionale dei disturbi psichici; il che non toglie che una volta venni censurato da certi colleghi per aver affermato in una riunione, a proposito di determinati compiti, che forse il personale andava selezionato per le sue disposizioni, non chiunque avendo te stesse capacità. Molti studenti, del resto, invitati a discutere, avevano un atteggiamento tipico: "non m'importa se quello che dici è vero o no; so che la tua è una posizione pericolosa". li che apriva talora uno spunto di dibattito su che cos'è lo spirito stalinista.) .... D chiaro che le esacerbazioni di allora erano solo un aspetto emergente di una serie di problemi di enorme complessità, sui quali nessuno pretende oggi di poter dire una parola definitiva. Del resto esistevàno in quelle posizioni una confusa volontà morale e una vaga speranza politica, non prive di valori positivi: anche se proprio in quell'epoca, fra il '77 e il '78, l'ideologia iperegualitaria produceva i suoi danni peggiori. In fondo le varie versioni storiche dell'idea di uguaglianza sono solo un aspetto particolare dell'ideologia del mutamento politico rivoluzionario: e forse è ancora dal giacobinismo che fiorì in Francia due secoli or sono che ci proviene quel vento di razionalistico, ottimistico, radicale egualitarismo che ha percorso i moti studenteschi e le più varie sommosse di duecento anni di storia europea. Ma anche al di fuori di quella tradizione più estrema, è vero che la fiducia nella educabilità dei fanciulli e degli adulti, e la speranza nel riscatto umano degli esseri resi brutali dalle privazioni e dall'ignoranza, e la scommessa sulle capacità di discernimento e di giudizio degli umili, e l'ipotesi sulla fondamentale equiparazione dei diritti di base di qualsiasi persona di qualsiasi razza o credo, e il rispetto per i diversi, e la tolleranza per chi non ci pare partecipi a regole di vita che sono le nostre, insomma, l'egualitarismo e la fiducia nella sostanziale nobiltà dell'essenza umana stanno alla base di ciò che di più valido ha prodotto in campo sociale la civiltà occidentale negli ultimi secoli. Eppure, all'interno di questa ideologia dell 'uguaglianza il problema delle diversità si ripropone, insieme a quello della non infinita plasmabilità dei comportamenti. Così lo sviluppo stesso delle conoscenze scientifiche ci obbliga a considerare alcune verità: di fatto non tutti sono uguali; inoltre, è

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