Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

Guerriglieri afgani (Camera Press, Agenzia Grazia Neri). stri ospiti, nella direzione dalla quale siamo appena ritornati. Ci sono foto alle pareti, nella stanza del comando. Ne osserviamo una in particolare: è un'immagine del gruppo guerrigliero antiguerriglia di stanza nel forte. Ciascuno tiene in una mano la mitraglietta. Nell'altro pugno, ben sollevato, la foto del padre fondatore della Rivoluzione. È calato il silenzio, dopo l'offerta di cibo per ristorarci. Indichiamo la foto alla parete e diciamo: "Nicola Vladimiro?" con incerta certezza. Rispondono di sì, certamente: "Il'ic Ul'janov". Aggiungono che per ritornare a Alessandria degli Ari ci daranno la scorta armata, perché la strada non è troppo sicura: "a causa dei banditi controrivoluzionari''. Il bus di linea prima o poi sarebbe arrivato e avremmo fatto il convoglio, armi e bagagli. 97'111essandria degli Ari è in direzione del Khorasan, sulla a.Jvia del ritorno. Qui, secondo un'antichissima tradizione orale "viveva il puro dio della felicità e dei frutti, protettore dell'agricoltura e della moltiplicazione, amante della quiete. Ignoti uomini, non sopportando la disperazione e la morte per fame nelle inospitali terre aldilà delle montagne fuggivano verso questa terra". Le cartine indicano aldilà di queste montagne il Kara Kum e poi, più a nord, il Kyzyl Kum: il Deserto Nero e il Deserto Rosso. La tradizione orale così continua, sugli ignoti uomini fuggiti fin qui: "essi penetravano nei giardini paradisiaci del Khorasan e nelle sue antiche città cariche di storia, e si affrettavano a guardarle avidamente finché non venivano distrutti - e i superstiti erano perseguitati fin nel cuore del deserto ... Essi si nascondevano, allora, negli anfratti e nelle fosse dell'altipiano come se attendessero la morte venir loro incontro, o sbucare dall'ombra dei rilievi: prima o poi, da un momento all'altro, senza più speranza ... " Arrivammo finalmente nell'antica città di Alessandro, quando ormai avevamo perso ogni speranza e il deserto si popolava continuamente di guerriglieri fantasma, che a ogni curva ci colpivano al cuore. Al posto di blocco governativo, all'ingresso del viale alberato, il militare che avevamo caricato, l'uomo dal mantello bianco ricamato d'oro e dalle unghie laccate di ciclamino, piangeva. Crediamo ancora oggi per la gioia di rivederci vivi. Dopo gli abbracci gli uomini di guardia ci offrirono uova e pane, pomodori e meloni rossi. Era il periodo del digiuno. Il precetto religioso vietava di mangiare di giorno e di fumare. Quasi subito incominciarono un gioco: chi mangiava e fu- .mava era definito "materialista e rivoluzionario", chi non mangiava "idealista e controrivoluzionario" ... "Da chi si riforniscono di armi i 'banditi controrivoluzionari'?", chiediamo. Rispondono: "Dalla controrivoluzione mondiale". E anche, più sommessamente: "Cercano di rubarcele con ogni sorta d'agguati". Ho allora fissato con maggior attenzione la carabina in mano all'uomo che mi aveva dato questa risposta. Poteva essere proprio come questa la carabina che stamattina ci aveva sparato e per poco non ci aveva uccisi. E negli incomprensibili s·egniideografici incisi sulla canna del fucile, mi è sembrato di riconoscere, ma questa volta senza la minima pretesa di credibilità, gli ideogrammi di un nostro vecchio ideale. Arrivò qualcuno di corsa e disse qualcosa. Credemmo di capire che i "guerriglieri" avevano attaccato e bisognava che i "guerriglieri" presenti partissero subito a combatterli. In effetti alcuni tra i presenti imbracciarono le armi e balzarono su un autoblindo. Nella direzione dalla quale eravamo appena arrivati. Il militare di prima ci spiegò: "Vanno a combattere i banditi". Al mattino ripartimmo presto, dopo aver riparato con mezzi di fortuna il nostro parabrezza. Tornavamo verso le montagne al confine del Khorasan. Trovammo laghi incredibilmente azzurri, e fiumi dalle acque incredibilmente bianche. Costeggiando il fiume si vedeva la carovana, laggiù, guadarlo, gli uomini immersi a metà nella corrente, aggrappati, per galleggiare, a degli otri di pelle di animali, rigonfi d'aria come contenitori vuoti. Attraversavano la corrente che scende da millenni dalle montagne più giovani e più alte del mondo, là dove le acqué bianche e spumeggianti diventano cupe e quasi immobili. Come immersi a metà nell'acqua gelida della storia e l'altra metà esposta all'aria sferzante del vento detto dei quattro mesi.

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