ALESSANDRDIEAGLAI RI Piero Arlorio ~lessandria degli Ari è un'oasi. La strada che esce ver- llli.lso oriente è un viale alberato. Poi alberi e verde scompaiono e noi ci siamo ritrovati a percorrere l'altipiano. Questo altipiano è desertico. Questo deserto è stepposo. Ne caratterizza la stagione estiva il vento detto dei quattro mesi, che alla fine del viale alberato fa sentire tutto il suo rumore. È il primo di questi quattro mesi, la fine della primavera. Dell'antica città che stiamo lasciandoci alle spalle il nome sarebbe inequivoco: la fondazione risale a Alessandro Magno. Un paio di millenni fa. Una delle tante Alessandrie fondate dal Macedone. Al di fuori dei suoi ripari naturali il vento solleva polvere e terra contro il nostro automezzo. Il vento è a raffiche, ma soffia con costanza. Costante è anche il suo rumore. A noi, ormai abituati, già sembra silenzio. Inforchiamo occhiali scuri e raggrinziamo un po' gli occhi. Rarefatte carovane si muovono oggi come ieri là in fondo dove il rumore si trasforma in silenzio. Sulla pista all'orizzonte osserviamo una di queste carovane attraverso i finestrini. Noi percorriamo la strada asfaltata. Sembra sia stata "equamente" costruita dalle "superpotenze": metà a ciascuna. "È in pratica l'unica del paese ... " "Il paese non ha ferrovie ... " "Chi le userebbe? ... " L'autostrada taglia il paese a metà da occidente a oriente. Collega le tre città più importanti: Alessandria degli Ari con Aracosia e Ortospano, la capitale. Secondo i generali Tuchacevskij e Putna, Alessandria dista da Ecatompilo 575 miglia. E 764 da Aracosia. Da questa a Ortospano ci sarebbero invece 175 miglia. Quest'ultima misurazione in particolare, ci sembra la meno attendibile. In questa geografia primitiva spazio e tempo sfottono i generali e le loro unità di misura come guerriglieri preistorici - e si rivelano per quello che sono: una dubbia identità. Si può dire che la distanza da un luogo a un altro è precisamente di cento miglia; oppure all'incirca di cento ore. Qualcuno legge i consigli d'una guida e noi sorridiamo: "Chi percorra queste distanze non ne calcoli i tempi su metri usuali da noi. È consigliabile viaggiare il mattino presto, oppure il pomeriggio inoltrato ... Sconsigliabile spostarsi al buio e soprattutto di notte ... Nelle lunghe ore di sosta al caldo, cercare l'ombra nella misura del possibile. Si deve temere la disidratazione. Si racconta di una bambina francese che ha perso circa un terzo del suo peso ... ". r:11 ol suo manto d'asfalto la strada non si presta ai mezzi .:a di trasporto dei nomadi. Che infatti se ne tengono lontani. Il nostro automezzo non ci permette di allontanarcene. È un ombelico acrilico che non si srotola; nonostante migliaia di chilometri. E le piste dei nomadi sono pressoché impraticabili. I nomadi li osserviamo a rispettosa distanza, con particolare simpatia. Sappiamo che non ne esistono quasi più: "nel vero senso della parola". I loro vestiti sono più variopinti di quelli dei sedentari, e le loro donne meno velate. Un nomade (un uomo di questa storia) si trova nel nostro automezzo. Ha fatto l'autostop, all'ingresso del viale alberato all'uscita da Alessandria degli Ari. I suoi colori sono: bianco il mantello, bianco l'abito di "foggia orientale", i ricami della blusa e del mantello sono dorati, ciclamino le unghie dei piedi e delle mani. Laccate, con accuratezza. Poi c'è il colore scuro del metallo della sua mitraglietta. Sul sedile anteriore della nostra vettura, seduto, la tiene dritta tra le gambe. Il calcio di legno appoggiato sul pavimento è chiaro. "Dove sono gli alberi per costruirlo?", ci chiediamo. Una domanda che non ci sarebbe venuta in mente prima, voglio solo dire: poco tempo fa. Prima di arrivare fin qui. L'altro ieri abbiamo intravisto un ospedale a Alessandria degli Ari. Era seminascosto tra gli alberi. Il colore dei tronchi non ci aveva fatto pensare al colore del calcio di questa mitraglietta. L'insegna all'ingresso era artigianale e bilingue, e diceva: "Ospedale oftalmico". Sapevamo ancora prima di partire della quasi inesistente assistenza sanitaria in questo paese. E tanto più ci siamo stupiti di trovare un'ospedale specializzato. Abbiamo chiesto alla gente. "Per ragioni climatiche, - ci hanno risposto - soffriamo agli occhi". Ma spesso la cura è di portare gli occhiali da vista. Quasi nessuno lo fa: "Loriteniamo poco dignitoso". Ricordo come replicammo indegnamente a questa dignità che portava alla cecità. Di questo popolo di nomadi non scolarizzati ci hanno raccontato una piccola storia aneddotica: grazie all'aiuto interessato di una potenza straniera solo sei sarebbero i piloti da caccia che si è riusciti ad addestrare. Questi piloti sono ora inutizzabili. Sono in prigione, sembra per motivi politici. Il risultato è che i bombardamenti aerei contro la guerriglia dilagante li effettuano i piloti di quella stessa potenza straniera. S-:, rima di addormentarsi ieri sera, qualcuno di noi si chie- ... deva a proposito degli elicotteri: "Sono loro che si adattano così bene a questa natura dalla storia millenaria, o viceversa? Li abbiamo visti atterrare così naturalmente in mezzo alle gole strette, in missione di guerra, che non si può più escludere che le montagne siano state create come un ideale campo di atterraggio per elicotteri". È stato interrotto dal rumore forse di uno sparo. Abbiamo sollevato le tendine della nostra casa viaggiante: il vento detto dei quattro mesi lustrava il cielo. Dava il nero all'azzurro della volta celeste e l'argento alla luna e alle stelle. Che erano splendenti, e incredibilmente a portata di mano. Un autoblindo non distante da noi, mimetizzato, assisteva immobile alla luce di questo nero splendore, alla sua plumbea identità di incubo notturno degli uomini. E i colpi d'arma da fuoco, isolati e a raffica, che continuarono per l'intera notte, sonavano come i più falsi dei sogni: quelli a occhi aperti.
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