46 STORIE/BERGER ·Boris. Boris trascurava le sue pecore. Ogni anno le tosava troppo tardi ed esse soffrivano per il caldo. Ogni estate tralasciava di pareggiare i loro zoccoli e si azzoppavano. Sembravano un branco di mendicanti in lana grigia, le pecore di Boris. Se aveva rischiato la sua vita quel giorno sulla montagna, non era stato per amor loro ma nell'interesse del loro prezzo di mercato. I suoi genitori erano stati poveri, e dall'età di venti anni Boris si vantava del denaro che avrebbe fatto un giorno. Aveva intenzione di fare un sacco di denaro - secondo le istruzioni ricevute al suo concepimento e incise in ogni cellula del suo corpo. Al mercato comprò del bestiame che nessun altro voleva comprare, e comprò alla fine della giornata, offrendo un prezzo che dodici ore prima sarebbe apparso irrisorio. Lo rivedo, taciturno accanto a quegli animali dalle ossa grandi, pizzicar loro la carne con uno dei suoi enormi pollici, con un vestito caki e con in testa un berretto dell'esercito americano. Pensava che il tempo non gli avrebbe portato niente e che tutto gli sarebbe arrivato grazie alla sua astuzia. Quando vendeva non diceva mai il suo prezzo. Non mi offendo, diceva, dimmi tu quanto vuoi offrire. Poi aspettava, gli occhi blu affondati nelle orbite in cui già si avvertiva: lo scherno che avrebbe accolto il prezzo proposto. Mi guarda adesso con la stessa espressione. Una volta ti ho raccontato, dice, che avevo la testa piena di poesie. Potevo riempire un libro, ti ricordi? Ora stai scrivendo la storia della mia vita. Lo puoi fare perché è finita. Quando ero ancora vivo, che hai fatto? Una volta mi hai portato un pacchetto di sigarette mentre facevo pascolare le pecore sul campo sopra la fabbrica. Non dico niente. Continuo a scrivere. Il più vecchio di tutti i commercianti di bestiame una volta mi disse: Un montone come Boris è meglio mangiarselo. Il piano di Boris era semplice: comprare magro e vendere grasso. Ciò che talvolta sottovalutava era il lavoro e il tempo che ci volevano. Voleva che le bestie magre diventassero grasse, ma la loro carne, diversamente dalla sua, non sempre era obbediente al suo volere. I loro corpi, al momento del concepimento, non avevano ricevuto le stesse istruzioni. Pascolava le pecore su ogni pezzetto di terra comune e spesso su terra che non era comune. In inverno era costretto a comprare altro fieno e prometteva di pagarlo con gli agnelli in primavera. Non pagò mai. Eppure sopravvisse. E il suo gregge aumentò: arrivò a contare centocinquanta pecore. Guidava una Land Rover che aveva recuperato in un burrone. Aveva un pastore che aveva recuperato in una clinica per alcolizzati. Nessuno si fidava di Boris, nessuno lo contrastava. Si diffuse la voce del suo successo. Ma si diffuse anche quella della sua negligenza - i debiti non pagati, le pecore che mangiavano tutta l'erba di terre che appartenevano ad altri. Erano considerate un flagello, le pecore di Boris, come fossero un branco di cinghiali selvatici. E spesso il suo gregge, come quello del diavolo, partiva e arrivava di notte. Alla Lira Repubblicana, il caffè di fronte alla chiesa, anche Boris talvolta aveva qualcosa del Diavolo. Stava in piedi accanto al banco - non si sedeva mai - circondato dai giovani dei vari villaggi; giovani che pensavano a imprese cui i loro genitori, astuti e tuttavia prudenti, non avrebbero mai pensato, giovani che sognavano ricchezze e donne straniere. Dovreste andare in Canada, stava dicendo Boris, è lì che c'è un futuro. Qui appena fai qualcosa di tuo, diffidano di te. Il Canada è grande e quando un paese è grande è anche generoso! Quando toccava a lui offrire, pagava con un biglietto da cinquantamila, che metteva sul banco con sopra il coltello dal manico di legno affinché non volasse via. Qui, continuava, nessuno perdona mai niente. Almeno finché campa. E per quanto riguarda l'aldilà, ci pensa il prete. Hai mai visto qualcuno ridere di piacere, qui? E in quel momento, come se lui, il Diavolo, l'avesse ordinato, la porta del caffè si aprì e una coppia entrò, la donna ridendo a più non posso. Erano forestieri, entrambi. L'uomo indossava un abito della domenica e scarpe a punta, e la donna, che come il suo compagno era sulla trentina, aveva capelli biondi e indossava una pelliccia. Uno dei giovani guardò attraverso la finestra e vide la loro auto parcheggiata di fronte. Aveva una targa di Lione. Boris li guardò. L'uomo disse qualcosa e la donna rise di nuovo. Rideva sfacciatamente come un gallo che canta. Li conosci? Boris scosse la testa. Poco dopo mise in tasca il coltello, offrì il biglietto da cinquantamila, insistette per pagare i due caffè che la coppia di Lione stava bevendo e se ne andò senza neanche degnarli di uno sguardo, né loro né nessun altro. Quando i forestieri si alzarono per pagare, il padrone semplicemente disse: È già stato fatto. Da chi? Dall'uomo che se n'é andato cinque minuti fa. Quello in caki? chiese la bionda. Il padrone fece di sì col capo. Stiamo cercando una casa da affittare, mobiliata se possibile; disse l'uomo. Sapete per caso di qualcuna nel villaggio? Per una settimana o un mese? domandò il padrone. No, per tutto l'anno. Vi volete stabilire qui? chiese uno dei giovani, incredulo. Mio marito ha un lavoro ad A., spiegò la bionda. È istruttore di guida. Da coppia trovò una casa. E un martedì mattina, proprio prima di Pasqua, Boris vi si recò con la sua Land Rover e bussò alla porta. Aprì la bionda che era ancora in vestaglia. Ho un regalo per voi due, disse.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==