queste edizioni. 2. Per esempio, nei giorni 22, 23, 26 e 28 marzo 1936. 3. Nei suoi ricordi, Zweig ha citato quasi tutte le sue amicizie letterarie, tra le quali Asch, Bahr, Beer-Hofmann, Dehmel, Duhamel, Freud, von Hoffmannstahl, Rolland, Romains, Verhaeren, Schnitzler, Wassermann, Werfel e numerosi altri. Altre fonti che si riferiscono al loro rapporto sono di Zweig. 4. Bronsen, Biographie, pp. 305, 367 sg. Secondo le fonti consultate da Bronsen, Roth non aveva stima di Zweig come scrittore (cfr. pp. 367 sgg.) 5. Oltre a Bianche Gidot e a Hermann Kesten, i principali corrispondenti di Roth erano Gustav Kiepenheuer, Klaus Mann, Benno Reifenberg, Bernard von Brentano, Felix Berteaux e la sua famiglia. 6. La lettera di Kafka, per esempio, era indirizzata soltanto a suo padre, ma è diventata oggetto di varie interpretazioni letterarie. Si veda H. Binder, Kafka Kommentar, Miinchen 1976, pp. 422-51. 7. p. 182, settembre 1930; p. 202, novembre 1931; p. 213, agosto 1932; p. 379, settembre 1934; p. 432, ottobre 1935, eccetera. 8. Roth era estremamente consapevole della propria situazione e del suo carattere, come testimonia questa lettera del febbraio 1929 (p. 145): "Fissarmi mi è impossibile. Non soltanto ho un instabile 'carattere' letterario, ma sono instabile anche in altri sensi. Fin dall'età di diciotto anni, non ho più abitato in una casa privata, al massimo per una settimana come ospite di amici. Tutto quello che posseggo sono tre valigie." 9. Cfr. pp. 354, 359, 454. 10. "Concessa un mese fa a una condizione: non una parola di politica e revisione [del testo dell'intervista prima della pubblicazione], ed è stata pubblicata senza una parola di politica. Tutto il resto che mi è stato attribuito è semplicemente falso" (marzo 1934, pp. 321-322). 11. Zweig scrisse numerosi libri sui maestri del demonismo, e tra questi Drei Meister (Balzac, Dickens, Dostoevskij, Der Kampf mit den Daemon (Holderlin, Kleist, Nietzsche, 1925; trad. it. La lotta col demone, Milano 1933), Die Heilung durch den Geist (Mesmer, M.B. Eddy, Freud, 1931, trad. it. L'anima che guarisce, Milano 1931). 12. Cfr. pp. 144, 154, 180, 195. In seguito, Roth scrisse molto anche di Manga Beli (la donna con cui convisse) e dei suoi due figli. 13. Bronsen, Biographie, p. 35. L'ambivalenza di questo suo rapporto con la realtà e il significato storico di essere ebreo in questo nuovo periodo di ansietà si rivela molto sinteticamente in una lettera a Zweig del marzo 1933 (pp. 258-61), in frasi come le seguenti: "In quanto all'elemento ebreo che c'è in noi, convengo con lei: non dovremmo dare l'impressione di essere preoccupati dagli ebrei e da nessuno altro"; "Non ho sopravvalutato la tragedia di essere ebreo, tanto più ora, che è già abbastanza tragico essere un uomo"; "Come soldato e ufficiale, non sono stato ebreo. Nemmeno come scrittore tedesco sono ebreo (nel senso in cui ne stiamo parlando adesso)" e ancora: "Temo che ci siano momenti in cui la riservatezza ebraica non è altro che la reazione dei prudenti ebrei davanti alla sfacciataggine ( Chuzpe) degli imprudenti". 14. Una attendibile interpretazione dell'atteggiamento di Roth nei confronti dei suoi progenitori ebrei è offerta da Bronsen in Austrian versus Jew: The Torn Identity of Joseph Roth, in "Leo Baeck Year Book", 18, 1973, pp. 220-226. 15. Per esempio: "Lei è stanco, lo so, e ne sono desolato perché la rendo ancora più stanco" (febbraio 1936, p. 450). 16. "Non si possono negare i seimila anni di patrimonio ebraico, ma per lo stesso motivo non si possono negare i duemila di patrimonio non ebraico. Noi discendiamo dall' 'umano' in generale, più che dall'Egitto" (22 marzo 1933, p 257), e ancora: "Abbiamo un debito, come già le ho detto, nei confronti di Voltaire, Herder, Goethe, Nietzsche, così come l'abbiamo nei confronti di Mosè e dei suoi antenati ebrei" (26 marzo 1933, p. 260). 17. Cfr. Bronsen, Austrian versus Jew, cit. Per quanto riguarda i sentimenti monarchici di Roth, si veda p. 264 (maggio 1933), e p. 282 (ottobre 1933). In quanto all'Austria, Roth nutriva grandi illusioni: "In Austria, la situazione è assolutamente sicura. Non si deve avere alcun timore del nazional-socialismo." I sentimenti monarchici di Roth sono trattati anche DISCUSSIONE/SHAKED da H. Scheible in Joseph Roths Flucht aus der Geschichte, in Text und Kritik, Miinchen 1974, pp. 56-66: "Il ritorno alla vecchia Austria è caratteristico dell'ultimo Roth, e avvenne quando lo scrittore ebbe la sensazione che il futuro fosse perduto". (p. 57) 18. Roth preferì sempre gli abitanti dello shtetl ai loro parenti occidentali e sotto questo aspetto ricorda altri scrittori tedeschi ebrei, come Wassermann, che espresse analoghe opinioni in una lettera a Buber. Si veda J. Wassermann, Lebensdienst, Leipzig - Ziirich 1928, p. 177. 19. Roth rese il più grande tributo al declino, alla caduta e alla possibile resurrezione dell'ebraismo orientale in Hiob. Roman eines einfachen Mannes, Berlin 1930 (trad. it. Giobbe. Storia di un uomo semplice. Milano 1932 e Milano, Adelphi, 1977) e un saggio sull'ebraismo dopo l'ascesa di Hitler è compreso nella sua opera profetica Der Antichrist (1934). 20. Cfr. C. Magris, Lontano da dove, Torino, Einaudi 1977, una analisi molto interessante sulle radici ebraico-orientali di Roth, e sulla sua problematica esistenza come ebreo orientale nel mondo occidentale. 21. Gabriel Dan, L. Bloomfield e Phobus Bohlaug in Hotel Savoy; Baranowicz e la famiglia Tunda (in Occidente) in Die Flucht ohne Ende (Fuga senza fine); Brandeis e i Bernheim in Rechts und Links (A destra e a sinistra) e Mendel Singer e i suoi figli Shmarja e Jonas in Hiob (Giobbe). 22. Ahasuerus (Asvèro) era solitamente un archetipo usato dagli antisemiti, ma una versione di questo personaggio compare anche negli scritti di numerosi scrittori ebrei. Si veda, per esempio, il personaggio di Brandeis in Rechts und Links, e quello di Waremme di Wassermann in Der Fall Maurizius (Il caso Maurizius) Cfr. A. Stojan, Menschentypen in Wassermanns Romanen: Bestand und Wandel der menschlichen Gestalt (tesi di laurea non pubblicata, 1937, pp. 40-41). 23. "Non posso vivere nel panico permanente. Ma è da anni che vivo nel panico. Finché vivo nel panico non posso vedere la verità di nessun consiglio" (novembre 1935, p. 439). 24. Roth criticò lo stile di Zweig nelle biografie Fouché (p. 155), Messmer · (p. 181), Erasmus (p. 300), e Castellio (pp. 474-478). I suoi canoni erano la chiarezza e la semplicità, perfino l'austerità. Lo stile di Zweig sembrava a Roth troppo pomposo. Queste sue critiche erano espresse molto cautamente, tuttavia anche i suoi giudizi più positivi contenevano sfumature critiche, come quando dice: "Vorrei che nelle prime trenta pagine lei rendesse la sua ricchezza, la sua brillantezza più vaporose, lievi, morbide, e anche più dure" (settembre 1930, p. 181). Il suo giudizio negativo sull'opera letteraria di Zweig, Roth lo esprimeva, a detta di Bronsen, nelle sue conversazioni private, mentre nelle lettere si dichiarava suo ammiratore. Zweig, dal canto suo, era assolutamente certo del talento di Roth, e gli faceva da agente letterario più che da critico. Suo principale proposito era quello di incoraggiare Roth a terminare i suoi romanzi e di aiutarlo a trovare editori e traduttori. Soltanto all'inizio il loro rapporto sembra fondato sui reciproci interessi artistici. 25. La polemica con Richard Strauss (suscitata quando questi usò un libretto di Zweig in una delle sue opere) ebbe molte ripercussioni. (Cfr. pp. 375: lettera a Marcuse, 1934, e p. 404). 26. Cfr. p. 263, maggio 1933. Roth era convinto che l'Insel Verlag avrebbe abbandonato Zweig, e si dichiarò contrario a una lettera che questi aveva scritto alla casa editrice (novembre 1933, p. 288). Zweig difendeva se stesso e i suoi rapporti con i tedeschi affermando: "Lei non può cancellare settanta milioni di tedeschi escludendoli dal mondo" (novembre 1933, p. 291). 27. "La Germania è morta. Per noi è morta. Non si può più contare su di essa. Né sulla sua infamia, né sulla sua nobiltà. È stata un sogno. Se ne renda conto, finalmente, la prego!" (novembre 1934, p. 294). La delusione è uno dei temi ricorrenti nelle lettere di Roth a Zweig. 28. "Ho sentito per la prima volta come posso essere debole. Mio buon amico l'istinto dell'autodistruzione si è rivelato forse in tutta la sua nudità" (dicembre 1933, p. 248). 29. Bronsen, Biographie, pp. 559-61, tratta dei vari aspetti del "desiderio di morte" dei suoi personaggi. C. Sanger, The Figure of the Non-hero in the Austrian Novels of Joseph Roth, in" Austrian Literature", 2,4, inverno 1969. Copyright Gershon Shaked 1981. 41
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