Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

36 DISCUSSIONE/SHAKED raccomandazione alle case editrici, ai critici, ai giornali periodici poteva schiudergli le porte della celebrità. Questa immagine di Zweig viene accettata e confermata dallo stesso Zweig nelle sue risposte. Anche se le richieste di Roth si riferivano prevalentemente a protezioni e a presentazioni, di quando in quando, a partire soprattutto dal 1932, egli gli chiedeva anche denaro. 7 Roth non fu mai in grado di vivere dei suoi soli mezzi. Non riuscì mai ad affermarsi nel cosiddetto mondo borghese, non possedette mai una casa propria, ma abitò per quasi tutta la sua vita in camere d'albergo, all'Hotel Foyot di Parigi, o all'Eden Hotel di Amsterdam. 8 Zweig invece possedeva un castello sul Kaputzinberg di Salisburgo, nel quale ospitò alcuni dei più eminenti scrittori europei del suo tempo. Nonostante il suo rifiuto, e perfino il suo disprezzo per il modo di vivere della borghesia, Roth desiderava ardentemente la sicurezza e la stabilità che essa assicurava ai suoi adepti. Nell'ottobre 1935 (p. 432), scriveva a Zweig: "Liberatemi dall'incertezza." Ma non si trattava solo di questo. Roth non caratterizzava Zweig soltanto come thesaurus gratia, come dispensatore di tutti i benefici del benessere: sicurezza, stabilità, fama, insomma come simbolo del successo nel senso capitalistico. Ne faceva anche il simbolo di armoniosa quiete e serenità di mente: "Come sono serene anche le (cose) più tristi che lei racconta" (aprile 1930, p. 158). E ancora: "Non voglio che la sua serenità diminuisca per causa mia. Lei è soggetto a leggi diverse dalle mie" (settembre 1932, p. 230). Agli occhi del tetro e malinconico Roth, Zweig appariva come l'angelo della serenità, il suo opposto spirituale. Anche se Roth affermava che le storie tristi di Zweig erano pur sempre piacevoli, a me sembra però che questa proiezione sottenda a volte una sfumatura d'ironia, ciò che trova posto assai bene nella Weltanschaung di Roth. Zweig era il rappresentante letterario del benessere borghese, della sicurezza del passato asburgico, in netto contrasto con il mondo tetro e deprimente di Weimar, di Hitler e di Dollfuss. Nelle lettere di Roth, Zweig appare anche nelle vesti di padre confessore, di pubblico accusatore, di giudice e di super-io. Roth lo identifica spesso con la ragione umana ( Vernunft), e Zweig, accettando questo ruolo nella commedia delle parti di Roth, predica in nome della Vernunft contro ogni genere d'eccesso e d'intemperanza, in particolare contro l'alcolismo, principale causa delle disgrazie di Roth. Il nocciolo dell'insegnamento morale e didattico di Zweig consisteva nella sua massima: "Chiarezza, per favore! Ragione, per favore!" (luglio 1934, p. 358). Roth si ribellava a volte contro questa sua proiezione della razionalità, con la quale e senza la quale non poteva vivere: "Avverto una sorta di pedagogismo che non mi convince del tutto, e che tenta di influenzarmi in un senso che è troppo 'logico' e troppo consequenziale" (novembre 1935, p. 438). Roth aspirava alla coerenza logica, ma questa era una dote completamente estranea al suo carattere. In un certo senso, egli li sollecitava, questi consigli pedagogici, e nel tempo stesso li detestava quando li riceveva. L'immagine di Zweig come umanitario e più anziano pedagogo trovava conferma nei buoni consigli e nella buona disposizione che dimostrava a Roth, in ., t ,.,.. altre parole egli accettava, e quindi confermava, il ruolo di pedagogo che Roth gli aveva attribuito. Ripetutamente, egli lancia invettive contro l'alcolismo di Roth,9 che considerava simbolo di immoralità, violazione delle "regole auree" della borghesia, e predicava contro i suoi eccessi come un "Seelsorgen" cristiano: Lei non dovrebbe (per non parlare della sua salute) spendere nell'alcool più di una certa somma di denaro, se non altro perché è immorale spendere in beveraggi più di quanto abbia bisogno una normale famiglia. (gennaio 1936, p. 446) Imperativi come "lei deve", "lei non dovrebbe" ricorrono molto frequentemente nelle lettere di Zweig: "Lei deve cessare questa autodistruzione, questa degradazione di sé!" (luglio 1934, p. 359); e ancora: "Lei deve farsi ricoverare. Niente è così importante come conservare se stessi" (marzo 1936, p. 454). Quella che viene recitata, in queste lettere, è la lotta di un equilibrato e benevolente superio della borghesia viennese contro le vulcaniche e magmatiche eruzioni di un Dioniso scatenato. I materiali di questa corrispondenza sono piuttosto sproporzionati, perché ci sono pervenute quasi tutte le lettere di Roth, mentre le repliche di Zweig sono relativamente scarse. Nelle sue lettere quest'ultimo recitava però più o meno la stessa parte che impersonava nella sua autobiografia Il mondo di ier. Si tratta di un documento nel quale Zweig rivela soltanto la sua personalità sociale e letteraria, e raramente accenna al suo matrimonio e al successivo divorzio, mentre parla ripetutamente (per esempio) della sua collezione di autografi e dei rapporti sociali di "Zweig il collezionista". Si presenta qui più come rappresentante di una generazione che come singolo individuo, e in quanto tale, l'autobiografia è l'apologia del figlio di una famiglia convenzionale del ceto medio asburgico, che ha le sue critiche da muovere al "mondo di ieri", ma nondimeno lo preferisce a quello attuale. La sua famiglia, come la maggior parte delle famiglie ebraiche borghesi, accettava le tradizionali regole liberali della monarchia austriacafin-de-siècle, secondo le quali tutto ciò che era vecchio e consolidato era considerato ideale e modello da imitare. Il giovane Zweig aspirava a una maggior libertà e apertura mentale, ma dopo la prima Guerra mondiale, quando la rivolta della gioventù austriaca conseguì alcuni dei suoi obiettivi sociali e artistici, egli s'impaurì. Quella genera~ione di giovani arroganti e esibizionisti gli appariva ripugnante, scrive Zweig in Il mondo di ieri (p. 218), affermando più volte di aver raggiunto il successo letterario nonostante le nuove mode. Al culmine della sua carriera letteraria, alla fine degli anni Venti, Zweig aveva la sensazione di essere ritornato all'epoca felice dei suoi genitori, a quel mondo che-era, stato sconvolto dai sommovimenti della prima Guerra mangiale e delle sue conseguenze. Potevo essere soddisfatto. Mi piaceva il mio lavoro, e quindi mi piaceva la vita. Ero privo di preoccupazioni materiali, e anche se non avessi scritto un'altra riga in vita mia, i miei libri avrebbero provveduto a me. Tutto sembrava compiuto, il mio destino forgiato. La sicurezza che avevo conosciuto nella mia infanzia, nella casa dei miei genitori, e che sembrava perduta con la guerra, era stata riconquistata grazie ai miei soli sforzi. Che cosa desiderare di più? (p. 256)

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