Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

28 STORIE/SCHWARTZ mette a piangere, e mio padre si guarda attorno e non sa proprio cosa fare, e mia madre dice "L'ho desiderato fin dal primo momento che ti ho visto", singhiozzando, e lui trova la situazione molto difficile, non proprio di suo gusto, non proprio come se l'era immaginata durante le sue lunghe passeggiate sul ponte di Brooklyn mentre sognava ad occhi aperti fumando un buon sigaro, e fu allora che io mi alzai in piedi nel cinema e gridai: "Non fatelo. Siete ancora in tempo a cambiare idea, tutti e due. Non ne verrà niente di buono, solo rimorsi, odio, scandali e due figli dal carattere mostruoso". Tutti gli spettatori si voltarono a guardarmi, scocciati, la maschera si precipitò lungo il corridoio agitando la sua lampadina e la vecchia signora mi spinse di nuovo a sedere dicendo: "Sta calmo, se no ti buttano fuori. E hai pagato trentacinque centesimi per entrare". E così chiusi gli occhi perché non mi riusciva più di guardare quello che stava accadendo. E me ne stetti seduto e tranquillo. rn a poco dopo ricominciai a sbirciare, e finii per guar- ~ dare ancora con grande interesse, come un bambino che insiste a tenere il broncio anche se gli hanno finalmente dato le caramelle. I miei genitori adesso si stanno facendo fotografare in un baraccone lungo la passeggiata. Il posto è immerso nella tipica penombra color malva. La macchina fotografica è messa di lato su un cavalletto e dà l'idea di un marziano. Il fotografo mostra ai miei genitori la posa da assumere. Mio padre ha un braccio sulla spalla di mia madre, tutti e due sorridono in modo forzato. Il fotografo dà a mia madre un mazzo di fiori ma lei lo tiene con l'angolatura sbagliata. Poi il fotografo si copre col drappo nero che avvolge la macchina fotografica e tutto quel che si vede di lui ora è un braccio che fuoriesce e una mano che afferra la peretta di gomma che schiaccerà quando finalmente scatterà la foto. Ma non è soddisfatto della loro posa. Ha la netta sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato. E, sempre nascosto sotto il drappo, continua a dare disposizioni. Ad ogni suggerimento le cose peggiorano. Mio padre comincia a spazientirsi. Provano a posare seduti. Il fotografo spiega che anche lui ha il suo orgoglio professionale, che non lo fa per soldi, che vuol scattare delle belle foto. Mio padre dice: "Si sbrighi, forza. Non possiamo star qui tutta notte". Ma il fotografo si limita a dei rapidi gesti di scusa e dà nuovi suggerimenti. Il fotografo mi affascina. Sono completamente d'accordo con lui, perché capisco cosa prova, che le sue critiche si basano su qu~lche ignota idea del giusto. Comincio ad avere qualche speranza. Ma poi mio padre dice arrabbiato: "Forza, ha avuto fin troppo tempo, non un minuto di più". E il fotografo, sospirando infelice, ritorna sotto il drappo nero, stende la mano, dice: "Uno, due, tre, pronti", e scatta la foto, col sorriso di mio padre che ormai è un ghigno e quello di mia madre smagliante e falso. Per lo sviluppo ci vogliono alcuni minuti e mentre i miei genitori siedono in quella strana luce li prende una gran depressione. ~ assano davanti al botteghino di una chiromante, mia Umadre vuole entrare, mio padre no. Cominciano a discutere. Mia madre è ostinata e mio padre perde ancora una volta la pazienza, e poi cominciano a litigare, e mio padre ha una gran voglia di andarsene e di lasciare mia madre sola, ma sa che non sta bene. Mia madre si rifiuta di muoversi. Sta per piangere, ma ha un desiderio incontrollabile di sentire cosa le dirà la chiromante. Mio padre acconsente con rabbia, ed entrambi entrano in una baracca che assomiglia in un certo modo a quella del fotografo, perché è ricoperta di drappi neri e ha una luce schermata. Il posto è troppo caldo, e mio padre, indicando la sfera di cristallo sul tavolo, ribadisce che è una cosa senza senso. La chiromante, una donna grassa e piccola, avvolta in abiti di vaga foggia orientale, entra dal retro e li saluta, parlando con accento straniero. Ma improvvisamente mio padre sente che la cosa gli è proprio intollerabile; spinge mia madre per un braccio ma lei non si sposta. E allora, con rabbia terribile, mio padre allenta la presa e si allontana deciso, lasciando mia madre di stucco. Fa per seguire mio padre ma la chiromante la tiene stretta per un braccio e la prega di non andarsene, e io seduto nel cinema sono sconvolto da non dire, perché mi sembra di camminare su una corda sospesa a trenta metri d'altezza sopra il pubblico di un circo equestre e improvvisamente la corda dà segni di cedimento, e mi alzo dalla sedia e comincio a gridare ancora una volta le prime parole che mi vengono in mente per comunicare la mia terribile paura e ancora una volta la maschera si affretta lungo il corridoio agitando la sua lampada e la vecchietta mi prega di smettere, il pubblico strabiliato si volta a guardarmi e io continuo a gridare: "Cosa fanno? Non sanno quel che fanno. Perché mia madre non insegue mio padre? E se non lo fa, cosa farà poi? Ma mio padre sa quel che fa?" - Ma la maschera mi prende per un braccio e mi spinge fuori dicendomi: "Cosa fai tu, piuttosto? Non sai che non si può fare tutto quello che si vuole? Un giovane come te, con tutta una vita davanti, che fa l'isterico! Perché non pensi a quello che fai? Non puoi comportarti così neanche quando sei solo! Se non ti comporterai come si deve finirai per pentirtene, non puoi continuare così, non è giusto, presto ti acco&geraiche tutte le nostre azioni comportano delle conseguenze", e me lo diceva mentre mi trascinava nella luce fredda del ridotto e io mi svegliai nel lugubre mattino d'inverno del mio 2lesimo compleanno, sul davanzale della finestra un filo lucente di neve, a mattino inoltrato. ', (traduzione di Martino Rizzotti) Copyright New Directions Publishing Corp. 1937, 1984

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