Gurion, talvolta, andava a Musrara a farsi fotografare al centro di una di queste famiglie con dieci figli e più. Poi staccava un assegno e se ne tornava in ufficio. Sì, pareva ovvio che un giorno o l'altro gli sbandati di Musrara decidessero di rivoltarsi contro uno Stato socialdemocratico incapace di garantirne l'integrazione. Sembrava naturale che andassero a occupare le case nuove tenute pronte per un'eventuale immigrazione massiccia di ebrei sovietici. Così come sembrava naturale che un portuale del comitato di lotta di Ashdod si contrapponesse alla centrale sindacale laburista, stufo di pagare in tasse più di metà del suo salario, e per giunta per comprare armi e fare la guerra. Quanto al processo di politicizzazione delle Pantere nere, non si può davvero dire che nella realtà sia stato meno strano di quello che in Oltre le sbarre tocca a Uri-il sottoproletario. Racconta uno dei loro fondatori, il marocchino Saadia Marciano, che tutto cominciò da un furto di dischi commesso in una casa di Gerusalemme da un suo giovane amico. Mentre in un bar esibiva agli altri ragazzi del quartiere la sua refurtiva, si sentì dire da un avventore, dietro le spalle: "Ehi, quei dischi lì so dove li hai presi. Conosco bene il loro proprietario. Seguimi". Marciano decise di seguire a sua volta l'amico ladruncolo e l'ignoto avventore, convinto che come tante altre volte il loro tragitto li portasse diritti al commissariato di polizia. Invece furono accompagnati in una casa abitata da diversi studenti universitari. Fra loro c'era anche un tale Shimshon, il proprietario dei dischi, che cominciò a chiedergli: "Da dove venite?". "Da Musrara". "Perché lo avete fatto?". "Perché siamo poveri, abitiamo in una casa mezza marcia e non possiamo permetterci di comprare dei dischi" ... Per farla breve, questo Shimshon era il capo di un gruppetto di estrema sinistra. Fu lui che, dopo lunghe discussioni, aiutò i ragazzi di Musrara a organizzare le loro prime azioni di lotta. Anche nel film Uri-il sottoproletario si contrappone violentemente a un direttore delle guardie carcerarie dagli occhi chiari e dall'inequivocabile cognome Herkowitz (polacco o lituano, probabilmente). Sua figlia, poi, durante un colloquio, gli ricorda: "Papà, tu hai sempre odiato i kibbutz". Ma nella realtà non si è mai potuto verificare un percorso di acquisizione della consapevolezza lineare, del tipo: "dietro all'ingiusta discriminazione subita dagli ebrei orientali si celano i meccanismi obbligati di uno Stato in guerra, come tale costretto a bruciare un'enorme quantità di risorse e a innalzare le bandiere più sbagliate". Ricordo di aver partecipato, esattamente dieci anni fa, come delegato di "Lotta continua", a un congresso nazionale delle Pantere nere. Si svolgeva in un cinema della periferia di Beer Sheva, la città bianca costruita nel bel mezzo del deserto del Neghev. Al congresso, che pareva piuttosto una affollata festa paesana con tanto di fiori e banda musicale, partecipavano anche le mogli e i figlioletti urlanti delle Pantere .. Tutto il quartiere (di recente immigrazione) cercava di accalcarsi incuriosito attorno a quegli strani leader arrivati da Gerusalemme, Te! Aviv, Petah Tikwa, Ashdod, Askelon. Nella bolgia, ovviamente, finì che si parlò pochissimo di politica, per nulla di questione palestinese (anche se i leader mi assicuravano in privato di avere a cuore anche la causa dell'Olp, tanto è vero che organizzammo un incontro e una manifestazione pubblica a Roma), mentre grida di consenso di levavano ogni qual volta un oratore denunciava le condizioni di vita degli immigrati. Sul palco, prima assai imbarazzato, poi via via sempre più ringalluzzito, non mancava neppure un ministro inviato dal governo, scelto ovviamente fra i pochi di origine orientale. Si minacciava la presentazione elettorale delle Pantere nere ... Il riDISCUSSIONE/LERNER sultato fu che la gran massa degli ebrei orientali scalzò, sì, dopo trent'anni di governo il laburismo di David Ben Gurion e GoIda Meir, ma per riversare i propri consensi sul reazionario (polacco) Menahem Begin. Quanto alle Pantere nere, avevano nel frattempo quasi tutte riscoperto la loro istintiva vocazione antiaraba e la loro propensione a risolvere i problemi con le maniere forti. Molti dei loro dirigenti erano passati a dirigere le varie Federazioni nazionali degli immigrati. Quanto ai pochi che invece ancora tenevano duro, pensarono bene di presentarsi alle elezioni con per simbolo la lettera "zeit" che in Israele è inequivocabilmente il simbolo del cazzo. Trovata, se si vuole, sintomatica, ma cer.tamente non in grado di portarli lontano, nella loro poco raffinata contrapposizione alla cultura yiddish dominante. Insomma, la storia sarebbe andata tutta al contrario: il pacifismo israeliano avrebbe visto la luce fra gli intellettuali, in contrasto aperto e talvolta drammatico con la sottocultura reazionaria di cui erano invece portatori i diseredati. A proposito di "simbolo del cazzo", c'è poi a mio parere una ragione particolare per cui Oltre le sbarre riesce a toccare al cuore la massa del pubblico israeliano, senza suscitare invece le reazioni di rifiuto che si potevano legittimamente pre15
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