ci parla di chi lo ha scritto. La "civiltà audiovisiva" limita lo sguardo di chi la abita al puro guardare. Per scrivere bisogna sforzami di vedere. GIORGIOVANSTRAJEN 1) Non lo so, non mi interessa saperlo e diffido di coloro i quali danno a questa domanda risposte brillanti e ragionevoli. In realtà non si chiede mai a qualcuno perché corre o perché fa il muratore, non vedo quale importanza abbiano le motivazioni di uno scrittore. L'unica cosa che conta per me è che mi accade di scrivere, che sento la necessità di farlo. 2) Non credo che esista buona letteratura che non sia anche autobiografia, esperienza di sé e del mondo. Come non credo che esista buona letteratura se questa esperienza non viene poi mutata, arricchita, trasfigurata attraverso la sensibilità di chi scrive. Quindi penso sia un metodo sbagliato quello di cercare nella vita dell'autore gli episodi e i personaggi dei suoi libri. È solo dentro la testa dello scrittore che l'esperienza rimane in rapporto con lo scrivere. Per chi leggec'è solo il testo. 3) Non credo che le varie forme di espressione artistica si elidano a vicenda, né che ve ne siano di migliori in assoluto. Dipende dalla sensibilità di ciascuno trovare i modi attraverso cui comunicare con gli altri. Per quanto mi riguarda ho fino ad ora usato la parola scritta, ma non mi sento di escludere una possibile collaborazione con chi usa altri mezzi (cinema, televisione, teatro), credo anzi che forme di collaborazione siano estremamente utili per tutti. La scrittura mantiene comunque, rispetto ai mezzi audiovisivi, sicuramente migliori da un punto di vista descrittivo, una maggiore capacità di scavo e approfondimento. Ma forse questa è già una mia idea più che una considerazione oggettiva. 4) Innanzitutto non credo sia corretto parlare di giovane narrativa. Sono abbastanza stufo di considerare giovani persone di trenta o trentacinque anni. Si potrebbe parlare di giovane narrativa se vi fosse un nutrito gruppo di scrittori poco più che ventenni e soprattutto se questi avessero caratteristiche comuni. In realtà non mi sembra che tra coloro che scrivono oggi in Italia siano rintracciabili forti elementi di omogeneità. Certo credo che quando parlo di cose che mi riguardano finisco per rifarmi a temi, a probl~i 'che sono propri anche di altri (del resto su questo si basa la possibilità di comunicàre, di farsi leggere), ci?_è riesùmo parti di ,. una storia comune. Ma da questo mi guardo bene dal far derivare la convinzione di essere portavoce o espressione di qualcun altro. 5) Credo in una letteratura di sentimenti, di carne, di persone, di storie. Penso anzi che uno dei rischi maggiori che si è corso e che si continua a correre nella letteratura contemporanea, in particolare italiana, è quello di una narrativa fredda, tutta di cervello, costruita e vuota. Le migliori espressioni del romanzo a livello mondiale oggi (e penso alla narrativa sudamericana in particolare) mi sembrano proprio quelle che recuperano pienamente il ruolo della trama, dei personaggi, dei loro gusti, sentimenti ecc. Cioè della vita e della realtà. PIERVITTORIO TONDELLI 1) È una domanda alla quale è possibile rispondere solo al cospetto di Dio, la cui pazienza e la cui conoscenza del cuore umano sono, come si saprà, infinite. C'è comunque un bisogno di svolgere la vita in racconto che a un certo punto diviene la tua vita intera, quindi anche il lavoro, la morale, il giudizio. Se accade questo allora puoi continuare a vivere solo scrivendo. 2) Il testo è lo svolgimento romanzesco dell'esperienza. Il rapporto fra il testo letterario e il testo dell'esperienza è dato da una discriminante ideologica che è il concetto di "verosimile". Questo vuol dire che anche un testo letterario assolutamente slegato da moduli empirici deve mantenere al suo interno INCHIESTA/VAN STRATEN una coerenza "verosimile" e al suo esterno, nello spazio di lettura intendo, un altrettanto rapporto di verosimiglianza in modo da essere decifrato e compreso. Si scrive sempre poi di qualcosa che si è visto, di sentimenti che si sono provati, di suoni che si sono sentiti. E questo vale, io credo, per qualsiasi "genere letterario". 3) La letteratura occupa uno spazio insostituibile dell'attività umana, che è quello della lettura. Spazio che rimarrà finché la mente dell'uomo rimane quella che ora conosciamo. Tutto il resto - le occasioni e i modi della contemporaneità - possono incidere sulla letteratura solo come cambiamento di "ritmi" e "temi narrativi". 4) Giovane si definisce in opposizione a vecchio (e viceversa). Quindi che senso ha una letteratura giovane che non si oppone al vecchio? Che ricalca gli stessi schemi, le stesse procedure delle generazioni precedenti sclerotizzate nel pantano che si chiama Narrativa Italiana e che tutti conosciamo? Si dice: "non è più possibile scrivere qualcosa di nuovo dopo ecc. ecc.'' Ma chi lo dice? Se non si cerca, se non si sperimenta, se non ci si impegna a lavorare nella solitudine e nell'isolamento e lontani dal clamore come è possibile dirlo? Questo è il compito della letteratura giovane. Percorrere altre strade ben sapendo che è facile sbagliare, che pochi ti seguono, ma che è quello che tu stai cercando che ti giustifica. Perché gli scrittori italiani fanno tante altre professioni e da ultima, si direbbe, quella di confezionare un libretto? No, non mi sento espressione di una ge- ' •. ' ); ,f Recensioni, schede, segnalazioni, re- · cuperi, lzbn di testo, traduzioni: parlando solo di lzbn· L'Indice parla di tutto. ,. 1 ~ '1 i• 1' ..-:-;'· , V ,·,' 95
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