Linea d'ombra - anno II - n. 8 - febbraio 1985

84 SCHEDE/TEATRO ValeriaMoriconi in Le due commedie in commedia. ziano Malibran, ma senz'altro più suggestivi nel romano Argentina, sulla cui struttura Margherita Palli aveva ideato le scene). Al centro di questo spazio, ora schiacciato ora dilatato, si spostano praticabili semoventi per ulteriori campiture: e sono i telai delle fabbriche di Rovenio, le barche in arrivo dalla laguna, i palchi su cui si rappresentano le commedie in commedia. Viene spontaneo il riferimento all'Orlando furioso, con cui è possibile cogliere più di una somiglianza, quando non vi siano addirittura maliziose autocitazioni, come durante la recita delle due commedie, i cui palchi si spostano continuamente, obbligando il loro pubblico a disporsi in fretta e a fatica in modo sempre diverso. Ma proprio il confronto con l'Orlando fa di quest'ultima prova ronconiana un importante segno degli anni Ottanta, come quello lo fu degli anni Settanta. Non si tratta di instaurare un paragone estetico.tra i due spettacoli né di seguire criticamente l'evoluzione (o l'involuzione, a seconda di dove si voglia far cadere il merito o il biasimo) di un grande regista della scena europea, quanto di misurare attraverso di essi le tendenze di un periodo, i suoi impulsi segreti o il suo colore. Ebbene, i due spettacoli risultano come l'immagine speculare, invertita di segno, l'uno dell'altro. Quanto l'Orlando era "caldo" e fantastico, tanto questo è "freddo" e cerebrale; aperto alle avventure dell'amore e della follia l'uno, ripiegato nella vivisezione delle geometrie del destino l'altro; proiettato all'esterno, lungo sempre nuove prospettive di fuga, l'Orlando, ferme nel perimetro chiuso del labirinto provvisoriamente dispiegato le Due Commedie. Certo, si dirà che lo slancio dell'Ariosto è lontano dal sublime manierismo dell'Andreini. Ma se Ronconi celebra lo splendido addio a un teatro che fu, a una scena come privilegiato strumento conoscitivo del reale, a noi spettatori resta la nostalgia, e nonostante tutto l'attesa, di un teatro che, come nell'Orlando, aggredisca e coinvolga, faccia sognare, renda partecipi e non solo melanconici osservatori. I FANTASMDIIMUCCIANCAITY Stefano De Matteis Quinto spettacolo della coppia formata da. Alfonso Santagata e Claudio Morganti, Mucciana City fa seguito al successo de Il calapranzi che è stato consacrato dal premio della critica e dal premio Ubu per la sua singolare interpretazione. Nel grigiume della attuale situazione teatrale sia Il calapranzi che Mucciana City sono stati due segnali importanti, due esempi di come è possibile ''scrivere" delle messe in scena che affermano una precisa idea di teatro e nulla svendono al gusto sdolcinato, caramelloso, di buone confezioni che caratterizza le attuali produzioni. È dal '79 che Santagata-Morganti cercano un metodo e una tecnica adeguata alla loro poetica, che dapprima hanno individuata nel "sottomondo" degli emarginati e dei sottoproletari (dagli emigranti-emarginati di Katzenmacher alla riscrittura dell'emarginazione sottoproletaria del Woyzeck in Buchner mon amour). Questa poetica ha investito anche Il calapranzi, e Ben e Gus, i due killer, sono diventati espressione di questo sottomondo: Pinter è stato "riscritto" dai due attori sotto la direzione di Carlo Cecchi pur senza toccare una virgola, elaborando una partitura di tensioni e intenzioni che ha dato allo spettacolo quella puntualità espressiva che ne ha fatto uno dei migliori della stagione. Il calapranzi è stato anche un "saggio" di capacità attoriche e di lavoro sui rapporti e sulle situazioni entro una griglia definita quale il testo di Pinter, il primo vero e proprio testo della letteratura teatrale messo in scena dai "Katzenmacher". Con Mucciana City Santagata-Morganti sono tornati al precedente modo di lavorare: hanno elaborato una partitura base che è stata verificata in scena e riempita dalle intuizioni e dai giochi scenici degli attori. Mucciana è una città fantasma, città sepolta o mai esistita, luogo isolato, casa di morti frequentata da personaggi fantasma. Con un inizio da romanzo gotico, i due attori entrano in scena e si trovano immediatamente a contatto con gli abitanti del luogo, radunati in fila, come in attesa. Cominciano a impartire ordini, intimazioni e rimproveri. I personaggi fantasma ascoltano e subiscono, alcuni si ribellano e scappano, altri partecipano al gioco. Man mano che cresce il rapporto di gioco teatrale tra i manichinifantasma e gli attori, prende corpo e rivive una memoria teatrale fatta di riferimenti e di richiami. Tra gli abitanti vi è una donna che parteciperà al gioco inventando situazioni, organizzando la memoria, facendo intravedere le tracce di una storia teatrale lontana e trascorsa. Lei è una possibile interprete di Desdemona, lei guiderà i protagonisti attraverso trappole teatrali e giochi scenici. Sulla scena, tra fondali e quinte neri un oggetto primeggia, un armadio da cui verranno estratti vestimenti, oggetti e tutto ciò che servirà a far prendere corpo alla storia, ai personaggi, ai fantasmi: una sorta di luogo della memoria che fornisce agli attori gli elementi essenziali per sviluppare lo spettacolo come un gioco a partire da elementi presi a prestito dalla grande drammaturgia, da quella scespiriana a quella del melodramma verdiano. I manichini rappresentano fantasmi di personaggi, a uno vengono dette le battute originariamente rivolte ad Amleto, per un altro si riscrive il discorso di Polonio al figlio... Santagata e Morganti diventano così poco alla volta i fiduciari e gli esecutori materiali degli ordini di uno dei fantasmi, diventano sicari e killer, sono Sparafucile. Sempre più chiaramente, attraverso un gioco teatrale fatto di rifacimenti di battute, di frasi riscritte o rimasticate, di parole lasciate cadere come per caso si definisce quest'universo dei minori, dei marginali, appunto dei sicari, dei killer. I protagonisti e i grandi personaggi delle opere di Shakespeare sono annullati, poiché si lascia'intendere che i veri Alfonso San/agata e Claudio Morganti in Mucciana City.

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