suo livello di strutturazione: dalla finalità essenziale a cui adempie, la risposta alle esigenze di esteticità dei destinatari (che è una funzione fortemente connotata in senso etico, anzi, etico-politico), all'insieme dei valori ai quali incessantemente fa appello, in ogni intreccio che narra, in ogni mito che evoca, in ogni figurazione o argomentazione che apparecchia. Ora, il valore intellettuale e morale di un'apologia della menzogna è abbastanza chiaro e noto: consiste nella denuncia delle mistificazioni insite nella banalità e rozzezza del linguaggio comune o dei discorsi conformistici e istituzionali, in nome della libertà della fantasia, dell'indipendenza di critica e di pensiero, di una nozione duttile e spregiudicata dell'intelligenza e del gusto. Una causa nobile, oltre che di assoluto rilievo dal punto di vista storico. Ma Almansi ha scelto di perorarla con inusitato fervore, dedicandole un libro intero, quando - poniamo - la figlia della ragazza Carla potrebb'essere al second'anno d'università. E allora sorge davvero il dubbio che Almansi, questa volta, abbia voluto indulgere a un moralismo un po' troppo insistito. I COSTUMIDELLATRAVIATA Giuseppe Armani Il titolo del più recente libro di Massimo Mila, I costumi della Traviata, apparso sul finire dell'84 nella Biblioteca delle Edizioni Studio Tesi di Pordenone, sembra voler lasciare perplessi i lettori sul suo vero significato. Di quali costumi si tratta? Saranno i costumi morali della protagonista dell'opera di Verdi? E allora, in un momento tanto favorevole alle rivelazioni biografiche, vi si troveranno notizie piccanti sulla povera Violetta o sul compositore? Niente di tutto questo, naturalmente, perché, come si può subito constatare andando al capitolo che corrisponde al titolo, i costumi di cui Mila parla sono proprio i costumi di scena adottati per le prime rappresentazioni ottocentesche della Traviata, riportati al secolo precedente per rabbonire la diffidenza del pubblico nei confronti di un soggetto contemporaneo. Il dubbio, tuttavia, può avere qualche ragione se per Traviata si intende l'opera lirica in generale, le cui vicende (i cui costumi appunto) sono ripercorsi nel volume. Nel quale Mila, senza noiosa ostentazione, presenta la storia di un genere musicale che in alcuni momenti del suo sviluppo ha subito effettivi traviamenti rispetto alla tradizione e in tal modo ha saputo rinascere in forme nuove fiNon vi è necessità di segnalare quanto ormai conti ogni libro di Mila (e fortunatamente, negli ultimi anni, ve ne sono stati non pochi, nuovi o riproposti, dalla Lettura delle Nozze di Figaro al profilo di W.A. Mozart, dalle raccolte di saggi su L'arte di Verdi e Cent'anni di musica moderna a Compagno Strawinsky) per chi sa che egli continua un lavoro più che cinquantennale, cui si deve in modo decisivo se la conoscenza dei fatti della musica è entrata nell'orizzonte della cultura italiana. Un lavoro dedicato in buona parte all'opera (a cominciare dal libro di esordio su Il melodramma di Verdi, pubblicato nel 1933 per l'intervento di Croce, sordissimo in proprio alla musica, ma qualche volta capace di rendersi conto dell'importanza di ricerche lontane dai suoi interessi) e che ha contribuito a riabilitare questo genere rispetto ad altri (la musica sinfonica e cameristica) cui il pubblico più evoluto prestava maggiore attenzione. I costumi della Traviata è costituito da saggi e articoli di diversa ampiezza, non allineati con montaggio artificioso per coprire tutta la durata del fenomeno considerato e toccarne gli autori più importanti, ma conservati nella loro originaria consistenza, con la loro datazione e il riferimento implicito o SCHEDE/SAGGISTICA dichiarato alle circostanze della loro stesura. Quel che più conta è che i giudizi vi sono espressi in piena libertà, senza gli impacci che di solito avverte chi si impone di trattare dall'alto e dominare nel suo insieme una vasta materia: e così vi si colgono anche le antipatie di Mila, come nei confronti dell'opera seria del Settecento, "le paludate assurdità" che "furono sacrosantemente distrutte dalla vivacità e dal realismo dell'opera comica", o "l'idolatria del bel canto nella sua forma più stupida, cioè come sfoggio di virtuosismo vocale fine a se stesso, completamente sganciato dalla ragion drammatica e narrativa dello spettacolo teatrale'' risorta anche in Italia "per effetto del riflusso d'una tardiva moda americana". Il libro, anche per questo, è arioso e piacevole, e introduce alla conoscenza del mondo dell'opera meglio di tanti altri che si presentano come più organici ed esaurienti. Se non vi si trova il catalogo di tutti i fatti e i personaggi indispensabili in una vera e propria storia dell'opera (ai quali si può facilmente risalire con l'uso degli strumenti di consultazione che ormai non mancano anche in lingua italiana, dalla monumentale enciclopedia Utet alla garzantina), vi si leggono pagine di straordinaria evidenza su non no ai nostri giorni. Maria Callas in La Traviata di Verdi (regia di Luchino Visconti, 1955). 81
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