Linea d'ombra - anno II - n. 8 - febbraio 1985

70 Brad Dourij nel film /rallo da Ragtime, regia di Milos Fofman (1981; dislrib. Gaumont). Per una riconsiderazione della storia Ragtime: passato romanzato, meditazione sulla storia o romanzo storico? Tutto quanto. Meditazione significa riflettere su qualcosa, una riflessione nasce dal pensiero formale. Certo, ogni romanzo è un pensiero formale. Riuscirebbe a spiegare la struttura di Ragtime? La struttura? ... Mentre lo stavo scrivendo ho pensato che fosse una spirale, una specie di molla che gira in tondo, che si avvita in cerchi sempre più serrati. Ciò che mi interessa in Ragtime è la distanza tra la voce narrante e quello che viene descritto, che non è né così intimo come molta narrativa risulta essere, né così formale come la storiografia, ma una via di mezzo, una specie di cronaca storica: come in Kleist o in alcuni racconti dettagliati di Poe o Defoe, chi scrive non è né uno storico né un intimo narratore di miti personali ma sta a metà fra queste due posizioni. Mantenere sempre una certa distanza vuol dire non avvicinarsi né allontanarsi troppo dai personaggi: questa è la disciplina tecnica che ho seguito per Ragtime. Mentre scrivevo ho scoperto che non appena mi fossi accostato troppo ai personaggi o mi fossi posto nella condizione di sentire per loro, avrei perso il libro. Così invece di pensare in termini di struttura, penso in termini di quel modo di scrivere. Ragtime non è soltanto un romanzo storico, è una cronaca storico-ironica poiché contiene anche elementi di fantasia che si mescolano alla realtà quotidiana. Il bambino in Ragtime ha attributi mistici e quindi non è proprio una cronaca storica, ma direi una cronaca storico-satirica. Il suo modo di scrivere è legato allo sviluppo della società; fino a chepunto ifatti contemporanei hanno influenzato la sua tecnica? Capisco cosa intendete dire. Si scrive sempre prima il libro e poi si pensa a una scusa o a una giustificazione per quello che si è fatto. Nel caso di Ragtime ho pensato che fosse interessante avere un libro che la gente potesse leggere senza un enorme sforzo di volontà, senza fatica, come quando si guarda un film e non ci si chiede se si sta facendo qualcosa di utile. Si potrebbe affermare che talvolta l'elaborazione stilistica del romanzo riveli quasi la mia preoccupazione per la crescente ignoranza culturale di questo paese e di conseguenza il mio tentativo di affrontare il problema incominciando a insegnare alla gente come si legge. Ma allo scrittore questo tipo di idee vengono in mente una volta finito di scrivere il libro. Quando la gente comincia a fare domande. Quindi nei suoi libri lei, anche se inconsciamente, tenta di indurre il lettore a rileggere e riconsiderare la storia? Si, certamente. Prima di tutto vorrei far capire al lettore che la storia è qualcosa che si scrive. Qualcosa che deve essere scoperto e composto. Qualcuno deve comporre la storia. E se non è composta in un certo senso non esiste, sia che abbia una presenza oggettiva nel passato o no. Se la gente non la conosce è come se non esistesse. In secondo luogo vorrei affrontare gli aspetti mitologici della storia, di quella storia cioè che rappresenta così bene ciò che noi vogliamo rappresenti da diventare mitologia, da diventare il nostro sistema di valori. Questo è ciò che volevo combattere, l'idea che la storia non è sempre tanto precisa e obiettivamente definita come pensavamo che fosse, ma che talvolta è, anzi, l'opposto. Ricordo che quando Ragtime fu pubblicato, un critico che periodicamente mi ha attaccato, scrisse un articolo su di me - non ho letto l'articolo, ma so che diceva: "Pensate, la visione che Doctorow ha della storia è piena di scioperi, rivolte, razzismo e lavoro minorile. Non è offensivo che si legga la storia americana in questo modo?". Eppure è tutto lì; voglio dire, si può ritrovare tutto quanto, basta leggere o guardare alcune fotog_rafie. Come si chiama quel critico? Ho rimosso il suo nome! Joseph Epstein. Era molto offeso, quasi fossi stato io a inventare il lavoro minorile, quasi fosse una bugia grossolana. Quindi si, in Ragtime c'era proprio quest'idea. E c'era il tentativo di affrontare non tanto la storia quanto la mitologia americana. Ripeto, volevo giocare sulle a,spettative dei lettori, sull'idea convenzionale che essi hanno della nostra conosciutiss·ma storia e dei nostri personaggi storici offrendo loro qualcos'altro, che è poi quello che è narrato nel romanzo. I valori sono convalidati dalle storie del passato e le storie, a loro volta, contengono dei valori e l'una cosa permette l'altra, in tina sorta di ciclo continuo. Per esempio, uno dei nostri grandi miti è quello del rozzo individualismo, di cui il presidente è un'incarnazione. È un mito enorme, in questo paese. Anzi, forse è il mito più importante da cui sono derivate le tendenze più comuni del vivere americano. Come, dove è successo? È facile scoprire che alcuni aspetti della nostra vita nazionale furono raccolti da scrittori e da questi usati e celebrati. Il cowboy americano incarna per esem-

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