metodo, una proposizione che Vattimo non si stanca di riprendere e commentare: "l'essere che può essere compreso è linguaggio". Questa tesi, radicalmente intesa, significa la fallacia della contrapposizi~ne classica della "metafisica" tra apparenza e realtà, essere e rappresentazione: non si danno se non interpretazioni e interpretazioni di interpretazioni, senza riferimenti possibili a fondamenti ultimi extralinguistici o a verità ultimative extrainterpretative. Un essere che non è più capace di fondare è un essere debole, depotenziato. Ma altrettanto deve dirsi del soggetto: "un'ontologia ermeneutica radicale implica l'abbandono della nozione metafisica del soggetto inteso come unità, anche quando questa è pensata come risultato di un processo dialettico di identificazione ... La condizione ultra umana del soggetto scisso non si configura solo come la tensione sperimentale dell'uomo dell'avanguardia artistica novecentesca, ma anche e soprattutto come la condizione 'normale' dell'uomo post-moderno, in un mondo in cui l'intensificazione della comunicazione (liberata sia a livello 'tecnico', sia a livello 'politico') apre la via a una effettiva esperienza della individualità come molteplicità ... 2. Non tutti gli autori del Pensiero debole si riconoscerebbero completamente in questa prima caratterizzazione, seppure generica, ma non ci interessa ora recensire il volume (i cui saggi andrebbero presi in esame uno per uno) quanto piuttosto rilevare qualche elemento in rapporto alla questione dell'identità che abbiamo visto emergere dalle riflessioni dei sociologi e che qui si presenta come tema del soggetto "debole", depotenziato, con esplicite proposte di etica collegate a questo concetto. L'affermazione nichilistica dell'assenza del fondamento - sia nel senso classico della metafisica, come distinzione tra mondo vero e stabile delle essenze e mondo del divenire e dell'apparenza, sia nel senso moderno e kantiano di un soggetto trascendentale fondante il sapere e l'agire, sia ancora nel senso dialettico ("positivo" o "negativo") di una totalità storica in cui venga a compimento il destino dell'uomo - può dare luogo a esiti differenti3. Le alternative cui può condurre larinuncia a un'oggettività munita delle caratteristiche forti e rassicuranti connesse al fondamento, metafisico, trascendentale o dialettico, possono essere in via molto approssimativa definite in almeno quattro orientamenti. a) Si può operare la restaurazione di un soggetto "forte" che sa la infondatezza dei molteplici "giochi linguistici" e si pone esso stesso come fondamento di unità e di senso: un soggetto che sta al gioco della forza e della potenza con consapevolezza superiore. È la figura del "decisionista", piccolo o grande (piccola politica o grande politica, a seconda delle circostanze), teorico o pratico. Dice Maurizio Ferraris prendendo le distanze da Cacciari: si suppone che di fronte all'avvento del nichilismo "occorre assumere con una tragica necessità da espritfort questa constatazione. E applicarsi a una ragionevole, tecnocratica, gestione del mondo di parole e di enti in cui siamo gettati ... " (Traccr, Multhipla, 1983, pag. 34). ~· bl6ppure il nichilismo può rovesciarsi nel suo opposto, in una sp~cie di "positivismo", ci0<fin una filosofia affermativa che DISCUSSIONE/PIANCIOLA celebra la dissoluzione dell'identità in una molteplicità acefala e rizomatica di forze, di desideri, di presenzialità, senza memoria, progetto e mediazione. È la strada percorsa dai "desideranti" francesi e dalla celebrazione senza rimpianti dei "simulacri" che si accumulano nel bailamme della tarda modernità. Il pensiero francese della differenza termina le sue avventure nella convinzione, dice Vattimo, "che la differenza sia ormai una pura nozione energetica, assimilabile a un dislivello di forze che rende possibile i flussi, i processi di scambio della vita. È questo in effetti l'esito del pensiero di Deleuze, in cui si avverte la ripresa del vitalismo bergsoniano, che è sempre stato uno degli ispiratori del suo lavoro" (Le avventure della differenza, Garzanti, 1980, pag. 160). e) Oppure, ancora, l'indebolimento dell'essere può essere vissuto dal soggetto "debole" come rimpianto e mancanza del fondamento perduto. Si ha così una figura opposta alle prime due: invece dell'esprit forte decisionistico, o invece del godimento perverso-polimorfo delle presenze, si ha un espritfaible, flebile, un pensiero piuttosto lamentoso dell'assenza e piutto- .sto ansioso di piccole esperienze rassicuranti. Mi sembra che troppi contributi al reader feltrinelliano siano orientati più o meno in questo senso. Per esempio, i saggi di G. Comolli e di F. Costa su Kafka, pur ricchi di acute annotazioni sullo scrittore praghese e anche. letterariamente suggestivi (soprattutto il saggio di Comolli), contengono un eccesso di pathos di questo tipo. "La neve del villaggio indica il Castello, che si mostra a K. porgendogli dal silenzio i rintocchi della campana, che si spengono mentre la slitta avanza adagio sulla strada innevata ... La lingua muta nasce proprio nel momento in cui le figure, quali ostensioni, si raccolgono l'una accanto all'altra, per formare il paesaggio dove giace sospeso il senso del destino quale pietà per l'uomo, per il soggetto ... " (Comolli). L'uomo senza identità di Kafka "in positivo, significa l'identità possibile mediante l'assunzione dell'identità altrui. Ma non ci sono autentici 'altri', altro è, per così dire, altro dall'altro, quindi una proiezione della propria possibilità o la propria identità perduta" (Costa). Accenti analoghi sono presenti anche nell'annessione di Simone Weil al nichilismo e all'etica della debolezza operata da A ..Dal Lago: "Nel ripiegarsi del pensiero, così come nell'aprirsi del linguaggio filosofico alla poesia, si manifesta dunque una consapevole debolezza. Pensarla significa accettare il disincantamento, la perdita del cosmo, come destino ineludibile, come necessità. Il pensiero accetta di non separarsi dal processo di compimento del nichilismo, di patirlo, riservandosi solo alcune zone di chiaroscuro in cui mostrare, al di fuori di ogni consolazione, l'essenza del dominio". C'è il rischio - sia detto senza ironia e con sincera preoccupazione - che mentre in Francia si dipana una tradizione di neo-decadentismo alla grande che parte dal famoso "Io è un Altro" di Rimbaud, in Italia si·dipani il nostrano gozzanismo e pascolismo con tanto di poetica del fanciullino. , d) Alle alternative fin qui delineate cerca di sfuggire la proposta etica connessa alla "ontologia debole" di Vattimo, che Fer67
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