66 DISCUSSIONE/PIANCIOLA dato da una molteplicità di informazioni e comunicazioni. In termini di informazione questo processo, proverbialmente, gli 'allarga la mente'. Nello stesso tempo, tuttavia, indebolisce l'integrità e la plausibiità del suo 'mondo famigliare'". Al senso di espansione e di libertà si accompagnano sradicamento e anomia. L'ordine istituzionale e sociale subisce una certa perdita di realtà. La sfera soggettiva diventa in questo contesto tanto più essenziale: "l'individuo cerca il suo 'appiglio' nella realtà dentro di sé piuttosto che al di fuori. In seguito a ciò la realtà soggettiva dell'individuo (ciò che si definisce abitualmente la sua 'psicologia') diventa sempre più differenziata, complessa e 'interessante' per lui stesso". Con un effetto contraddittorio perché "qualcosa che muta continuamente si suppone sia l'ens realissimum". Le esperienze private non ancorate a un mondo più vasto di significati oggettivi deludono l'ansiosa richiesta di identità, "si crea, dunque, un bisogno di servizi sociali per la manutenzione e la riparazione di questo precario universo privato" e un vero e proprio "mercato dell'identità" conteso da mass media, organizzazioni religiose, psicoterapeutiche ecc. La soggettività che deriva dalla pluralizzazione dei mondi vitali diventa una homeless Mind, una "soggettività senza dimora": un'espressione suggestiva, per quanto implicitamente carica di nostalgia verso un mondo integrato. Il tema della complessità crescente e della appartenenza dell'individuo a mondi di vita separati o addirittura conflittuali, sia nel corso della biografia, con la necessità di "salti" e "conversioni", sia sincronicamente, in ogni fase della biografia, esprime con maggiore radicalità una situazione accennata sotto diverse angolazioni teoriche ma in modo abbastanza costante dalla letteratura sociologica sull'identità. Mentre però la sociologia classica, dal "politeismo" costitutivo dell'esistenza moderna in Max Weber, alla contrapposizione di Tonnies tra "comunità" e "società" individualistico-atomistica, fino all'analisi di Riesman sulla "folla solitaria", aveva visto queste caratteristiche come una situazione di crisi e di "alienazione", la sociologia più recente, pur utilizzando materiali dello stesso genere, solamente aggiornati, tende a presentare in forma meno drammatica la situazione della homeless Mind. Si direbbe che più il disagio si generalizza, più si tende a considerarlo normale (nel senso descrittivo e valutativo del termine). La scuola di Francoforte è stata forse l'ultimo tentativo di pensare questa fenomenologia sotto una luce globalmente negativa (nei termini classici di "alienazione"). E infatti nelle sue tarde elaborazioni, a opera per esempio di Habermas, insiste ancora sulla "identità danneggiata" e sulla necessità di rifondare attraverso un'etica della comunicazione una "identità razionale". I fenomenologi dell'incerta identità (tardo) moderna, come P. Berger, non traggono conseguenze catastrofiche dalle analisi, pur acutamente critiche, che propongono. L'individuo vive piuttosto male ma impara ad adattare se stesso, adottando le opportune "tecniche di aggiustamento" con un atteggiamento di manipolazione e di bricolage anche nei confronti del sé. Osserva L. Scialla: "La complessità della società moderna, diversamente dalle analisi della scuola di Francoforte, non produce un generale appiattimento e livellamento, una 'unidimensionalità' della cultura, bensì una moltiplicazione dei codici e dei modelli culturali. Lo stesso processo che moltiplica i codici e le risorse simboliche dell'individuo, e indebolisce l'integrità e la plausibilità del suo mondo familiare, dilata anche enormemente il campo delle possibilità percepite dai soggetti. L'orizzonte di scelta degli individui diventa sempre più aperto e fluido ... ". Non si produce solo disintegrazione del tipo di identità, "forte", ma un nuovo tipo di identità, "debole", flessibile, aperta al mutamento, intimamente differenziata e riflessiva, che considera provvisoria e reversibile ogni scelta, si fa soggetto di "differenti biografie" al limite, ma solo al limite, della dissociazione patologica. Attraverso la descrizione valutativa sembra più o meno chiaramente farsi avanti in molte pagine sociologiche un'etica che valorizza la fungibilità e l'adattamento. È il rischio che sottolinea, dal punto di vista degli studi sulle e delle donne, Laura Balbo (in Complessità sociale e identità, pp. 79 e sgg.) che usa l'immagine del patchwork per la nuova identità femminile, ma non solo femminile, fondata sulla mobilità, l'intellettualità diffusa, la "cultura dei servizi". Per la loro collocazione i comportamenti delle donne sono definiti sia dai criteri di efficenza e di razionalità strumentale del modo di produzione dominante, sia da una parzialmente contraddittoria logica interna ai "bisogni reali". Dal bricolage e dal patchwork costitutivi di questi comportamenti emergono "valori e pratiche privati, individuali e silenziosi, ciò che non è scontro né opposizione aperta, ma neppure adesione; forme di presenza e di azione così frantumate da essere considerate politicamente e socialmente irrilevanti, ma che fondano processi di identità e comportamenti di resistenza e di innovazione''. La Balbo invita la sociologia a una maggior attenzione alla molteplicità empirica dei nuovi processi di identità e di identificazione, a quelle che si direbbero (oltre che nuove possibilità) nuove contraddizioni 1. l!I n analogo complesso di riferimenti empirici è abbracciato dalla filosofia con gli strumenti che le sono propri: le venerande metafore elaborate dal pensiero occidentale e dai suoi critici, cui se ne aggiungono nuove e ingegnose. La più recente è quella del "pensiero debole" (G. Vattimo e P.A. Rovatti, a cura di, Il pensiero debole, Feltrinelli, 1983). Il libro è composito e non raccoglie i contributi di una "scuola" quanto piuttosto le esercitazioni di una "tendenza", la proposta di uno "stile" (ma già Rovatti in "Alfabeta" n. 60 con un eccesso di scuse dichiara il titolo "espressione alquanto infelice"). Confluiscono in questa tendenza alcuni redattori della "Rivista di estetica", di "Aut aut" e di "Alfabeta". Quindi, già sul piano della politica culturale si tratta di un'operazione di un certo rilievo. E anche di interesse teoretico: segnala la confluenza di diversi percorsi teorici di una "koiné ermeneutica", la cui tesi più fondamentale potrebbe essere espressa con la proposizione enunciata da Gadamer in Veritàe
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