Linea d'ombra - anno II - n. 8 - febbraio 1985

ruolo di modello a cui lo storico avrebbe dovuto fare riferimento. Proprio la critica di queste asserzioni è il contributo portato al dibattito da alcuni teorici della storiografia. \ m el volume La teoria della storiografia oggi pubblicato nelle edizioni del Saggiatore e contenente gli atti di un convegno svoltosi a Torino nel 1982, sono numerosi gli interventi che toccano questi temi. Di una riconsiderazione complessiva della questione della narrazione nella teoria contemporanea della storiografia si occupa in particolare il lungo saggio di Hayden White, già autore di un testo, Metahistory, tradotto in Italia col titolo Retorica e storia. In quel testo - apparentemente dedicato alla storiografia del XIX secolo - White definiva l'opera dello storico come un'attività intellettuale al tempo stesso scientifica, filosofica e poetica, ma sottolineava particolarmente quest'ultima dimensione. Ora White sembra voler far sua una famosa affermazione di Benedetto Croce, '' dove non c'è narratore non c'è storia", per tentar di fondare una compiuta teoria narrativistica della letteratura. La costruzione di Hayden White è assai complessa. In sostanza per White ci sono delle "verità" che la ricerca storica può trasmettere solamente in termini figurativi. Questo rende importante l'aspetto specificamente "letterario" della narrativa storica. Solo esso è in grado, per White, di conferire agli eventi reali le specie di significato che altrimenti si trovano nel mito e nella letteratura. La narrazione storica è perciò una specie di allegoresi che "trasforma in immagine il corpo di eventi" su cui riferisce. Per chiarire il suo discorso White spiega per esempio in termine di allegoria la celebre asserzione di Marx secondo cui gli eventi del 18 Brumaio di Luigi Bonaparte costituivano una replica "farsesca" della "tragedia" del 1789. In questo percorso White incontra tra l'altro le dense riflessioni che al tema della narrazione ha dedicato il filosofo ermeneuta francese Paul Ricoeur. È qui possibile solo un breve accenno al lavoro di Ricoeur e alle indicazioni che contiene. Anche per Ricoeur "nella storiografia di oggi convivono due tendenze: da un lato c'è una storia fatta da specialisti per gli specialisti; dall'altro una storia che si rivolge a un pubblico più ampio, che confina con quello del romanzo". "C'è una storia che non è divulgazione, ma si situa a metà strada tra lo specialismo e il racconto, e in cui la gente ritrova il passato". Questa commistione, per Ricoeur, "mostra come ci sia bisogno d'immaginazione per costruire il passato. Il passato non è lì a portata di mano; bisogna figurarselo ... La necessità di immaginare, per lo storico, non è minore di quella del narratore". Ricoeur vede "la ricostruzione del passato" come "un'impresa retorica, che passa attraverso dei tropi. Principalmente abbiamo metafore e metonimie del passato. E ciò crea una stretta parentela fra l'estetica e la storia". Secondo White, Ricoeur ha assegnato la narrazione storica alla categoria del discorso simbolico, cioè di un discorso la cui fori.a principale non deriva né dal suo contenuto d'informazio- •. ne,_né q,alsuo effetto retorico ma piuttosto dalla sua funzione d'ifnmagine. Per RicoeQr dunque la narrazione è più che un "' DISCUSSIONE/SINIBALDI modo di spiegazione, più che un codice e molto più che un veicolo per trasmettere l'informazione: è un mezzo per simbolizzare eventi senza il quale non si può indicare la loro "storicità". Questa di Ricoeur che White accoglie è un'accezione forte del ruolo della narrazione nella ricerca storica. White tocca un altro nodo decisivo della questione discutendo il rifiuto della storiografia narrativa da parte degli storici delle "Annales": "L'accusa sollevata dagli storici delle "Annales" è che la narratività è intrinsecamente una 'drammatizzazione' o una 'romantizzazione' del suo oggetto, come se in storia non esistessero eventi drammatici o, se esistono, non fossero un oggetto adatto di studio storico in virtù della loro natura drammatica ... Si può narrativizzare senza drammatizzare, come dimostra tutta la letteratura moderna, e drammatizzare senza 'teatralizzare', come ha posto in chiara luce il teatro moderno, a partire da Pirandello e Brecht. E allora, come condannare la narrazione sulla base dei suoi effetti 'romanzeschi'?". Sulla base di queste considerazioni, White arriva al nodo forse più importante del suo ragionamento quando prova a spiegare questo rifiuto della narrazione presente nel campo della "nuova storia", soprattutto francese, come applicazione specifica di una posizione teorica più ampia, quella di "una demolizione della narratività perseguita da strutturalisti e poststrutturalisti degli anni sessanta, la quale pretendeva di dimostrare che la narrazione non era soltanto uno strumento dell'ideologia, ma il paradigma stesso del discorso ideologizzante in generale". Purtroppo le pagine che White dedica a questo problema non possono assolutamente essere riassunte. Resta però interessante che in queste osservazioni emerga almeno in parte il valore non solo interno al campo della storiografia di tutto il dibattito sul ritorno alla narrazione. L'analogia con la discussione che è in corso, per esempio, nel campo della critica letteraria è infatti notevole. Basta pensare, per rimanere all'attualità più recente, alla questione del "ritorno dell'intreccio" sollevata da Angelo Guglielmi su "Alfabeta" e alle prese di posizione, anche molto polemiche, che ne sono seguite. A rendere assimilabili le questioni sollevate in questi campi diversi è se non altro l'identità del bersaglio: "il post-strutturalismo", scrive ancora White, "ha ben poco in comune con le aspirazioni di quegli storici appartenenti al gruppo delle 'Annales' che sognano di trasformare gli studi storici in una specie di scienza. Ma la 'demolizione' della narratività perseguita da Barthes e dai post-strutturalisti è compatibile con le obiezioni che gli storici delle' Annales' hanno sollevato contro il modo di rappresentazione narrativo in storiografia". Come nel campo della critica letteraria è dunque in questione il dominio pressoché totale esercitato negli ultimi anni dalla scuola strutturalista e dalle sue applicazioni, derivazioni, degenerazioni. 111'::i u una posizione assai più problematica ma che come ~ quella di White coglie le molte implicazioni della questione della narrazione nel campo della ricerca storica, si situa 63

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