Linea d'ombra - anno II - n. 8 - febbraio 1985

46 STORIE/FONSECA aggirerà sulle mille miglia marittime; il miglio marittimo è di milleottocentocinquantadue metri e quindi, in chilometri, il nostro percorso sarà di circa milleottocentocinquantadue chilometri. Nell'ipotesi che fosse partito in nave, avrebbe potuto essersi diretto a Manaus. In tal caso Carlos Alberto si sarebbe occupato di lui. Se invece era andato in aereo poteva essere ancora a Manaus. Oppure no. Ma se era a Manaus l'avremmo trovato. Moacyr andò dal comandante. "Capitano, mia moglie è scomparsa", disse. "Forse si è gettata nel fiume". Si sentiva che aveva bevuto, ma la sua voce ·era decisa. "Sarà meglio che lei la cerchi ancora", gli disse il comandante. Corsi nella mia cabina. Maria de Lurdes rifiutò di uscire. Questa è la ragione per cui non ci si deve mettere con le donne quando si lavora. Notai che la nave stava rallentando. Dovevamo essere vicini a Oriximina. "Non voglio più saperne di Moacyr. È sempre ubriaco. E poi mi ha ingannata. Non ha più un centesimo". La nave si era fermata. "Cosa diavolo porti in quella borsa che non molli mai?" La lasciai nella cabina. Sapevo che la nave sarebbe rimasta nel porto solo venti minuti, per far sbarcare un passeggero. r:, riximina era un piccolo villaggio di pochi abitanti. Il ._. suo molo, come quello di tuttte le altre città che avevamo toccato, ad eccezione di Santarém, non era altro che una piattaforma di legno dove potevano attraccare solo piccole imbarcazioni. La sua posizione consentiva di vedere, nel vasto orizzonte, le foci del Trombetas e del Nhamunda. Sbarcai. Feci la solita domanda a un ragazzino con una cesta di frutti di papaia. Il ragazzino lo aveva visto. La sua risposta mi fece accelerare i battiti del cuore. "Gli vendo papaie e pesci tutti i giorni. Abita in una casa là in cima. Stamani gli ho già portato un pirambucu". Chiesi al ragazzino di farmi vedere la casa. Mi sentivo la bocca asciutta e pizzicare la gola. La casa era una casetta in muratura, costruita nella parte alta, con due piccole finestre dipinte di un azzurro scuro. Era li dunque che lui viveva nascosto dal mondo, nutrendosi di frutta e pesce, in contatto con la natura. Il ragazzo tornò al molo. Sentii i tre fischi della nave. Ecco che perdevo la valigia con le mie cose, ma pazienza! Non provavo attaccamento per nessuna cosa. La borsa, però, non avrei potuto perderla, perché conteneva lo strumento del mio lavoro. Con i fischi della nave, anche i miei compagni di viaggio, come polvere trascinata dal vento, furono cancellati dalla mia mente. Aspettai, seduto all'ombra di un albero accanto a un cane vagabondo, che la città, perturbata dall'arrivo del Pedro Teixeira, riacquistasse la sua tranquillità. Bussai alla porta e lui venne ad aprire. Negli ultimi mesi non avevo fatto altro che pensare a lui giorno e notte. Sembrava ancora più alto dei due metri e trenta che dicevano misurasse. La testa era ancora più bianca e i capelli luccicavano nell'ombra. Volevo sentire la sua voce. "Buon giorno", dissi, mentre aprivo la borsa. "Buon giorno", rispose. Stese la mano, nel vedere la pistola con il silenziatore puntata verso di lui, in un gesto di pace. "No", disse. Non aveva alcun accento e neppure paura. La sua era una voce fredda. Gli occhi di un azzurro intenso mi dettero la rapida e dolorosa impressione che fosse innocente. Sparai due colpi. Cadde a terra riverso. Gli aprii la camicia e toccai il suo corpo. Aveva la pelle morbida e le mammelle rosee. Il capezzolo sinistro era turgido come se avesse freddo. Fu proprio in quel punto che accostai la pistola e sparai un colpo ancora. Presi il libro e tutte le sue carte e uscii, chiudendomi la porta alle spalle. Il cane si alzò e mi venne vicino. Dovevo trovare una nave che mi portase via da Oriximina. Contemplai le acque azzurre del Trombetas e del Nhamunda illuminate dal sole calante che, nel cuore dell'immensa foresta, si congiungevano con quelle dorate del Rio delle Amazzoni. Il silenzio avvolgeva tutto quanto l'universo. Improvvisamente il mio corpo si contrasse in preda a un violento spasmo e mi mancò il respiro. Ero soffocato da tutta quell'aria. Poi cominciai a tremare convulsamente e a respirare con un rantolo simile all'ululato degli animali in agonia. Il cane fuggì spaventato. Ma presto il tremore cessò e sopraggiunse un senso di pace e di felicità che credevo sarebbero durati per sempre. (traduzione di Amina Di Munno) Copyright Rubem Fonseca 1984.

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