Linea d'ombra - anno II - n. 8 - febbraio 1985

Fiume brasiliano (Rex Features/agenzia Grazia Neri). Si chiamava Ezir. All'anulare della mano sinistra sfoggiava un enorme anello di laurea con una pietra rossa. , La mia cabina, oltre alle cuccette, aveva due armadi e un lavandino. Ispezionai le porte - fornite una di veneziana, e l'altra, quella interna, di una tela, per via degli insetti. Il cameriere mi aveva dato due chiavi - una della cabina e l'altra del bagno. Il bagno, ancor prima che il viaggio cominciasse, era già sporco. D re lunghi fischi echeggiarono nella notte tiepida. La nave cominciò a muoversi. Soffiava una brezza fresca e gradevole. Un cameriere chiuse la porta di comunicazione con la terza classe. Sentii un certo sollievo. La povertà mi dava un senso di sconforto, come se fosse una malattia contagiosa. Mi irritava il pensiero che quella gente sopportasse tanta umiliazione e sofferenza. Erano le dieci. Mi vestii e mi coricai nella cuccetta più bassa. Dormii male. Sognai lui. Non era la prima volta. Non lo avevo mai visto, ma lo sognavo; solo con la descrizione che mi avevano fatto di lui. Volevo vederlo, avvicinare la mia mano al suo corpo, ero stufo di rincorrerlo inutilmente. Mi alzai alle quattro e mezzo. In cabina non c'erano asciugamani né sapone. Avevo un asciugamano nella valigia e una saponetta dell'albergo. Mi misi un paio di pantaloni e uscii, portandomi la borsa. Un vento freddo avvolse il mio corpo. Tutta la nave dormiva. Il bagno aveva tre gabinetti e due docce. Provai ad andare di corpo come facevo sempre appena alzato, ma non ci riuscii. Feci la doccia e mi asciugai solo le natiche, il pene e i testicoli, per risparmiare l'asciugamano. Tenni sempre la borsa vicino a me. Tornai nella mia cabina, misi i jeans e una camicia. Fece giorno poco prima delle sei ed era nuvolo. Eravamo ancora sul Para. La colazione sarebbe stata servita alle sette. Il pranzo dalle undici a mezzogiorno e la cena dalle diciassette alle diciotto. I passeggeri della terza classe erano stati segregati nel ponte inferiore, ma alcuni erano riusciti a sgattaiolare via e dormivano sulle sdraio di sopra. Alle sette andai a fare la colazione. Dovevo comportarmi come un comune passeggero e decisi di farmi passare per un turista del sud, interessato ad andare nella zona franca per fare spese. Ero stato a Manaus nei primi anni in cui era diventata zona franca. Mi era sembrata la città con più farmacie di qualsiasi altra che conoscessi. E lo spettacolo dei compratori che uscivano con le borse coloratissime dai tanti negozi di articoli importati, le conferiva un'aria corrotta. Andai a pranzo nel miglior ristorante della città, ordinai una grigliata di pirarucu. I clienti del ristorante, che credevo fossero le persone più raffinate di questo mondo, erano come i clienti di qualsiasi rosticceria del Méier o del Braz. Solo che non c'erano negri né mulatti. Portavano orologi vistosi, si vestivano come quelli del sud, con giacca e cravatta. Andai a letto con una prostituta di quattordici anni che aveva la dentiera. Al mio tavolo, sulla nave, eravamo in dieci me compreso. Una coppia di stranieri, entrambi biondi, sulla trentina; due donne più anziane che probabilmente andavano a fare spese; tre uomini che si erano conosciuti durante il viaggio e che occu-

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