Linea d'ombra - anno II - n. 8 - febbraio 1985

.. INCONTRNOELALM' AZZONIA Rubem Fonseca ITI enimmo a sapere che da Corumbà lui era andato a Be- I.I 1ém, via Brasilia, in autobus. A forza di rincorrerlo sapevo già che tipo era. Stava fuggendo, ma ciò non gli impediva di visitare tutti i musei e le chiese che trovava sul suo cammino. L'unico museo che c'era a Belém era il Goeldi. E lui passò due giorni consecutivi a visitarlo, pur avendo buone ragioni per sospettare che non gli eravamo lontani. Lo avevano visto tutti. "Si è fermato a lungo a guardare i pesci. Aveva un grosso quaderno pieno di appunti", disse il custode dell'acquario. "Se questo è successo l'altro ieri è probabile che sia ancora da queste parti", osservò Carlos Alberto. Carlos Alberto svolgeva quella missione insieme a me. Ci sedemmo in un bar e prendemmo una birra. La birra del Parà non era cattiva. D_aqualsiasi parte del mondo si può bere una birra senza preoccupazione. "Chi sa come si farà chiamare ora", disse Carlos Alberto. "Non saprei. Ma è probabile che non sia nessuno dei nomi che conosciamo''. Era entrato dalla frontiera con l'Argentina e si stava dirigendo verso nord. Sapevamo che era arrivato a Brasilia e da li a Belém in autobus, bruciando così, in questa sola tappa, millenovecentouno chilometri di strada. Se da Belém avesse preso un aereo di linea, avrebbe potuto dirigersi a Macapà, o a Santarém, o a Manaus per raggiungere da lì Boa Vista, più a nord presso la Guiana e il Venezuela. O, altrimenti a nord-est, verso Porto Velho e poi Rio Branco, presso le frontiere del Perù e della Bolivia. L'aver trovato il suo albergo a Belém era stata una grande fortuna per noi. Un autista che faceva servizio sulla camionabile se lo ricordava. Era l'hotel Equatorial. Il portiere ricordava che lui aveva chiesto informazioni sui battelli per Manaus. Il biglietto era stato comprato nell'agenzia di viaggi Lusotour. "Certo che me lo ricordo, sarebbe difficile dimenticarlo. Voleva un biglietto per uno dei battelli che risalgono il Rio delle Amazzoni fino a Manaus", riferì l'impiegato dell'agenzia. "E si è poi imbarcato"? "Non lo so. Credo di si. Non ci occupiamo della verifica degli imbarchi. È tutto molto disorganizzato. Ma potrebbe essere andato in aereo, dato cke aveva una prenotazione per Manaus''. Neppure all'aeroporto seppero dirci niente. Poteva essersi imbarcato oppure no. I nomi della lista dei passeggeri non chiarivano niente. Di colpo sembrava che nessuno lo avesse più visto, come se una cosa del genere potesse succedere. Tirammo a sorte, testa o croce, per vedere a chi sarebbe toccato di andare dritto a Manaus in aereo ad aspettarlo, nel caso lui fosse andato là, e a chi sarebbe toccato di risalire il fiume con il compito di svolgere indagini in ogni paese o città in cui il battello faceva scalo, fino a Manaus. Croce era Manaus e toccò a Carlos Alberto. "Lo sai che cosa devi fare, vero?" "Stai tranquillo", disse Carlos Alberto. Carlos Alberto era con noi da poco. Era l:!ncoramolto giovane, ma molto diligente. "L'aeroporto di Manaus è moderno e molto movimentato", dissi. "Non ti preoccupare". Carlos Alberto diventava loquace solo quando parlava della madre che si voleva scegliere. Lo accompagnai all'aeroporto. Aspettai che l'aereo partisse. W-:, ovevo passare una settimana a Belém ad aspettare il ... battello. Mi svegliavo alle cinque del mattino e ascoltavo la radio per prendere dimestichezza con le cose locali. Poi facevo il bagno, vestivo un paio di pantaloni e una camicia e uscivo. Il mio albergo era di categoria media, ospitava solo turisti brasiliani del nord e del nord-est. Erano le sette e mezzo quando arrivai al museo. Entrai dall'ingresso riservato agli impiegati, senza accorgermi che non era ancora aperto al pubblico. Andai verso la gabbia degli animali. Nel giro di pochi anni non ce ne sarebbe stato più neppure uno, tutta la fauna amazzonica stava subendo una decimazione. Quando il giaguaro mi vide si mise a giocare; correva e si rotolava a pancia in sù, come un gatto. Un altro animale bello e leggiadro era il sussuarana, una specie di leopardo; il suo pelo lucido di un viola chiaro luccicava nel chiarore mattutino. Le scimmie, però, sembravano tristi, infelici e bizzarre. Ce n'era una che si nascondeva la faccia afferrandosi alle sbarre di ferro. Le sue mani somigliavano alle mie. La sua espressione e il suo sguardo avevano un'aria disillusa e di sconfitta, come di chi ormai abbia perso la capacità di resistere e sognare. Il ristorante dell'albergo era piccolo, ma molto efficiente. Mangiavo ogni giorno granchi in salsa verde e gamberi al vino bianco del Rio Grande do Sul. Era inutile innervosirsi. Dovevo avere pazienza. Lui poteva essere in viaggio verso Manaus. Se si fermava a metà cammino lo avrei trovato, a meno che non· sbarcasse, non salisse su un altro battello e si cacciasse in uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni. In quel caso poteva sparire senza lasciare traccia di sé e niente al mondo lo avrebbe fatto ritrovare. Ma lui non voleva e non poteva sparire nell'Amazzonia. Aveva anche lui la sua missione. Se avesse inteso uscire dal Brasile in aereo, via Manaus, come pareva, avrebbe potuto andare o in Per~, o in Bolivia, o in Venezuela, o in Colombia. E noi avremmo ritrovato le sue tracce difficilmente. In Argentina non si era trovato bene. E neppure in Paraguay. In Brasile aveva fatto un buon lavoro, considerate le circostanze, fino a quando non l'abbiamo messo alle strette - ci è costato scoprire chi era -e lui ha ,cominciato a spostarsi da sudovest, dove operava, verso il nord, in un modo· tanto strano che per poco non ci giocava. ' · · Per noi una città piccola era una città con meno di un milione di abitanti. Così era Manaus. Nelle città piccole si doveva essere più prudenti, i forestieri erano facilmente individuati. E poi c'erano altre difficoltà. La vigilia del mio imbarco andai a prendere un gelato alla frutta nei pressi della piazza Bernardo Santos. Facevano più di ottanta tipi di gelato. Io ne volevo uno al bacuri.

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