16 Un disegno di Pasolini del 1950 (dalla copertina di Arnado mio, Garzanti 1983). zionali che si usano per i malati. La mia apparente salute, il mio equilibrio, la mia innaturale resistenza, possono trarre in inganno ... Ma vedo che sto cercando giustificazioni, ancora una volta ... Scusami - volevo solo dire che non mi è né mi sarà sempre possibile parlare con pudore di me: e mi sarà invece necessario spesso mettermi alla gogna, perché non voglio più ingannare nessuno - come in fondo ho ingannato te, e anche altri amici che ora parlano di un vecchio Pier Paolo, o di un Pier Paolo da rinnovarsi. Io non so di preciso che cosa intendere per ipocrisia, ma ormai ne sono terrorizzato. Basta con le mezze parole, bisogna affrontare lo scandalo, mi pare dicesse San Paolo ... Io credo - a questo proposito - di desiderare di vivere a Roma, proprio perché qui non ci sarà né un vecchio né un nuovo Pier Paolo. Coloro che come me hanno avuto il destino di non amare secondo la norma, finiscono per sopravalutare la questione dell'amore. Uno normale può rassegnarsi - la terribile parola - alla castità, alle occasioni perdute: ma in me la difficoltà dell'amare ha reso ossessionante il bisogno di amare: la funzione ha reso ipertrofico l'organo, quando, adolescente, l'amore pareva una chimera irraggiungibile: poi quando con l'esperienza la funzione ha ripreso le sue giuste proporzioni e la chimera è stata sconsacrata fino alla più miserabile quotidianità, il male era ormai inoculato, cronico e inguaribile. Mi trovavo con un organo mentale enorme per una funzione ormai trascurabile: tanto che è di ieri - con tutte le mie disgrazie e i miei rimorsi - una incontenibile disperazione per un ragazzo seduto su un muretto e lasciato indietro per sempre e per ogni luogo dal tram in corsa. Come vedi ti parlo con estrema sincerità e non so con quanto poco pudore. Qui a Roma posso trovare meglio che altrove il modo di vivere ambiguamente, mi capisci?, e, nel tempo stesso, il modo di essere compiutamente sincero, di non ingannare nessuno come finirebbe col succedermi a Milano: forse ti dico questo perché sono sfiduciato, e colloco te sola nel piedestallo di chi sa capire e compatire: ma è che finora non ho trovato nessuno che fosse sincero come io vorrei. La vita sessuale degli altri mi ha fatto sempre vergognare della mia: il male è dunque tutto dalla mia parte? Mi sembra impossibile. Comprendimi, Silvana, ciò che adesso mi sta più a cuore è essere chiaro per me e per gli altri: di una chiarezza senza mezzi termini, feroce. È l'unico modo per farmi perdonare da quel ragazzo spaventosamente onesto e buono che qualcuno in me continua a essere. Ma di tutto questo - che continuerà a rimanerti un po' oscuro, perché detto troppo confusamente e rapidamente - potremo parlare con più agio. Credo dunque che resterò a Roma - questa nuova Casarsa - tanto più che non ho intenzione non solo di conoscere, ma neanche di vedere i letterati, persone che mi hanno sempre atterrito perché richiedono sempre delle opinioni, mentre io non ce n'ho. Ho intenzione di lavorare e di amare, l'una cosa e l'altra disperatamente. Ma, allora, mi chiederai se quello che mi è successo - punizione, come tu dici giustamente - non mi è servito a 'hulla. Sì, mi è servito, ma non a cambiarmi o tanto meno a redimermi: mi è servito a capire che avevo toccato il fondo, che l'esperienza era esaurita e che potevo ricominciare daccapo ma senza ripetere gli stessi errori; mi sono liberato dalla mia riserva di perversione malvagia e fossile, ora mi sento più leggero e la libidine è una croce, non più un peso che mi trascina verso il fondo. Ho1iletto quello che ti ho scritto finora e ne sono molto scontento: forse lo troverai anc8ra un po' agghiacciante, come la lettera dopo Lerici, ma tieni presente che allora cominciavo la mia discesa verso la sfiducia, l'incredulità, il disgusto, mentre ora ne sto risalendo, o almeno spero. Tu potrai individuare quanto di patologico e febbrile sussista nelle mie parole, che traccie vi lasci la mia disperazione di questi giorni. Altre frasi non dovrai prenderle alla lettera. Per es. "Roma, questa nuova Casarsa" è una frase che non deve farti cadere le braccia, anche se è un po' odiosa: c'è stata anche una Casarsa buona, ed è questa che voglio riacquistare. Quest'ultima crisi della mia vita, crisi esteriore, che è il grafico di quella interiore che io rimandavo di giorno in giorno, ha ristabilito, spero, un certo equilibrio. Ci sono dei momenti in cui la vita è aperta come un ventaglio, vi si vede tutto, e allora è fragile, insicura e troppo vasta. Nelle mie affermazioni e nelle mie confessioni cerca di intravedere questa totalità. La mia vita futura non sarà certo quella di un professore universitario: ormai su di me c'è il segno di Rimbaud, o di Campana o anche di Wilde, ch'io lo voglia o no, che gli altri lo accettino o no. È una cosa scomoda, urtante e inammissibile, ma è così: e io, come te, non mi rassegno. Da certe tue parole(" ... tra cose che ti sono costate dolore, se veramente ti sono costate dolore'') mi par di capire che anche tu, come molti altri, sospetti dell'estetismo o del compiacimento nel mio caso. Invece ti sbagli, in questo ti sbagli assolutamente. Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuto a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato. Io ero nato per essere sereno, equilibrato e naturale: la mia omosessualità era in più, era fuori, non c'entrava con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita dentro. Solo in quest'ultimo anno mi sono lasciato un po' andare: ma ero affranto, le mie condizioni famigliari erano disastrose,
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