IO DISCUSSIONE/BETTIN far entrare nella politica italiana (cfr. il sondaggio-inchiesta di "La nuova ecologia" n. 8, ottobre 1984), modificando le regole stantie e omertose di un gioco politico-istituzionale oggi bloccato. Tutto vero, ma limitante. Il contenuto fondamentale del movimento verde - in Europa e in Italia - sta nei concetti nuovi che pone in primo piano. Anzitutto, il concetto di "limite": le risorse della terra non sono infinite e la civiltà attuale guidata da un'idea di progresso che coincide con l'accumulazione sempre maggiore di quantità di beni materiali si avvicina rapidamente a questo limite. Scienza e tecnologia sono gli strumenti di quest'idea, che è comune ai sistemi economici capitalisti e socialisti. I movimenti verdi sorgono e si diffondono quando sorge e si diffonde la coscienza che la contraddizione fondamentale del nostro tempo è quella che oppone la civiltà umana nel suo complesso alla vita naturale - alla vita tout court - sul pianeta. Una vita posta in forse, per il futuro, dalla minaccia atomica ma già ora concretamente degradata a ogni attimo che passa. Non c'è solo l'orologio degli scienziati pacifisti ad annunciare che siamo a pochi minuti da una mezzanotte nucleare; esiste pure un orologio biologico, e segnala guasti di portata incalcolabile. Riconoscere e denunciare questa capitale contraddizione non implica, come taluno crede, perdere di vista i contrasti interni alle società umane - tra nord e sud del mondo, i contrasti di classe, etnici, di generazione, di sesso. Significa inscriverli in quel contesto e porre il problema di un approccio globale. Il vero spettro che si aggira per il mondo - compreso il mondo comunista - è il "limite". "Un ciclo di materia sostenuto da un flusso d'energia": questa, ricorda Laura Conti, è la definizione che la biologia moderna dà della vita. Ci avviciniamo pericolosamente al limite in cui la materia si degrada irreversibilmente e l'energia dissipata diviene inservibile. La termodinamica, infatti, la più radicale e inascoltata critica della fisica newtoniana (che tuttora fornisce il paradigma scientifico e l'approccio culturale globale dominanti in quasi tutti i campi del sapere), la termodinamica ci dice che l'energia disponibile è limitata e che in natura tutte le cose possono essere trasformate soltanto da uno stato utilizzabile a uno non utilizzabile. Lo smog che annerisce i cieli non è altro che energia trasformata e resa inutile, anzi nociva: I combustibili fossili, formatisi in milioni di anni e ora - questione di pochi decenni - in via di esaurimento, diverranno qualcosa di simile. Una società egualitaria, a basso consumo di energia, fondata su un nuovo equilibrio tra uomo e natura, tra materia ed energia; l'uomo - custode dell'ambiente e dei cicli naturali della vita: queste le radicali innovazioni che il movimento verde propone. Nella nostra conversazione invernale, tra amici, questi temi passavano come sfondi acquisiti. I testi base della nuova ecologia li abbiamo almeno sfogliati e orecchiati e non era su questo che manifestavamo scetticismo. Militanti di vecchia data di un gruppo verde-alternativo, ci sentivamo insoddisfati del rapporto da noi attivato tra le due idee guida dei Verdi: tra l'agire localmente e il pensare globalmente. Una sorta di smarrimento ci ha preso, ricorrentemente, in questi anni. Giunti un po' casualmente ad avere una rappresentanza istituzionale locale, ci siamo mossi a cavallo tra movimento, società e istituzioni, privilegiando le tematiche ambientali e urbanistiche. Continuamente, ci siamo trovati di fronte a due difficoltà prevalenti: la prima, il rapporto tra problemi concreti, specifici, e la dimensione globale della tematica ecologica. La seconda: la possibilità di una reale trasformazione dei concetti-guida e delle decisioni del governo locale. La prima difficoltà si legava alla nostra sensazione di non avere uno sfondo culturale adeguato, che coltivasse la nostra azione locale aiutandola a crescere, a farsi avvertita del suo senso globale. Alcuni di noi, di radice "nuova sinistra", ricordavano il dialogo tra locale e globale assicurato in altri anni da riviste e quotidiani di movimento o da ricerche e riflessioni di singoli intellettuali. Oggi, malgrado la recente crescita d'interesse verso i Verdi, non ci sembrava di vedere qualcosa del genere. L'arcipelago verde cresce da sé, quando può, ma le sue tematiche non hanno ancora sfondato nella cultura, almeno non in quella della sinistra (storica e nuova). Ci sarebbe bisogno di sociologi, economisti, urbanisti, architetti, giuristi, di intellettuali competenti che abbiano riflettuto sulla nuova ecologia. Vi sono da "riciclare" (altro concetto chiave), insieme a scorie e rifiuti, piani economici e urbanistici, leggi, sistemi di tutela e di governo del territorio. Quanto sia difficile - ma altrettanto urgente - ce lo ripetevamo, parlando fra noi, tra un caffè e un sottofondo di musica, dei problemi locali in cui siamo immersi. "Che poi - disse qualcuno - sono locali per modo di dire: ogni volta che si tocca qualcosa, qui, si muove mezzo mondo!" Il nostro ambito locale, infatti, è la cintura urbana tra Venezia e Porto Marghera, il bordo difficile che unisce una delle città più celebrate e chiacchierate al mondo con un'area industriale fra le maggiori e più ammalate d'Europa (ammalata in un duplice senso: perché la transizione al postindustriale falcidia il lavoro nelle vecchie grandi fabbriche e perché, e forse soprattutto, ammalata d'inquinamento: l'aria e l'acqua, in mare e in laguna, il vento, la pioggia, la nebbia sono infiltrati di acidi e scorie). È quasi impossibile far politica "localmente" senza avere un approccio più complesso. Ed è giusto che sia così: è giusto che un modo vecchio di far politica, astratto, quasi senza radici, privo di progetti e tuttavia ambizioso, mirante - addirittura! - a una Rivoluzione, non trovi di che riciclarsi, non trovi spazio. È un sintomo della concretezza e gravità dei problemi aperti, della loro urgenza. Solo i ragazzini possono salvare il mondo; tutti gli altri, al massimo, studiando e predisponendo progetti, piani, atti, delibere, stimolando la coscienza collettiva, possono trasformare una città, un quartiere, una regione. Può darsi che così, infine, anche il resto del mondo si salvi. "lo ho poca fiducia - disse il nostro amico estremista - gli intellettuali, gli specialisti, sono di un opportunismo becero. A parte qualcuno, ognuno bada al suo mestiere e al-
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