Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

nati danno risalto alla televisionealla letteratura al cinema e alle discussioni sui massmedia. Tra osservatore e cosa osservata non c'è più separazione, 'fOme fu già indicato dalla fisica ·molti anni fa. Sull'esempio di certi giochi, ognuno di noi si incarica a turno di scoprire tutti gli altri, di vederli per poi tornare a sua volta a essere scoperto e visto. Questa rotazione, spesso così veloce da sembrare una simultaneità, dovrebbe portarci a considerare il tempo in modo diverso. lo stesso, nell'arco della giornata, come persona sono consumatore di ognuno di ·questi linguaggi ma come scrittore devo sottrarli tutti tranne uno, il mio, nel quale poi finisco per reimmettere quelli che ho appena escluso, dato che hanno modificato la temporalità del racconto, la rappresentazione e percezione dello spazio, la tenuta della finzione, il modo di dire "io" e così via. Nel farlo, debbo pensare che la letteratura, in tutti questi cambiamenti, continua a essere quello che è sempre stata: una forma autonoma di conoscenza, in competizione con le • altre, e che.dice in un proprio modo (e quanto più è proprio, tanto più è letteratura) alcune questioni di fondo o di superficie dell'epoca contemporanea. 4) La parola "giovane" applicata a una qualsiasi attività finisce per indicare problemi di categoria:-giovani medici, giovani avvocati, giovani manager, cioè gli aspiranti a una professione e come tali, soprattutto in questi tempi, esclusi. lo non mi sento "giovane scrittore", come non mi sento "giovane guidatore", "giovane acquirente di tabacco", "giovane camminatore". Il mondo giovanile come universo compatto e a sé è quasi sempre l'invenzione di persone adulte, sebbene costituisca poi un'identità assai ampia ed estrema, alla quale in mancanza di altro ci si può adattare. La stessa idea di generazione mi sembra un pensiero statico, di fronte a un presente in continua velocità (e ::iuesta velocità è una delle sue cose più aelle), quasi ci fosse un timore di essere invisibili, di non esistere se non storicizzandosi in modo instantaneo, tipo polaroid, col risultato di persone che pensano frasi come "i miei tempi" e le riferiscono a due o tre anni fa. Una generazione narrativa con pensieri in comune si sentirebbe non "giovane" ma "nuova", e cercherebbe di indicare i caratteproprio conto, e gli incontri più significativi avvengono in mare aperto, senza preoccupazioni di bandiera, di età o di squadra. 5) In letteratura le categorie di "caldo" e 'freddo' sono già state usate, e ancora la teoria umanistica assegnava l'espressione artistica alla bile fredda, cioè al temperamento saturnino. A parte questo, il mondo dei sentimenti è la nostra condizione naturale (le idee ne costituiscono una concreazione, come dimostra la facilità con cui uno le cambia o se ne dimentica). Però è impossibile trattare in modo sentimentale i sentimenti, come è impossibile trattare in modo intellettuale le idee: non c'è mai trasformazione, e ogni cosa resta uguale a se stessa. "Sono felice" è una frase che non comunica felicità, ma vuole invece una grande quantità di racconto, di descrizione, per mostrare perché chi dice "sono felice" è felice. Dunque il sentimento dovrebbe essere il fine del racconto più che il suo argomento. lo sono tra quelli che tendono a ricavare la soggettività dall'oggettività, a far emergere una figura dalla sua collocazione nello spazio, dai suoi movimenti, da una complessità di particolari e relazioni che, se rappresentate con esattezza, dovrebbero produrre insieme l'immagine di una persona e il suo sentire. E non diversamente, il sentirsi "io" mi. sembra ciò che inspiegabilmente, e con stupore, eccede una appassionata relazione col mondo degli oggetti (dato che sono le cose, e principalmente la tecnica, a riproporre in modo sempre nuovo problemi della percezione e del sentimento che sono sempre gli. stessi) e con gli altri. In molti libri, oggi, la disposizione di fondo che avvertiamo è quella di una reazione, irruente o ripiegata, a un mondo sentito come squallore, sgarbo, e offesa personale. A me sembra che le cose stiano diversamente. Poco alla volta l'oggettività (intendo dire le cose che ci sono, e soprattutto la tecnica) ha ricorroborato la soggettività. Rispetto al "vuoto" con cui si aprì la percezione di questo secolo, ci troviamo già più riempiti e più consolidati, sebbene stentiamo a riconoscere come "mostra" la materia che ci colma, come i calchi dei corpi a Ercolano. In questa solidità è racchiusa anche una solidarietà, col mondo e con gli altri, di cui si potrebbe raccontare la temperatura. ri di una propria "novità", pur con le precauzioni che questa parola comporta, m~ più o meno come tutte hanno fatto. La dif- , ferenza, oggi, è che questi caratteri uno cerGIANFRANCO MANFREDI I) Perché so farlo e devo farlo altrimenti ca di {arli passare sempre di più nei romanzi ·-e sempre.di meno come "opinioni" a margine. A.nch'e per questo si può nàvigare per ,,. ' .. ', non mi sento sereno. · 2) Odio l'autobiografia a meno che non si abbiano almeno settant'anni e un paio di INCHIESTA/MANFREDI guerre mondiali alle spalle. Il primo rapporto è tra scrittura ed esperienza del pensiero e del senso. Quindi una vita intensa ovviamente contribuisce, ma mi piace considerarla una cosa distinta. 3) La scrittura resta alla base df qualsiasi forma di comunicazione. Anche chi ha a disposizione un vocabolario di trenta parole, guarda caso sente il bisogno di scriverle sui muri o sulle vetture del metrò. Per quanto riguarda i computers, penso che il Basic sia solo il loro stadio linguistico infantile e che il procedere dello sviluppo tecnologico debba portare necessariamente a un arricchimento. (Tanto per fare un esempio, gli arabi stanno sviluppando un Basic islamico col quale bisognerà trovare il modo di comunicare). 4) Si può parlare di quello che si vuole, ma la validità letteraria si misura per persone e per opere, non per generazioni, né per classi. 5) Il "freddo" e il "caldo" in musica hanno già da tempo ceduto ,il passo al "fusion". Lo stesso credo debba avvenire in let-. teratura. L'ultimo tabù rimasto dopo il crollo delle Tre Unità aristoteliche, è quello dell'Unità di Stile. Se c'è un tentativo da fare nei prossimi anni (nella letteratura e nel cinema) sarà proprio quello di ridefinire il "mo- .vimento", la "musicalità" della scrittura attraverso gli Stili, piuttosto che dentro uno Stile predefinito. Ma non con la mera sovrapposizione / alternanza di frammenti e citazioni (già esplorata dalla SF anni quaranta e sessanta, dalle avanguardie fine sessanta e dai cosiddetti post-moderni) piuttosto seguendo una dinamica ritmica, una scansione narrativa ben radicata in una sua legge interiore. Insomma non credo che la mobilità stilistica debba sempre e comunque diventare distruzione dei Generi, né credo possa fare a meno di rigore di pensiero e di "senso". Da questo punto di vista le distinzioni tra "caldo" e "freddo", "sentimentale" e "razionale" sono assolutamente inadeguate, non solo per il presente futuro, ma anche per intendere il passato. Cosa sono infatti La Nuova Eloisa, Les Liaisons Dangereuses, Aline e Valcour, Le affinità elettive... con la loro aggressività emotiva, ferrea costruzione geometrica, brandelli epistolari, inserti saggistici ed etnografici, discussioni filosofiche, furibondi intrecci narrativi, prese di posizione politiche e culturali, squarci di visioni e di sogni... cosa sono se non testimonianze di perpetua alterazione stilistica? Solo la distanza storica ci può far leggereUnità laddove c'è invece continua lotta di contraddizioni lungo un percorso definito, appunto, dal "pensiero" e dal "senso". 95

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