92 INCHIEStA/BENNI, PALANDRI riferie più estreme la scrittura si arroga un predominio già fittizio da decenni e forse da sempre. Quanto poi il "discorso" della poesia possa invece rendere tutto simile è altrettanto evidente. I pochi punti di contatto tra la letteratura e le altre forme di narrazione, i pochi punti concreti, sono invece poco utilizzati. Nel cinema la scrittura dei dialoghi, nel giornalismo la specificità di uno stile, e cosi via: Queste funzioni sono limitate a pochissimi "indiscutibili" (che possono essere molto bravi davvero) che ne fanno spesso un uso superficiale, buttando giù dal tavolo paginette che avrebbero potuto benissimo prendere la via del cestino. Manca del tutto l'ordinaria amministrazione. Non credo però nei miracoli. Niente di più facile che i problemi di ognuno restino, almeno per un lungo periodo, sostanzialmente immutati. La rarefazione dell'editoria, la mancanza di produzioni, il settarismo dei giornalisti, spiegano soltanto in parte il nostro malessere. 4) Se per giovane narrativa si intende il lavoro.dei piu giovani non mi sembra possibile chiamarla altrimenti. Un ragazzo di diciotto anni che scrive buoni racconti è un giovane narratore. Purtroppo i giovani narratori, che peraltro credo siano pochi, non dispongono ancora di un ascolto soddisfacente. Quando si attribuisce invece la qualifica di giovane narratore a individui di trenta o · quaranta anni vuol dire che non si è capito nulla delle piu elementari leggi della natura. Ma con gli anni il mondo della cultura e dell'editoria non ha un rapporto naturale. ;, Può succedere che un libro scritto da un giovane venga pubblicato quando il suo autore ha già cominciato a tingersi i primi capelli bianchi. Anche per questo credo sia difficile fare della buona sociologia della letteratura. lo faccio parte della mia generazione, e per molto tempo la mia generazione ha praticamente coinciso col mio principio di realtà. Ora non è più cosi e frequento molto poco la mia generazione, pur conoscendone bene i problemi e la vita. Ma i problemi non sono un fattore eterno di coesione, alla lunga contano di più le scelte culturali e lo stile di vita. Come si fa a sentirsi espressione di una generazione se non si ama la musica più amata, i teatrini multicolori col volume dègli altoparlanti troppo alto, il filosofo degli ultimi mesi tutto frammenti o il partito politico in cui fare rapida carriera? Ma i miei gusti neppure coincidono con quelli di un'altra generazione. Insomma, sono diventato un individuo, e cerco negli altri individui qualcosa che mi piaccia. 5) Sfido chiunque a dimostrare l'esistenza di ·un solo grande libro che non esprima un mondo di sentimenti. Questa del freddo e del caldo è la diatriba più ridicola del nostro secolo. Si vedrà che tanti autori ritenuti "freddi" passeranno dalle loro pallosissime opere surgelate che hanno fatto da avanguardietta negli ultimi anni a stucchevoli lavori sul sentimento, visto che ora va di moda l'intreccio. Per parlare di altri settori, se per musica calda si intende certa robaccia neoclassica, con violini armoniosi e strappalacrime e se calda è anche la pittura "colta" io odio il caldo; se per freddo si intende qual senso di angoscia e di vergogna che ti coglie nei festival del teatro, o quei suoni striminziti di sintetizzatore che ricordano la nosta prima fisarmonica, sono costretto a detestare anche il freddo. Certo, Haydn e la computer-music sono un'altra cosa: ma la loro potrebbe essere definita temperatura ambiente. STHANOBENNI 1) Perché è un lavoro che mi piace immensamente e permette una grande libertà. 2) Non è forse necessario arrivare a svelare, è necessario desiderare e partire. 3) Lo scrivere è sempre il centro e il limite dell'espressione. Mass-media e televisione, cinema, vivono delle idee e dell'archivio dello scrivere. Niente piu libri, niente piu televisione o cinema. Io la penso cosi. 4) Non so cosa possa voler dire "giovane letterato". A vent'anni si è pronti per qualsiasi libro, la storia della letteratura mostra che sono stati scritti piu capolavori prima della linea dei quarant'anni che dopo. In Italia forse se ne parla tanto perché è evidente l'esistenza di una "vecchia letteratura", vanesia, mafiosa, scontenta. lo sono espressione di una generazione che ha avuto esperienza velocissime, complesse, confuse. Nofi comprende solo il '68, ma anche gli anni sessanta, il '77, questi ultimi anni ottanta. È una generazione che ha avuto molte difficoltà, ma anche molti stimoli. Per questo, letterariamente, avrebbe potuto e dovuto dare molto di piu. 5) "Freddo" e "caldo" non mi sembra riguardino piu lo stile dello scrivere, ma un maggiore o minor cinismo rispetto alla moralità del lavoro di scrivere. Scrivendo ci si nutre necessariamente di sentimenti. Anche un libro di matematica è espressione di un sentimento, quello dell'ordine, o quello dell'astrazione. Quello che cerca il peggior discorso del video è di creare dei nuovi sentimenti, impoveriti, finti, senza profondità o ,,<'• spessore. Piu il video diventa uno schermo piatto, piu la pagina deve diventare profonda. ENRICOPALANDRI 1) Per comunicare con persone lontane, per ricordare qualcosa, come tutti quelli che sono andati a scuola. Ma qui ci si riferisce probabilmente allo scrivere romanzi e poesie, cosa che non ha una necessità cosi immediata. Non mi sono mai chiesto perché lo faccio, come tutte le cose che mi riguardano da vicino, mi annoia nel suo aspetto quotidiano e mi affascina la trasfigurazione fantastica che può farne l'immaginazione. È una domanda che non farei mai perché presuppone una risposta tappo, un'etichetta. Potrei dire che scrivo per aiutarmi a concretizzare il mio bisogno di realtà, ma credo che di qui il prossimo pensiero potrebbe essere: per dissolvere l'oppressione della realtà, o realizzare il mondo dei miei pensieri, che altrimenti si dissolvono continuamente come vapore nell'atmosfera. E chissà quante altre risposte contorte e contraddittorie potrebbero nascere dall'offesa di una domanda cosi indiscreta! Allora meglio arrendersi, dire "Ebbene si, mi piace da morire, amo le parole!". 2) Il testo è esperienza ed è solo questa esperienza: cercare di ritrovare la vita attraverso la letteratura è un'illusione pericolosa e diffusa che uccide entrambe, vita e letteratura. Sia questa che la domanda precedente sono comunque, secondo me, fuori obbiettivo e troppo superficiali per il loro vero oggetto che è costituito dall'immaginazione. La letteratura nasce dall'immaginare, se diamo per scontato che ci sia un'esperienza e un testo, la letteratura non è affatto necessaria. La letteratura comincia dove si disfa un luogo comune chiamato "realtà", un altro chiamato "immaginario", dove si rompe una sistema di nomirtazione della realtà e ne viene creato un altro. Credo che a questo si riferisse ad esempio Proust quando parla dello scrittore che diviene dio del suo mondo. 3) Non credo che esista la civiltà audiovisiva-ma solo un mare di merda. Televisione, giornali,, come i pettegolezz_ìdi paese sono il grande s·erbatoio dei luoghi comuni. L'arte, tutta l'arte e non solo la letteratura, non ha nulla a che vedere con questa civiltà. Ha altre motivazioni, piu nobili e individuali, e può al piu essere venduta. Certamente spazio e funzioni vengono superficialmente modificati dai rapporti di classe, le condizioni di fruizione, la composizione della "readership"; ma il mondo costituito da un lettore,
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