Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

tà, sull'elemeno "irrazionale" della vocazione, sull'impossibilità di capire e di spiegare, ci sembra agire una forte suggestione della "cultura della crisi". c'ome se, accanto a un limite oggettivo, a un livello non tanto alto di autoconsapevolezza, ci fosse una sorta di compiacimento per un pensiero esplicitamente soft, per definizione incerto, asistematico, sperimentale. Dietro questa grande diversificazione, è possibile coglierealcune linee comuni, alcuni fili sottili. Un elemento comune a tutti è una certa orgogliosa consapevolezza dello spazio specifico, non fungibile, ancorché margina- , le, della letteratura all'interno della cultura "video": non si nasconde la inessenzialità e perdita di efficacia delproprio mezzo espressivo, ma senza complessi di inferiorità. Una certa puntualizzazione della specificità del linguaggio letterario trasparepure dalla quasi generale opzione per il "calore", anche se variamente interpretato. Comunque gli "integrati" sembrano prevalere sugli "apocalittici": su buona parte delle risposte aleggia un moderato ottimismo, probabilmente indispensabile allo stesso desiderio di narrare IL QUESTIONARIO 1)Perché scrivi? 2) Secondo te cherapportoc'è tra testo ed esperienza?L'~perienza personale di ciòche si narra.è in qualchemodo necesmia? 3) Quali sonosec:ondo te la funzionee lo spazio della letteratura nella civiltà audiovisiva (rapporto con i mass media, rapp<>nocon gli altri lipauaa&i)? 4) Ritieni si possa parlare di. una "giovane narrativa"? n senti çressione di unagenerazione? S) A proposito di "freddo" e "caldo", categorie usate in questi anui per definn Unguaagie semibilità. soprattutto nel campo del teatro e della musica: hanno un senso in letteratura? trovi che sia àncora esprimibile in letteratura unmondo di sentimenti,e se lo è iil""chemodo? . .., qualcosa, di comunicare con qualcuno. In genere si è voluto far cominciare verso lafine degli anni settanta una nuova stagione letteraria, dopo il quasi vuoto di un decennio (un vuoto prodotto soprattutto dalle teorizzazioni un po' intimidatorie della neoavanguardia sul romanzo come struttura chiusa, e comunque un vuoto riempito da alcune importanti eccezioni). Questa nuova stagione letteraria è stata anche messa in rapporto con l'emergere del riflusso, con la fine dell'impegno politico: si ha invece l'impressione che lapratica attuale della scrittura nasca in contrapposizione non tanto all'impegno politico, quanto alla dimensione della chiacchiera onnipervasiva, del teorizzare, dell'ideologizzare (è stato giustamente osservato che si narra proprio ciò su cui non si può teorizzare). Insomma questa narrativa esprime una forte esigenza di rapporto con la "verità", con la verità di un 'esperienza, individuale e sociale. Certo, se per esperienza intendiamo l'esperienza stessa dello scrivere, della forma, come ha fatto qualcuno, ci troviamo di fronte a un concetto dilatato fino alla sua inutilizzabilità. Per chi scrive, il rapporto con il linguaggio è un'esperienza CLAUDIOPIERSANTI 1-2) Non so come cominciare, però non voglio rispondere "non lo so". Mi vedo quindi costretto a modificare la domanda cosi: perché hai cominciato a scrivere? Amavo la scrivania di mio padre, che lavorava in un bellissimo ufficio tutto per sé. Mio padre non è scrittore nel senso letterario, ma il suo lavoro lo costringeva a scrivere molte pagine al giorno. lo ho cominciato molto presto a desiderare una mia scrivania, con lampada e tutto il resto. Cosi, prima ancora della bicicletta e del motorino, ho avuto la sospirata scrivania da adulto, con cassetti e lampada orientabile. Ho lavorato per qualche tempo a una piccola collezione di francobolli e poi ho cominciato a scrivere. Tra gli undici e i dodici anni ho scritto un (orribile) romanzo marinaro, "ispirato" da Stevenson. Amavo i fogli che andavo scrivendo: li soppesavo, li ascoltavo scricchiolare. E allora apprezzavo il mio stile molto, molto di piu di quanto lo apprezzi ora. Mi sembrava un miracolo che tutte quelle frasi che componevo a strattoni, è che io sapevo essere tanto spezzettate e quasi artificiose, si fondessero in modo armonico "come quando si parla". Ma lo sapevo, che era un altro linguaggio. Provai la stessa sensazione frequentando le lezioni di INCHIESTA/PIERSANTI decisiva, ma non crediamo possa essere sostitutiva di tutte le altre: in genere, comunque, nelle varie risposte quello che si può chiamare l'"extraletterario" sembra premere con una certa urgenza. Quest'ultimo punto ci permette- di fare un'altra osservazione, in merito alle scelte stilistiche, estremamente varie, di questi autori. Sarebbe insensato volerprivilegiare una particolare poetica, una delle tante tendenze qui rappresentate; non per ecumenismo, ma perché, se solo si ripercorrono le vicende letterarie italiane di questo secolo, ci accorgiamo di come tutto sia stato già detto, discusso, teorizzato, di come non esista una polemica o una contrapposizione sullo stile che non abbia avuto già luogo: vociani contro rondisti, soggettivismo contro oggettivismo, sperimentalismo contro classicismo, intimismo contro naturalismo, etc. Replicare queste polemiche e queste contrapposizioni suonerebbe davvero come restaurazione... Alla fine quello che conta è il rapportò con la "verità" /con tutta la genericità un po' enfatica di questo concetto) e una qualità della scrittura, una capacità di esprimersi che implica talento, tecnica, mestiere. musica, ai primi arpeggi e accordi. La mia scrittura era nettamente extrascolastica; infatti scrivevo le mie cose, ma non preparavo i compiti. L'elemento importante mi sembra quello che segue. Se guardavo la tivù o giocavo con gli amici mi sentivo in colpa, e non avevo voglia di giocare sempre. Scrivere non era un gioco, e neppure leggere lo era. La mia risposta alla domanda originale può dunque èssere: scrivo per sfuggire ai miei sensi di colpa. Alla fine di una giornata di lavoro mi sento tranquillo, anche se il lavoro è stato molto duro. Ma anche se passo una giornata a leggere mi sento tranquillo. Può essere questa una prima risposta. Me ne vengono altre in mente, ancora più intime. Non interesserebbero nessuno, e comunque preferisco non parlarne. 3) Lo spazio che occupa la letteratura nell'ambito della comunicazione è molto evidente, e presenta differenti regioni. La regione della narrazione è la più visibile. Il cineasta, pur rispondendo a una diversa legislatura, non affronta problemi sconosciuti al narratore-scrittore. È chiaro che lo scrittore non saprebbe risolvere problemi cinematografici (se non è anche·regista) ma può dare degli spunti, suggerire delle armonie, forse delle immagini. In concreto penso eh~ alla' letteratura spetti un posto tra gli altri, soltanto nelle pe91

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