Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

del capo-scuola: il suo concetto di spettacolarità e il suo modo di leggere i testi sono ciò che di più allineato alla riflessione contemporanea sia dato ascoltare in una sala di concerto. Il suo pianismo è arrischiato, esasperante, imprevedibile; ma soprattutto: è qualcosa di completamente diverso, qualcosa che non c'entra con la tradizione a cui si è abituati. Si potrà discutere finché si vuole, ma è certo che in lui l'arte dell'interpretazione subisce uno scarto che solo l'apparizione di Pollini, forse, ha negli ultimi anni fatto registrare. Quanto a Sinopoli non è certo un direttore universale e mal lo pensiamo alle prese, per esempio, col Settecento. Dove naviga bene è nello sfascio tardoottocentescoprimonovecentesco. Lì, credo, è qualcosa di più di un buon musicista: è uno che insegue una nuova retorica, coscientemente eludendo i trucchi, le cadenze, i cavalli di battaglia della vecchia. È uno che crede che le vie per l'emozione debbano prima o poi cambiare: e le cerca. Si serve, nell'operazione, di una discreta erudizione e di una inusuale consapevolezza culturale (oltre che, naturalmente, del doveroso talento musicale): quella che oggi sembra una sua ricchezza può in verità rivelarsi col tempo un elemento frenante. Spesso i musicisti sparano meglio al buio, e una buona dose di inconsapevolezza caratterizza da sempre i grandi interpreti. Nell'ambito di una più pacifica convivenza con la tradizione, semplicemente rivisitata con padronanza assoluta e sfolgoranti doti naturali, sono le due voci uscite vincenti dalla stagione: la Gruberova e Samuel Ramey. La soprano cecoslovacca - che Mila ha definito "una Callas sovrapposta a una Toti dal Monte" e Buscaroli "la più incantevole voce femminile del teatro musicale'' - merita abbondantemente i trionfi che piace al pubblico italiano tributarle: come cantanteacrobata vale una Sutherland, e quanto a intelligenza interpretativa non è esattamente una Callas ma sta tranquillamente al di sopra della abbastanza sconfortante media generale. Samuel Ramey è, molto semplicemente, la più bella voce di basso che sia dato ascoltare attualmente. In scena non è indimenticabile, ma li avete visti gli altri? Un gradino più sotto occorre menzionare l'ascesa della Cuberli, protagonista su diversi palcoscenici, forse destinata a sostituire nei cast che contano e nel cuore del pubblico la Ricciarelli, prematuramente devastata da un uso irresponsabile della voce. Continua ad aver successo senza però mai sfondare la Serra. Imperversa la Valentini, che io non amo ma il pubblico sì. Cresce la Gasdia che a Pesaro ha dimostrato di poter essere anche una bravissima attrice: è probabile che la prossima stagione le assicuri una consacrazione definitiva. Tra le voci nuove, consenso unanime solo su Daniela Dessy; buone prove le hanno date Diana Soviero, formidabile Manon a Roma, e Lucia Aliberti (Norina nel Don Pasquale della Scala). Làtita Maria Dragoni, vincitrice dell'ultimo Callas, quasi scomparsa dalla circolazione: probabilmente le stanno insegnando a cantare. Fra le voci maschili mi piace ricordare Alessandro Corbelli, professionista affermato che meriterebbe qualcosa di più che la stima generale. A Torino ho ascoltato Anne Sophie Mutter, violinista prediletta di Karajan: mi ha ricordato un po' Shlomo Mintz: bambinoni prodigio. E ho sentito Lucchesini, vincitore del Premio Dino Ciani: è già un gran pianista, chissà che non diventi davvero un grande interprete. Musica contemporanea. Annoto giusto quei due o tre fatti che non potevano sfuggire nemmeno a me, spettatore abbastanza disinteressato. Di grossi avvenimenti riguardanti direttamente o indirettamente l'Italia se ne sono registrati quattro: la nuova opera di Berio a Salisburgo e i tre grossi allestimenti che hanno avuto luogo nei nostri teatri: il Prometeo di Nono, Samstag aus Licht di Stockausen a Milano, il Gargantua di Corghi a Torino. Il Prometeo sta per andare in scena mentre scrivo: negli altri casi nessuno, mi pare, ha gridato al miracolo. Secondo fatto: un gruppo di giovani compositori italiani (Ferrero, Cerchio, Tutino, Einaudi e altri) si è preso la briga di denunciare l'immobilismo culturale di chi gestisce la musica nuova in Italia, accusando i vari Nono, Berio, Sciarrino, Donatoni, Bussotti, Manzoni ecc. di monopolizzare il mercato. È un segno. Sembra che il mondo musicale italiano, dopo aver finalmente e con enorme sforzo accettato la generazione dei quaranta-cinquantenni, non sia disposto a fare ulteriori fatiche. Terzo fatto: è saltata la Biennale Musica, appuntamento privilegiato per la musica contemporanea. Una questione di soldi, naturalmente, e un fatto grave, dicono. Ma non so quanti se ne siano accorti. Tirando le fila si dovrebbe forse finire col parlare di crisi, di involuzione. Ma l'universo della musica contemporanea è variegato e dietro gli avvenimenti di maggior richiamo brulica un attivismo che è forse vitalità vera e non solo accurata masturbazione. Tutto sommato ciò che colpisce di più in tutta la faccenda è l'incapacità di critici e musicologi vari di prendere posizione in merito: i veri, riprovevoli latitanti, in questa storia sono loro. DISCUSSIONE/SERRA UNANNO DIFUMETTO llALIANO Franco Serra Nel giro degli ultimi due anni si è andata precisando una silenziosa svolta nel fumetto italiano, opera soprattutto del lavoro degli autori dell'ultima generazione. Questo cambiamento di rotta ha creato non poco subbuglio nel pur piccolo pubblico di appassionati e ha trovato finalmente una eco negli interessi di operatori culturali, critici e a vario titolo addetti ai lavori di altri settori della cultura e della comunicazione. Mi pare di riscontrare in alcuni nuovi autori italiani (e non in altri) gli elementi reali di riconoscibilità di questa nuova strada che, in termini molto schematici, rappresenta il tentativo da parte del fumetto di uscire allo scoperto e non confrontarsi più solo con generi narrativi omologhi di taglio adolescenziale (il romanzo avventuroso ottocentesco, il rosa, il giallo ecc.), ma di porsi su un terreno di stretta contiguità con la cultura cosiddetta "alta". Non è sicuramente nei lavori attuali di autori consacrati quali Pratt, Crepax o Manara né nei fumetti dei più giovani Giardino, Saudelli o Milazzo né tantomeno in Micheluzzi, che ci si può aspettare di trovare i codici del rinnovamento di cui parlo; Neppure, secondo me, nel lavoro assai più complesso di Brandoli e Queirolo (La strega, Milano Libri 1980, e Rebecca, Orient Express 1984), medioevali (le loro storie) e medioevalisti (gli autori) attenti e didascalici al punto di essersi inventati una storia tanto verosimile da essersi rivelata vera. Al più potrebbero (alcuni) entrare a buon diritto in un'autarchica Stot->01< 1o,' Il- c;10R1'<AU: CHE' HA SIY\ESSO MR i'<ATURA1... sor-<o 10-·· HO 5/\'\ESSO DI DIS€Gi'<ARE ... 1'<01'1.Po!EVO COf.lTl- /'IUAl<E... PER COLPA DI ''VOICE'~--1tJfATT 1 GIL HA ce,?CATO DI DISSUADERMICfcITTO, C'ERA QUALCHE: Pl?ODLEMA DI Ol<Dl~E: AM/1'111'115TRATIYO... MA LA PAGA ERA 13UOl'<A... E COSI' VE::DET~/.. 1_0._ . __ ~ 83

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