T. Engel (Elettra), U. Samuel (Oreste) e G. Hansen (Pilade) nell'Orestiade diretta da Peter Stein. (Foto Ruth Walz). i veri artefici, il centro del teatro. Possono esprimersi al meglio delle loro possibilità, e quindi hanno molto di più d~ dire del regista. Vorrei tanto essere coinvolto anche fisicamente nel lavoro di una messinscena ma non ci riesco, non ci sono mai riuscito. Forse non lo desidero abbastanza intensamente, o semplicemente non ne sono capace. Non sento di essere in grado di affrontare i compiti dell'attore che secondo me incarna un'utopia legata al passato - solo a un attore, infatti, è dato di rivivere situazioni dimenticate - ma che è anche, allo stesso tempo, una persona come un'altra, che vive la realtà attuale. Un attore fa da tramite tra questi due momenti, testimonia il passato, lo rivive e ce lo fa rivivere, ma deve anche proiettarsi nel presente. Vive una situazione contrastata, in fieri, ma che è fertile, stimolante, dialettica. E deve difendere il suo statuto contro la società che glielo nega, opponendole l'intensità del suo sentire. Si potrebbe anche chiamarla invidia dell'attore. Comunque io, pur non essendo un attore, devo sapermi immedesimare in un uomo qualunque, riuscire a provare reazioni ovvie; devo cercare, insomma, di non essere unidimensionale, "chiuso". Certo, è la schizofrenia; ma è salutare. E in questo è la curiosità a guidarmi e che si è sempre rivelata uno strumento infallibile. Dicevamo del ruolo dell'attore ... e quello del regista? Il tuo ruolo quale sarebbe? lo subentro con i miei suggerimenti e progetti quando l'attore ha già iniziato a lavorare su di sé. Sono le mie proposte che gli permettono di passare alla fase realizzativa vera e propria. Certo, non nego il mio ruolo pedagogico, ma di solito questa fase coincide con la presa di coscienza del progetto, elaborato in comune, da parte degli attori. Io non impongo loro il mio punto di vista, anzi interferisco pochissimo, lasciando che essi sviluppino interpretazione e gesti. So che il lavoro dell'attore richiede impegno e dedizione totali, e allora tocca a me organizzare la situazione perché si riveli una proficua occasione di lavoro. Come svolgo il mio compito di "organizzatore"? Mettendo a disposizione degli attori stimoli, immagini, domande, fornendo materiali per il loro lavoro - ma sempre fino a un certo punto: non voglio imporre proprio nulla, ripeto. Mi fa rabbia sapere che esistono registi che non sono portatori di dubbi, di problematiche per i loro attori. È questo il ruolo di un regista; ed è solo così che un attore può lavorare, ritrasformando in esperienza propria, vitale - da offrire a quella dello spettatore - l'esperienza del regista, altrettanto vitale ma incompleta. lo penso non ci si possa "appropriare" di un testo: lo si deve invece problematizzare, altrimenti si corre il rischio di un approccio superficiale. Per questo cerco sempre di evitare che avvenga un'interpretazione a senso unico e "prescrivo" all'attore 65
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