Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

ILRUOLODELREGISTA INCONTRO C NPETERSTEIN a cura di Maria Maderna Peter Stein è venuto a Roma l'estate scorsa per presentare quello che è stato l'evento teatrale della scorsa estate, la sua versione dell'Orestea, frutto di due anni di studio sulla tragedia e di un anno di prove. Il 13 luglio il Teatro Romano di Ostia antica ha ospitato, in una maratona di nove ore, tutta la trilogia di seguito, cosl come era nata oltre 2400 annifa e come Stein l'ha pensata nell'B0, ritraducendola completamente in prosa. Sei rimasto fedele al tuo impegno di mantenere intatta l'Orestea. Ma il finale è una tua invenzione. Ho voluto portare alle estreme conseguenze la lettura che Eschilo fa della società del suo tempo. Secondo me il teatro di Eschilo è incredibilmente politico: egli ci mostra come, attraverso la catena dei delitti compiuti dai regnanti di Argo, l'ingranaggio della vendetta - cioè del malgoverno - comincia a scricchiolare. Si rende allora necessaria una forma superiore di giustizia: Atena fonda il primo tribunale umano, delegando le questioni di diritto alla polis. E incredibile è il modo in cui il signor Eschilo usa lafiction facendoci vedere come, nel finale dell'Orestea, gli spettatori siano testimoni della loro storia. Io voglio renderli testimoni del fatto che la storia può diventare un "teatro borghese", che la democrazia può risolversi in uno sterile compromesso. Per questo, al tripudio del finale ho preferito sovrapporre una nota di disagio: mentre Oreste, assolto, stringe la mano agli spettatori, i giudici dell'Aeropago prolungano la votazione e continuano a girare e a far cadere le loro pietre nell'urna finché l'ultimo spettatore non ha lasciato la sala. Vuoi alludere alla prassi inconcludente della democrazia parlamentare? Anche a questo. L'Orestea fa vedere come l'istituzione del tribunale diventi necessità storica, mostra l'evidenza dei valori civili, ma nell'istituzione del nuovo ordine ci sono già ombre di ripetizione, di crisi. In realtà la storia, ci insegna Eschilo, non può seguire un percorso lineare, i rischi di regressione sono inevitabili. Come dimostra il fatto che la fondazione del primo giudizio democratico non scongiuri l'evidenza di una prassi democratica ridotta a "macchina elettorale". Tu avevi già affrontato, esattamente dieci anni fa, la tragedia greca... Si trattava più che altro di un' "introduzione" alla tragedia ma, anche in quel ca0 so, posso parlare di un'impresa politica. In realtà ho sempre cercato, attraverso il teatro, di assolvere una funzione politica e sociale, come testimoniano le mie messinscene di Edward Bond e Peter Weiss e gli esperimenti teatrali con operai, o l'approccio a Visnevskij. In seguito ho voluto interrogare la storia: da qui il mio tentativo di storicizzare i classici, come nel caso di Kleist, Shakespeare e Gorkij. Ed è stato soprattutto quest'ultimo a portarmi a considerare con più attenzione il mondo borghese e quindi a trasferire questo interesse nel presente, aiutato dai testi di Peter Handke e Botho Strauss. Tornando all'Antikenprojekt - così s'intitola~a il mio spettacolo d'introduzione alla tragedia - volevo cercare, con i miei attori, le origini della vita e dell'arte nelle cause prime del mito; volevamo tentare, partendo da forme preteatrali, di mettere a punto una ricerca sui fattori che hanno determinato l'esistenza umana e la sua evoluzione. Abbiamo ristretto così l'ambito della ricerca -forse troppo! - ponendoci domande sul lavoro dell'attore, cercando di collegare rito ed esperienza del recitare. D'altronde il minimo comune denominatore è proprio l'uso dèl corpo come mezzo di rappresentazione e allora abbiamo spettacolarizzato forme di training, di° pratiche per così dire interne al gruppo, e li abbiamo presentati al pubblico. Il tutto, però, è partito da un nostro bisogno di ricerca, di sondaggio delle possibilità del teatro che gli attori hanno fatto in prima persona e poi riproposto. È necessario quindi partire dalla propria carica di sensibilità, dal proprio potenziale di esperienze? Assolutamente. E in questo dichiaro la mia subordinazione agli attori. Sono loro

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