quegli uomini, nessuna di quelle donne a fianco dei quali avevo pure vissuto durante quei sette anni di dittatura in cui si erano rifugiati a Bruxelles, e che mi avevano lasciato il loro indirizzo alla vigilia della partenza. Non chiamai Vassilis, che ora abitava a Kessariani, né Demostenes che risiedeva in via Monis Petraki, né Magda che viveva in via Tzavela ... I giorni passavano e diveniva sempre più improbabile che dessi ancora qualche segno di vita a Stavros, a Yannis, a Despo, a Sitsa, a Kyriakos, a Themis ... Erano passati cent'anni, mi pareva, da che i colonnelli erano caduti: nonostante l'effervescenza che si era impadronita della città, nonostante i concerti di Theodorakis allo Stadio Karaiskaki, le manifestazioni antiturche davanti all'ambasciata degli Stati Uniti, tutto ritornava normale: vivevamo un'estate ordinaria. Faceva talmente caldo che il caucciù dei tergicristalli fondeva sui parabrezza delle automobili incautamente parcheggiate al sole lungo la VassilissisSofias o attorno a piazza Kolonaki. Un congresso di filatelici teneva le sue sedute al King's Palace Hòtel. I curiosi ammiravano le vetrine a Panepistimiou. Dall'alba al crepuscolo, l'Acropoli andava alla deriva dietro un'ossidata foschia: alcuni giornali prendevano seriamente in considerazione la possibilità di collocare il monumento sotto una campana protettiva per difenderlo dall'inquinamento atmosferico. Oppure si sarebbe potuto depositare nei musei le cariatidi minacciate dalla cancrena, e sostituirle, sul posto, con delle copie... Di sicuro l'Unesco, sempre sublime e all'altezza delle circostanze, se ne sarebbe fra breve occupata, il tempo di proferire qualche discorso improntato al più patetico umanesimo. Si sarebbe parlato di "eredità ancestrale" e di "patrimonio culturale". Mi sembrava già di sentirli. In ogni modo, l'uomo era una bestia, e perché mai questa bestia non avrebbe dovuto prendersela anche con i monumenti costruiti dalla mano dell'uomo? Chi se la prende con la carne, perché non dovrebbe prendersela anche con la pietra? Mi chiesi se i guerrieri che, in passato, avevano partecipato alla battaglia di Salamina, avessero avuto, come si suol dire, "una coscienza storica". Decisi di recarmi in pellegrinaggio davanti all'edificio del Politecnico, là dove studenti di meno di vent'anni, a volte, perché ci credevano ancora, almeno loro, alla Storia, al punto di sacrificarle la vita, in olocausto - ma era il periodo delle vacanze, tutte le facoltà erano chiuse, nell'attesa, per l'autunno, di un rientro universitario di routine. Andai in via Bouboulinas, per vedere cos'erano diventati i locali della Pubblica Sicurezza, all'interno dei quali ancora si torturavano, qualche settimana prima, gli oppositori del regime - ma era l'ora della siesta, e i rari passanti che si erano smarriti in quella zona non alzavano neppure gli occhi sulle persiane chiuse, sulla facciata cieca di uno stabile giallo sbiadito, ridiventato terribilmente anodino. Di quando in quando ritrovavo in fondo a una tasca, il pezzo di carta sul quale, a Skyros, sotto dettatura di Andreas Papadiamantis, avevo annotato il nome e il recapito di: Christos Ikonomou Via Lyciou, 19 - Tel. 88.26.603 STORIE/MERTENS Dal momento che avevo scritto con una matita, parole e cifre rischiavano di confondersi e scancellarsi, di divenire fra poco illeggibili... Finii per ricopiarle, con una penna Bic, su una carta da pacchi. Ma continuai a non telefonare. Dal momento· che dovevo pur fare qualcosa, mi chiedevo se non fosse meglio andare a nuotare su una spiaggia di Nea Makriou al Capo Sounion ... O a ballare in una discoteca di Via Amerikis. Mi ricordai che non sapevo ballare né nuotare. rr.l i avventurai, un sabato sera, per le vie di Plaka. At- ~ traverso la porta aperta dei bar e delle taverne, si udiva Dirladada cantato da Vicky Moscholiou, che sarebbe certamente stato ricordato, nelle memorie, come il grande successo, nella "bit parade" di quell'estate del '74, ad Atene ... Ma ne avremmo avuta ancora una, di memoria, anche per cose di quel genere? · Qui si ritrovava la violenza. Ma era quella, banale, di un sabato sera in Europa: hippies irlandesi drogati fino alle midolla che salivano, a quattro zampe, i gradini di una scala furono malmenati e portati via dai poliziotti. E nel mezzo dell'assembramento che si formò attorno a loro, mi sentii rivolgere la parola ... "Petros! Sei qui, ad Atene? Da quanto tempo? E non ci hai avvisati?" C'erano Dimitri, Nikos, Fouli, Alekos, Katina, Stavros, che passeggiavano in gruppo, come facevano tempo prima, il sabato sera, per le vie di Bruxelles, tra il quartiere della Borsa e il Mercato Sainte-Catherine... Era destino che non conoscessi mai più il rischio di sentirmi spaesato! Non so se sul momento provassi davvero piacere nel rivederli. Cosa mi stava succedendo? I rimorsi, probabilmente. Quello di aver piantato in asso Andreas Papadiamantis, nel mezzo della sua isola. Quello, anche, di non aver ancora preso contatto con il suo amico Christos lkonomou. "Allora, siamo d'aècordo?" mi chiese Dimitri Tsoukalas. A partire da questo momento, non ci perdiamo più?" Mi lasciai guidare in una taverna in cui, divorando un meze e uno spiedino d'agnello, i miei compagni evocarono ricordi del passato. Proprio del passato? Via! Era appena ieri... Quell'incontro, ad esempio, che avevo presieduto a fianco di Melina Mercouri, nell'aula magna della Facoltà di Scienze Politiche. Quella drammatica serata, poi, da "Diogene", quando, in preda all'alcool, avevo spaccato ogni cosa perché un "compagno" che non rispettava nulla - ma via! - faceva, davanti a me, la corte a una rifugiata che era allora la mia ragazza... "L'amante", disse Alekos, "a quanto pare era intrattabile quanto l'oratore!" Ne avevano anche loro di ricordi! Se non altro i colpi al cuore e le storie di culo del loro compagno Petros ... All'improvviso, chiesi loro se conoscevano Christos Ikono43
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