Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

34 ... agli altri, e a volte con gli altri, un libro in corso di 'stesura: mostriamoci in stato di enunciazione. L'uomo degli enunciati Il Padre (continuiamo a fantasticarè· un po' su questo principio di intelligibilità), il Padre è il Parlatore: colui che tiene discorsi staccati dal fare, separati da qualsiasi produzione; il Padre è l'Uomo degli Enunciati. Niente è piu trasgressivo, quindi, che sorprendere il Padre in stato di enunciazione; significa sorprenderlo in ebbrezza, nel godimento, in erezione: spettacolo intollerabile (forse sacro, nel senso che Bataille dava a questa parola), e che uno dei figli si affretta a celare - altrimenti Noè perderebbe la paternità. Colui che mostra, che enuncia, che mostra l'enunciazione, non è piu il Padre. Insegnare Insegnare quel che accade una sola volta, che contraddizione in termini! Insegnare non è forse sempre ripetere? Eppure è quel che Michelet, da vecchio, pensava di aver fatto: "Ho sempre badato a insegnare solo quello che non sapevo... Avevo trasmesso quelle cose come si presentavano allora nella mia passione, nuove, animate, ardenti (e deliziose per me) nel primo fascino dell'amore". Guelfo/ Ghibellino E sempre Michelet opponeva il Guelfo al Ghibellino. Il Guelfo è l'uomo della Legge, del Codice, il Legista, lo Scriba, il Giacobino, il Francese (aggiungiamo: l'Intellettuale?). Il Ghibellino è l'uomo del vincolo feudale, del giuramento di sangue, è l'uomo della devozione affettiva, il Tedesco (e anche: Dante). Se questa grande simbolica potesse estendersi a fenomeni così minuti, direi che il seminario è di spirito ghibellino, non guelfo, e che implica una preminenza del corpo sulla legge, del contratto sul codice, del testo sullo scritto, dell'enunciazione sull'enunciato. O meglio: questo paradigma che Michelet viveva direttamente, bisogna aggirarlo, sofisticarlo: noi non contrapponiamo più l'intelligenza arida al cuore caloroso; ma ci serviamo dei formidabili apparati della scienza, del metodo, della critica per enunciare dolcemente a volte, qua e là (e queste intermittenze sono la giustificazione stessa del seminario) quel che, in uno stile desueto, chiameremmo: le mozioni del desiderio. O anche: così come per Brecht, la Ragione non è altro che l'insieme delle persone ragionevoli, per noi, gente del seminario, la ricerca non è altro che l'insieme di chi ricerca (di chi si cerca?). Il giardino sospeso Nell'immagine del giardino sospeso (e da dove ci viene, poi, questo mito, questa fantasia?) è il suo essere sospeso che attira e seduce. Collettività pacifica in un mondo in guerra, il nostro seminario è un luogo sospeso; si riunisce, bene o male, ogni settimana, spinto dal mondo che è intorno, ma anche resistendogli, e assumendosi dolcemente l'immoralità di essere un'incrinatura nella totalità che preme da ogni parte (conviene dire: il seminario ha la propria moralità). L'idea sarebbe un po' intollerabile, se non ci concedessimo un diritto momentaneo alla non-comunicazione dei comportamenti, delle ragioni, delle responsabilità. A suo modo, il seminario dice di no alla totalità; costruisce, a suo modo, un'utopia parziale (perciò il riferimento insistente a Fourier). · Questa sospensione, però, è in se stessa storica; si verifica in alcune apocalissi della cultura. Le scienze umane non hanno più un rapporto vero con la pratica sociale, salvo a fondersi e perdersi in essa (come la sociologia); e la cultura, nel suo insieme, non più sorretta dall'ideologia umanistica (o sempre più restima sostenerla) rientra nella nostra vita come commedia: non è accettabile, in un certo senso, che a un grado secondo, non più come valore lineare ma come un valore ritorto: kitsch, plagio, gioco, piacere, balenio di una lingua-scherzo a cui crediamo e non crediamo (ed è la caratteristica dello scherzo), frammento di pastiche: siamo condannati all'antologia, salvo a ripetere una filosofia morale della totalità. Al Seminario Al Seminario: questa espressione va letta come locativo, come elogio (simile a quello che il poeta von Schober e il musicista Schubert rivolsero "alla Musica") ecome dedica. (traduzione di Giuseppe Merlino) Copyright Editions du Seui! 1984

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