Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

Mai come oggi l'uguaglianza è stata talmente affermata quale verità universale e certa. Ma si lascia indeterminato di che cosa si tratti e come vada jntesa, e si confonde tutto in un grande calderone detto democrazia, dove sono descritti come uguali uomini e donne, bianchi e neri, ricchi e poveri, giovani e vecchi, sani e handicappati, istruiti e ignoranti, governanti e governati, metropoli e periferie del mondo. È un oppio ben più velenoso di quello della vecchia religione, la quale in nome della sua verità, l'uguaglianza fra figli di Dio, induceva a sopportare ogni altra disuguaglianza, ma non ne negava l'esistenza. La democrazia laica, che per definizione non può appellarsi a valori religiosi, da parte sua ha perduto la prospettiva della trasformazione del mondo che le consentiva di guardare a un futuro dove le disuguaglianze socioeconomiche, e una parte delle disuguaglianze politiche, tendessero a ridursi o a scomparire. Ridotta al solo scopo di conservare lo stato presente, è ormai priva di valori l?ropri da proporre e con i quali fare i conti. E costretta a propagandare la pura menzogna, l'esistenza di ciò che non è, illudendo la gente d'essere uguale dove non potrà mai esserlo, e dove non lo è ma potrebbe diventarlo. Un orientamento come quello di La Porta - credo contro le sue intenzioni - finisce col fornire un supporto alla politica di inganno e col farsene complice. Dal discorso religioso di Simone Weil sull'uguaglianza (rispetto dovuto all'essere umano in quanto tale, ecc.) sconfina nella psicologia. Quasi che i condizionamenti naturali e quelli sociali ed economici, le istanze etiche, la visione religiosa facessero un'unità omogenea, trasparente nella soggettività della psicologia individuale. L'esistenza o meno dell'uguaglianza si identifica così col sentimento soggettivo che l'individuo ne ha o non ne ha. Dal riferimento alle tesi di Nozick (che non ho letto, e di cui prendo solo quanto La Porta riferisce) sembra che lo scopo sia l'eliminazione del sentimento di superiorità da un lato, e di invidia dall'altro. Falso scopo perché pacificatorio: le condizioni oggettive che determinano i sentimenti di superiorità e di invidia sono messe fra parentesi. Volere l'uguaglianza come "un'ipotesi, una 'finzione', una opzione morale" equivale a distogliere lo sguardo dalla disuguaglianza, là dove essa è assoluta e insuperabile, nella "infrastruttura psico-biologica dell'essere umano" (1), e dove è parzialmente superabile (in quali limiti?) nella sfera economica e sociopolitica. Al di fuori dell'esperienza religiosa, il generico ~·sentimentodi uguaglianza ("voler crederci") ha W1afunzione autogiustificatoria, e oppiacea nei confronti di chi si trova sui gradini inferiori. Introdurre la nozione di "diversità" in alternativa alla disuguaglianza ha senso solo come via per sganciare, al limite del possibile, il possesso di doti superiori da parte degli uni dal loro uso a fini di sopraffazione sugli altri, non perché il minatore si illuda di essere soltanto diverso dal ministro; o dal padrone. (I) Riprendo l'espressione da Miguel Cande!, Marx y la realizabilidad del comunismo, in "Mientras tanto", numero speciale per il centenario della morte di K. Marx, agosto-novembre 1983, p. 100. Secondo M. Cande!, il marxismo "ha mitizzato l'uguaglianza naturale degli esseri umani, la loro capacità innata di agire per motivi razionali e di decidere da sé liberamente", dando luogo a una nuova versione del mito del "buon selvaggio" in forma di ottimismo socio-antropologico. La "disuguaglianza psico-biologica, base naturale di tutte le disuguaglianze artificiali aggiunte ]... ' dalle diverse organizzazioni sociali classiste, non si può abolire, ovviamente, con la semplice (?) abolizione delle classi sociali ]... '". 111111-l■ rivista di confine Via S. Emidio Rosso, 9 63100 Ascoli Piceno Telefono 0736/53954 diretta da Clio Pizzingrilli (in redazione: Tiziana A/berti, Eugenio De Signoribus, Giuseppe Piccioni) Ha pubblicato finora un numero monografico sui poeti dialettali contemporanei - lettere inedite di Pier Paolo Pasolini - versi e racconti inediti° di Paolo Volponi - saggi di poesia di Alfonso Berardinelli, Franco Brioschi, Maurizio Cucchi, Fabio Doplicher, Gilberto Finzi - inserti d'arte con interventi di Crispolti, Contessi, Menna, Poli, Vescovo - racconti e poesie d'autore e non. IL PROSSIMO NUMERO A FINE ANNO DISCUSSIONE/BETTIN I RAGAZZIDELGElO Gianfranco Bettin Giovani stanchi Nell'epilogo di Gli amici di Georgia, il film di Arthur Penn dedicato alle vicende di alcuni giovani americani degli anni sessanta, Georgia, la protagonista, dopo svariate e drammatiche vicissitudini (nel mondo giovanile e della controcultura americana di allora) si ritrova con gli amici d'infanzia, anch'essi segnati dai tentativi di sfuggire a una condizione di mediocrità e di conformismo subordinato. Sulla soglia dei trent'anni, intorno a un falò, con la coscienza delle proprie irrisolte contraddizioni, Georgia infine esclama: "Sono stanca di essere giovane!". Con la storia di Georgia e dei suoi amici, Penn racconta la scoperta della propria originalità sociologica ed esistenziale da parte dei giovani americani, il loro tentativo di definirla anche in termini culturali e politici e, infine, il punto morto a cui giunge questo tentativo. Georgia si dichiara stanca di ruotare attorno agli stereotipi e ai valori elaborati e ripetuti ritualmente da certa "controcultura" dell'epoca. Il suo disagio però si estende al futuro quando, scrutandolo, trova come alternativa a quella stanchezza di essere giovane, solo il ritorno (o l'ingresso) in una matu- _ritàgrigia, subalterna a quegli altri stereotipi e valori, condivisi per tradizione dai più: la famiglia, l'ipocrita pace domestica borghese, la carriera, il benessere egoista, la proprietà, il rispetto delle convenzioni. In un altro film americano, più recente, Il grande freddo di Lawrence Kasdan, gli itinerari successivi alla gioventù di un gruppo di .exaderenti al "movement" vengono fotografati nei loro esiti contraddittori, nelle amarezze, nei drammi, nelle rassegnazioni e negli acquisiti comfort. I valori e le istituzioni tradizionali, che Georgia contemplava con i timori e la stanchezza dell'ultima gioventù vengono attraversati con un disinvqlto disagio da questi amici non più giovanissimi, ai quali - in fondo - mediamente la vita non ha detto male. Anche se poi, guardando indietro, non possono non chiedersi: "Ma allora quell'impegno era solo una moda?". Giovani, sociologi, profeti Non ci è sembrato fuori luogo, per introdurre queste note su una recente indagine sulla condizione giovanile in Italia (Giovani oggi, ricerca condotta da A. çavalli, V. Cesareo, A. De Lillo, R. Ricolfi, G. Romagnoli, ed. Il Mulino, 1984, pp. 206, lire 12.000) 25

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