Linea d'ombra - anno II - n. 7 - dicembre 1984

prodotto, in opere, ben poco (ed è davvero meglio dimenticare quanto ha voluto proporre e definire come "romanzo"); che si è frammentato in cento direzioni, quasi tutte ben abbarbicate a un piccolo potere funzionariale e accademico, e che nonostante i suoi fallimenti si ripresenta tuttora, a vent'anni da allora, come gruppo cui non basta il potere che ha ottenuto e che ha, ma che ne vuole ancora e rimesta nella crisi per trovarvi occasione di spazi ulteriori, quali che siano le proposte (favole o intreccio, "nuovo" sensibilità o "nuova" sperimentazione) che opinabilmente avanza. Il recente convegno - passerella di Palermo ci è sembrato, dai resoconti, un'accolita di variati vecchiumi tenuti insieme da una "volontà di potenza" a ogni costo, e da una accettazione, tuttavia, delle regole del gioco dei poteri consolidati, quelli stessi che il gruppo ha contribuito a sostenere e rafforzare. Né le varie dichiarazioni di progettualità possono lasciar pensare a un qualche piano restaurativo, ché poco c'è da restaurare e i disastri sono già tutti compiuti. Il problema di costoro è piuttosto una dorata sopravvivenza. Si parla molto e a ragione di crisi dell'editoria, ma essa ha tra i suoi motivi anche una crisi ben maggiore, una crisi dell'intellighenzia e dell'intelligenza, che sconfina in ben altro e che, nello "specifico", ha determinato un generale abbassamento di tono e di qualità della stessa professionalità dei funzionari. Nel mondo a parte, affannoso quanto statico, degli intellettuali letterati, la voglia di scoprire, di innovare e azzardare è sempre più scarsa, mentre aumentano i condizionamenti, determinati: a) dal mercato e dai modi di proprietà; b) dal sistema generale dei media; c) dalle piccole consorterie. Se mancano intellettuali che non riscaldino le solite pappe e che non si diffondano in krisi, i motivi sono generali e riguardano tutta la cultura italiana (la società, la politica) di questi anni di stagnante monotonia, ma a questa stagnazione ben contribuiscono i letterati, "creativi" come critici e teorici, ormai interessati, si direbbe, solo alla perpetuazione di una macchina operativa artritica e mafiosa: più che il valore conta per costoro il potere, un potere peraltro secondario e meschino. Se sono poi costoro a propugnare il nuovo e a riproporsi come arcangeli di nuove linee, c'è davvero poco da ridere. Se sono poi loro a riscoprire l'intreccio, il romanzo, la favola, il sentimento, c'è addirittura di che disperarsi. Ex '63 che esortano a una nuova verginità nei confronti del romanzo, proprio loro! E c'è allora da tremare di fronte a ciò che il futuro, il loro futuro ma anche il nostro, visto il potere che detengono, ci può riservare. Fuor di polemica, le difficoltà per l'affermazione in Italia di una letteratura all'altezza dei suoi compiti, dei compiti che in una società come la nostra essa potrebbe svolgere, sono assai gravi e forse sono state raramente gravi quanto oggi. Mancano assetti organizzativi, validi punti di riferimento teorici, modelli autorevoli e convincenti. Come dimostra la nostra inchiesta sui giovani scrittori, tali a volte solo anagraficamente, non si può certo parlare di tendenze scuole, sintonie. La diversificazione produce in definitiva isolamento e gioco solitario, comunanza soltanto di frustrazione nei meno baciati dal successo. Buoni manoscritti ne circolano, che trovano difficoltà a venir pubblicati per le molte ragioni di cui sopra, alle quali occorrerebbe aggiungere il dilagare della produzione paraletteraria dei giornalisti di fama, per i quali vale sempre la battuta di Achille Campanile: "Giornalismo. Un tempo toglieva uomini alle lettere, oggi - il che è più grave - ne dà". Ma anche i loro autori appaiono variegati e dispersi, nella forma e nella sostanza, e raramente attenti a esperienze comuni e proposte che possano diventar tali. È forse per questo che mi sono piaciuti, scandalizzando alcuni, Spinelli e la Ottieri? Forse, in assenza di romanzo in grado di interessare e in qualche modo lasciar segno per capacità di narrare cose non banali e non stupide, e di non pasticciare nello stradetto o nello straletto, sono proprio i linguaggi e le narrazioni di confine a coprire meglio quelle esigenze che al romanzo sono state e sono tuttora delegate in molte parti del mondo - quel di più e di diverso di esperienza e di conoscenza, di gusto e di sensibilità, di ricchezza e di ambiguità, di modi di dire e di alludere. Càpita spesso di sentir definire "meglio di un romanzo" un libro di storia, di biografia, di memoria, d'inchiesta e perfino un saggio di antropologia o di viaggio, di economia o di scienze. Non càpita il contrario, né dovrebbe comunque capitare; m·a càpita di sentir dire, o di pensare noi stessi: "ma che razza di romanzo è mai questo", o: "con che coraggio lo si può definiri::un romanzo"? Il genere esiste, ha una sua storia, ha avuto e continua ad avere una sua validità ma, ed è strano fino a un certo punto, non in Italia. E allora, forse, per uscire da questo vicolo cieco e da questa palude, tanto vale rivolgersi al non-romanzo, come il pubblico più avvertito o più ingenuo, a seconda dei casi, va già ampiamente facendo. E sosteneDISCUSSIONE/FOFI re che dai crocevia, dalle sensibilità e dai linguaggi di confine si possono trarre insegnamenti per un romanzo da riscoprire e rivalutare come forma necessaria alla nostra esperienza culturale. Se il culto della scrittura, della "letteratura" contrapposta alla "narrativa", ha portato a quest'assenza riempita da proposte variamente evasive, perché allora non ipotizzare confronti con la vitalità espressa in quei settori in cui il bisogno di narrare e leggere narrazioni è andato nascondendosi? Mi rendo ben conto che anche questa proposta ha i suoi limiti, e mi limito a darla per ciò che vale: sfogo di lettore e di critico sopraffatto dalla noia e dal déjà vu, dal consolatorio più volgare e dall'artificioso più artefatto, ché anche l'artigianato, trascinato nella frana, sembra decaduto, tra gli uni - narratori'\del vacuo - come tra gli altri - sperimentatori del vuoto. j •. ·!· "-·-"'-~-- NEI PROSSIMI NUMERI:· Racconti di Peter Handke, Nathalie Sarraute, Alberto Savinio, John Berger, Joao Guimaraes Rosa, Josè Maria Arguedas, Rubem Fonseca, Grace Paley, C/aude 01/ier, De/more Schwartz, Stefano Benni ... Saggi di Hannah Arendt, VictorSerge, Aldo Capitini, C. Shaked (su Joseph Roth e Stefan Zweig), V. Barenghi (su Italo Calvino), B. Marranca (su Sam Shepard) ... Interventi di Harold Pinter, Stan/ey Kubrick, Tadeusz Kantor, E.L. Doctorow, Otar loseliani ... Poesie, recensioni, polemiche, notizie, fumetti. .. 19

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