16 DISCUSSIONE/BERARDINELLI culturale e virtuosismi metrici che questi autori danno il meglio di sè. Non mancano gli imitatori più giovani. Che sono, però, più univoci e conseguenziali, capaci·di mettere insieme interi libri applicando meccanicamente una sola formula. Sia nella direzione della combinatoria informale ·che nella direzione dell'ipersonetto, i risultati sono, direi, di ridondanza ornamentale in stile funebre-erotico. Soprattutto nel suo ultimo libro (Provvisorio, Mondadori 1984), Giancarlo Majorino va in una direzione diversa rispetto a quelle indicate. Alle corrosive pagine di diario, alterna l'invenzione di un linguaggio altro, un idioletto allo stato puro, esibito e provocante, che si organizza in versi e sequenze di fortissima coesione ritmica. Quello di Majorino è però uno dei rari casi attuali in cui la sperimentazione ludico-delirante conserva ancora un sapore di denuncia. (Gli altri casi sono quelli di Elio Pagliarani, che tace da molti anni, e di Amelia Rosselli: Alice e Cassandra della nostra poesia). L'Angelo e il Serpente. Nessun poeta del Novecento italiano ha avuto una fede così naturalmente pura e semplice, disarmata e nuda nella vita della poesia e nella poesia della vita, come Sandro Penna. Penna è il poeta del miracolo quotidiano nella trasparenza totale della lingua e nell'obbedienza totale alle leggi della Natura e della Tradizione. Una "tradizione naturale", sempre presente e mai interrotta, mai minacciata dal corso della storia. Una tradizione senza storia, dura come un diamante e docile come l'acqua. Al polo opposto (non faccio che riprendere un intelligente e ingegnoso spunto critico di Cesare Garboli: ora in PennaPapers, Garzanti 1984), c'è Franco Fortini. Per Fortini la Tradizione è un richiamo, un'ossessione, una nostalgia, un compito morale e storico, un rimorso. La Tradizione è perciò il contrario della Natura, non si trasmette e non si perpetua spontaneamente. Non può essere in nessun modo sottratta alla tensione della coscienza, alla responsabilità, alla prassi sociale del genere umano. Anche per Fortini il poeta è sottoposto ad un regime di "obbedienza". Ma questa obbedienza non è docilità. È scelta e autocostrizione. _Mentre in Penna la poesia è affermazione e leggerezza, naturale umiltà che non rinuncia a nulla, per Fortini la poesia è negazione e impegno. In Penna la poesia incarna il principio materno dell'abbandono fiducioso e del nutrimento gratuito, del dono e della grazia. In Fortini, incarna il principio paterno del lavoro e della legge, della giustizia, della colpa, della minaccia di morte e dell'angoscia. Questo schema oppositivo è un po' semplicistico. Ma contiene anche qualche verità e stimola ad una visione d'insieme, da versanti opposti, della poesia italiana degli ultimi decenni. Meno spontaneamente puri di Penna e meno storicamente consapevoli di Fortini, i poeti che si muovono fra questi due estremi "impraticabili" hanno costruito opere più dispiegate e più varie, più avventurose o disponibili al compromesso, e forse più interessanti e accostabili. Ma difficilmente si troverebbe un poeta italiano che più di Fortini e di Penna ci abbia dato il senso della radicale intangibilità angelica e dell'infernale orrore che si nascondono nella poesia, più che nell'idea di poesia. Qui, i due estremi opposti Penna e Fortini non si toccano, ma in qualche modo misterioso e significativo sembrano implicarsi a distanza. In entrambi la poesia lotta con l'attualità e con il presente, con la Gioia sempre accessibileo con la perpetua insidia dell'Errore. · Ma mentre Penna si è avvicinato molto negli ultimi anni al gusto dei lettori (il gusto dei lettori, dopo un'ampia diversione, si è diretto verso Penna) Fortini invece, che ha sempre voluto misurarsi con l'attualità della Storia, sembra ora spostarsi verso una zona d'ombra, di inattualità e di lontananza (Paesaggio con serpente, Einaudi 1984). Il suo freddo distacco, la sua ira e la sua diffidenza gli dettano versi che fingono una meditazione perfettamente lucida, se non perfettamente saggia. Ma i suoi idilli epigrammatici sono sempre sul punto di spezzarsi per troppa tensione. L'arco è sempre pronto a scoccare la sua freccia. Ciò che compare nelle poesie di Fortini (figura, pensiero, cadenza) sta insieme a viva forza, solo per la durata di pochi versi, mentre l'energia centrifuga che richiama ogni oggetto in direzione dell'universo non-poetico preme inesorabilmente. La volontà di capire e di dire, lo sforzo di connettere con invisibili fili di acciaio il presente, il passato e il futuro trova intorno a sè ben poche corrispondenze e consonanze culturali. Il contesto di cultura e politica, di politica e di morale richiamato dalla poesia di Fortini e da tutta la sua opera in prosa, sembra essersi polverizzato. In tempi di svalutazione della coscienza storica e di blanda euforia estetica, la voce di Fortini risuona come da uno spazio sotterraneo e remoto, come dalla nuda cella di un condannato o di un ostaggio. La sua lotta con l'Angelo della poesia non è mai cessata, ma ora come sempre prevale un'atterrita lotta col Serpente. Il Serpente della storia: più velenoso che tentatore. Raccontare in versi. Ogni libro e opera di poesia possono essere letti come se esprimessero una vicenda, come se contenessero allusivamente una storia, un romanzo, un continuum temporale - o ne fossero contenuti. Anche se debole o quasi inesistente nel poeta, l'attitudine narrativa può essere prevalente nel lettore e nel critico. Nei saggi che per esempio Giacomo Debenedetti e Edmund Wilson hanno dedicato ai poeti avviene proprio questo. L'attenzione rivolta al testo non impedisce al critico di raccogliere notizie e congetture a proposito dell'autore e del suo mondo. La critica diventa racconto. Il lavoro di interpretazione prende l'andamento di un'indagine narrativa su un personaggio, una situazione e un ambiente. In questi casi, la critica come saggistica, al pari del romanzo, attinge da una tradizione moralistica di analisi dei caratteri, dei destini e delle passioni che va da Montaigne a Freud. Questo discorso riguarda naturalmente più le tendenze della critica che quelle della poesia. Ma può succedere che un ritorno di interesse per la critica come saggistica, piuttosto che come scienza, si incontri con un aumentato interesse di alcuni
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