14 DISCUSSIONE/BERARDINELLI logia è anche un genere critico-letterario a se stante. Se è originale, non si limita a rimandare ai libri da cui attinge, è essa stessa un nuovo libro. Inventando una regia e strategia d'insieme, reinventa gli autori. La poesia lirica è poi il genere antologizzabile per eccellenza. Di solito, salvo rare eccezioni, la lettura di un'intera raccolta di liriche ingenera sazietà, noia e delusione. Quanti sono nella poesia mondiale del XX secolo i libri di poesia necessari come libri? Il cui insieme, cioè, è davvero qualcosa di più e qualcosa di meglio rispetto ai cinque o sei testi migliori e più noti che vi sono contenuti? Non ci si può nascondere il semplice fatto che la quasi totalità dei lettori colti, e un'altissima percentuale degli stessi docenti di letteratura che non siano degli specialisti in materia, conosce la lirica dei diversi secoli, e anche (forse soprattutto) la poesia di questo secolo, quasi esclusivamente attraverso delle buone e meno buone antologie. Si potrebbe perfino azzardare l'ipotesi che i poeti di cui si leggono per intero i libri e non le poesie antologizzate, possono quasi sempre essere definiti dei classici. Anche nel senso di "classici relativi", cioè prototipi di uno stile particolare o di una condizione specifica. Un autore si avvia ad essere considerato un classico quando si rafforza l'idea che sia doveroso leggere per intero le sue opere, e magari leggere la sua opera completa. Ma la condizione di classico è per definizione poco frequente. Perfino i classici del Novecento (classici "provvisori" nei confronti dei quali disponiamo di scarsa prospettiva storica) non sono poi molti. Le antologiè, però, dovrebbero non solo dichiararsi modeste, rinunciando a incarnare la sintesi culminante e panoramica dell'intera epoca presente, ma essere anche più "specializzate" e "parziali", più giocose e polemiche. O estremamente aristocratiche. Potrebbero per esempio intitolarsi: Le poesie più indiscutibilmente belle degli ultimi vent'anni, oppure: Cinquanta poesie senza capo né coda, o ancora: Disturbi dislessici nei poeti vissuti a Milano negli anni Sessanta, o infine: Poesie di elenchi. In antologie di questo tipo, la poesia contemporanea diventerebbe più accessibilee maneggevole, senza perdere niente della sua fluidità e varietà. In particolare gli autori contemporanei, non solo i giovani esordienti e poco noti, ma anche gli autori affermati, potrebbero comparire prevalentemente in almanacchi e riviste, e in questo modo essere letti al loro meglio da un pubblico relativamente ampio. Chi aspira a pubblicare una raccolta tutta propria di poesie dovrebbe riflettere sul destino probabile di una tale pubblicazione, cercando di immaginare le reali vicissitudini materiali e spirituali del proprio libro futuro. Gli editori che stampano e distribuiscono libri di poesia sono dei benemeriti e non sono molti. Chi è troppo orgoglioso per chiedere con insistenza i loro favori e sente contemporaneamente di non poter rinunciare al proprio sogno, può stamparsi a proprie spese in poche decine o centinaia di copie senza sentirsi umiliato e sconfitto. I suoi lettori reali non saranno meno numerosi e meno attenti solo per questo. Considerazioni del genere possono sembrare provocatorie solo agli autori che vogliono illudersi. Di fatto, le cose vanno già in questo modo e un exploit editoriale della poesia sembra improbabile. Le ambizioni di un poeta devono essere minime e smisurate, e quindi non scendere a patti con nessuna mediocre idea di successo. Fa parte della tradizione migliore di questa nobile arte la certezza che mettersi a scrivere versi è qualcosa che si sceglie di fare in piena libertà, solo per amore, e a proprio rischio e pericolo. L'Omino di Burro. Blandendo una femminista dubbiosa, ammiccando a un ribelle in crisi, intorno alla metà degli anni Settanta è comparso in mezzo ai giovani un Omino di Burro dal volto cereo, dall'espressione suadente, senza ire e senza impazienze, promettendo a tutti una vita migliore nel felice Paese dei Poeti. Quel paese che sembrava a tutti così lontano, l'Omino di Burro lo conosceva bene. Lui stesso veniva da lì, era di casa in quel mondo. Il suo passo sfiorava con sicurezza sognante le dure strade di quaggiù. A poco a poco i cuori gli si aprirono. Le pietre si intenerivano, le belve feroci si facevano mansuete al suono della sua voce. Arrivare nel meraviglioso Paese dei Poeti!, nel paese in cui tutto è poesia, in quella Società fraterna e ideale! E diventare tutti poeti: scrivere, pubblicare, leggere, tradurre e recensire poesie. Poesie e niente altro che poesie. Incontrare poeti e niente altro che poeti. Vivere da poeti e basta, senza curarsi di altro! L'Omino di Burro fu amato e seguito. Fu imitato. I suoi giovani amici erano incantati. Confidavano in lui. Riponevano in lui tutte le loro speranze. Fu così che in molti partirono su un traballante e magico carro verso quel fortunato Paese. Arrivarono laggiù, si saziarono di dolci frutti. Perdettero nozione e memoria di sè. Dopo qualche mese si trovarono trasformati. La metamorfosi promessa era davvero avvenuta. Si accorsero di avere perso il loro aspetto umano, troppo umano. La loro voce era un raglio sublime. Con raccapriccio e con gioia, col senso di una fede ignota, si sentirono finalmente tutti poeti. La pista del circo era pronta, li aspettava. "Dimmi, mio bel ragazzo, vuoi venire anche tu in quel fortunato paese?" - (Pinocchio, cap. XXX). PoUine poetico (o Polvere di poesia). Una scrittura poetica nella quale oggetto e messaggio siano cancellati o interamente trasformati in una sconfinata superficie di suggestioni che vanno e vengono, finisce per eccitare e mobilitare a vuoto l'immaginazione del lettore. È quello che potremmo definire il Linguaggio del Sogno della Poesia, o meglio: il Linguaggio poetico della Soglia. L'ingresso nella dimora del poetico viene continuamente promesso, ma la soglia non viene mai varcata. Le metafore e gli accostamenti suggestivi scattano uno dopo l'altro, per un momento restano visibili in aria e poi spariscono di nuovo nella notte
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