raccontistranieri travo un tartufo nero e duro. "Tu stessa diventerai un fungo", insisteva. Ma io non mi muovevo, piegata sopra la terra, accovacciata a quattro zampe, scrutando, annusando e quando trovavo quello che cercavo, grattavo vigorosamente con un rametto, crrac, craack, crrrac, criic, per tirar fuori i vermi e le altre bestioline del bosco: li stanavo per osservarli, per sentirli camminare, le loro zampette sulla palma della mia mano. Non volevo ferirli, e mi occupavo di tappare i buchi, di proteggere le loro creature, li riponevo poi nelle loro dimore. Volevo vederli, sentirli, tutto qua. E quando Sofia gridava: "Vieni, aiutami, qui ce ne sono tanti!'' io non andavo perché non potevo strapparmi via dal muschio che è il pelo della terra, la sua lanugine infantile, una peluria morbida e dolce che mi sfiorava la faccia. Quando la notizia scoppiò l'intero villaggio fu sbalordito. Il cinghiale aveva colpito Berta. La portarono dal bosco sottile e trasparente dopo due giorni di ricerca. Ferita al ventre, morì lungo il tragitto. Indossava un vestito bianco e avevano trovato il suo cestino quasi pieno. Lei sì che non le aveva mangiate le fragole. Azzannata, l'aveva azzannata il cinghiale. O attaccata. O chi sa. Il fatto è che si era dissanguata. Nè a me nè a Sofia fu permesso di vederla, i contadini le fecero una lettiga coi rami e la coprirono di fogliame, le nascosero tutta la faccia con verdi foglie, che nessuno vedesse l'immagine di quel volto, l'espressione che la paura le aveva segnato. Per giorni nel villaggionon si parlò di altro che del cinghiale e di come una squadra sarebbe andata di domenica, giorno sacro, a vendicare la morte di Berta. Alcuni avevano visto gli occhi insanguinati della bestia brillare tra i rami. Il padre di lei avrebbe guidato i cacciatori, non il suo fidanzato che, ubriaco e pazzo, era fuggito a Cahors, braccia in alto. "Mai più vi sognerete di andare nel bosco, capito bene ragazze?" Per giorni mi aggirai intorno alla casa senza finestre di Madame Dot. Volevo incontrarla. Ma non uscì mai, non la vidi mai aprire la porta, la sua scopa sempre lì fissa, appoggiata allo stesso posto. La secchia piena di ragnatele. Le galline schiamazzavano abbandonate a se stesse. Finalmente un giovedì -- i giovedì sono sempre giorni buoni, bianchi e rotondi, giorni per parlare -- la vidi curva proprio davanti a me sul sentiero, le spalle coperte dal suo scialle nero. "Madame Dot, Madame Dot!" L'accompagnai a casa e lei mi fece entrare. La scopa era ancora lì al suo posto, nessuno aveva spazzato. Lei sapeva che io volevo chiederle del bosco, o meglio del cinghiale. Mi misi a sedere su uno sgabello molto basso, mi piaceva dovermi accovacciare come quando cerco i funghi nella terra. Fuori soffiava un vento freddo. Con una voce rotta raccontò che il cinghiale aveva gli occhi sempre arrossati e il pelo dritto, quasi come un porcospino; mi spiegò che era nero e grosso e che pesava molto nel buio. "Attacca come un grande porco". Si coprì il petto con lo scialle per proteggersi dal possibile assalto. "Ha artigli di 72 - ElenaPoniatowska
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