bottega "mate" e l'altro, avvertiamo come un annullarsi del tempo, e pensiamo che anche gli aedi greci raccontavano così le imrpese di Achille per la meraviglia di pastori e viaggiatori. Ma proprio ora, quando dovrebbe comparire un Omero capace di fare l'Iliade o l'Odissea di questa somma di tradizioni orali, nel mio paese sorge un tizio per il quale la cultura della città è un segno di decadenza, secondo il quale gli autori di racconti che noi amiamo sono degli esteti che hanno scritto per il mero diletto di classi sociali liquidate, e questo tizio ritiene invece che per scrivere un racconto l'unica cosa che serve è mettere per iscritto un racconto tradizionale, conservando il più possibile il tono parlato, i giri di parole tipici dei contadini, le sgrammaticature, quello che si chiama colore locale. Ignoro se a Cuba si coltivi questa maniera di scrivere racconti popolari; spero di no, perché al mio paese non ha prodotto altro che indigesti volumi che non interessano nemmeno la gente di campagna, che preferisce continuare a sentire i racconti fra un sorso e l'altro, né i lettori di città, che saranno pure degli inetti ma hanno letto assai bene i classici di questo genere. D'altra parte - e mi riferisco anche all' Argentina - abbiamo avuto scrittori come un Roberto J. Payrò, un Ricardo Gtiiraldes, un Horacio Quiroga e un Benito Lynch che, pur partendo da temi molte volte tradizionali, ascoltati dalla bocca di vecchi creoli come Don Segundo Sombra, hanno saputo potenziare questo materiale e trasformarlo in opera d'arte. Ma Quiroga, Gtiiraldes e Lynch conoscevano a fondo il mestiere di scrittore, cioè accettavano solamente temi significativi, arricchenti, così come Omero deve aver scartato un sacco di episodi bellici e magici per tramandare solo quelli che sono arrivati fino a noi grazie alla loro enorme forza mitica, alla loro risonanza in quanto archetipi mentali o ormoni psichici come Ortega y Gasset definiva i miti. Quiroga, Giliraldes e Lynch erano scrittori di dimensione universale, senza pregiudizi localisti, etnici o populisti; per ciò, oltre ad aver scelto attentamente i temi dei loro racconti, li hanno adattati ad una forma letteraria, l'unica capace di trasmetterne al lettore tutti i valori, tutti i fermenti, tutte le proiezioni in profondità e in altezza. Scrivevano con tensione, mostravano con intensità. Non c'è altro modo perché un racconto sia efficace, miri al lettore e si imprima nella sua memoria. L'esempio fornito può interessare Cuba. È ovvio che le possibilità che la Rivoluzione offre ad un autore di racconti sono quasi infinite. La città, la campagna, la lotta, il lavoro, i diversi tipi psicologici, i conflitti di ideologia e di carattere; e tutto ciò come esasperato dal desiderio evidente in tutti voi di agire, di esprimervi, di comunicare come non avevate potuto fare mai prima. Ma tutto ciò come può essere tradotto in grandi racconti, in racconti che arrivino al lettore con la forza e l'efficacia necessarie? A questo punto mi piacerebbe applicare in concreto ciò che ho detto in un terreno più astratto. L'entusiaJulio Cortazar - 67
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