bottega Si colgono nel romanzo diverse allusioni ironiche a Freud. È vero, ma era inconscio, se si può dire così, scrivendo il sogno non ci avevo pensato. C'è invece... un attacco aperto a Freud alla fine del libro, quando descrivo il manicomio. A Vienna, Freud era come il latte materno. Tutti se ne erano nutriti fino alla nausea. Musil ha scritto un testo meraviglioso contro Freud. Anche Kraus lo attaccava ferocemente. Tutta l'avanguardia lo criticava. Ha letto Kafka? In Autodafé certe minuziose descrizioni di comportamenti assurdi fanno a volte pensare a lui. Dopo aver scritto otto capitoli del romanzo, ho letto per la prima volta dei testi di Kafka, e sono sicuro che questo mi ha molto aiutato. Il suo linguaggio è molto uniforme. Kafka scrive un tedesco molto bello, molto chiaro, ma non è uno scrittore drammatico. Quel che conta in Auto da fé è che ogni carattere è costruito secondo il proprio linguaggio e la sua "maschera acustica". In Kafka, il linguaggio forma un solo blocco, nel quale sono comprese le persone e le cose. Lei si serve del linguaggioper mostrare la solitudine dei suoi personaggi. Sì, c'è un'infinita distanza tra gli esseri umani, e nessuno incontra davvero l'altro. L'effetto delle parole fa pensare a quello delle palle da biliardo, che rotolano e si scontrano, in modo molto fisico. Le parole non vengono quasi mai capite davvero. C'è sempre un malinteso. Ho voluto che ognuno dei personaggi fosse preso nel suo universo linguistico particolare. Kien è prigioniero dei libri, ma anche tutti gli altri sono chiusi nel cuore del proprio linguaggio. Teresa ha un suo proprio linguaggio. Venendo da un piccolo villaggio alpino ed essendo un po' semplice di spirito, sa poche parole e si serve dei pochi proverbi imparati a scuola. Può dire tutto ciò che ha voglia di dire grazie a queste arcaiche sentenze. Dopo Auto da fé lei ha lavorato al suo studio sulle /olle, Massa e potere. C'è un legame tra questi due libri? Certamente. Molti dei temi che ho ripresi e sviluppati nel mio saggio sono già lì in embrione. Il fuoco è un simbolo di massa. Svolge già un ruolo capitale nel romanzo. Sin dall'inizio sapevo che tutto alla fine sarebbe bruciato. Ho inventato via via, ma l'invenzione era limitata da una certa direzione verso la quale mi muovevo. Il sogno di cui lei parlava poco fa e che racchiude l'immagine di un fuoco preparava in particolare l'immagine dell'olocausto. I libri di Kien sono anch'essi l'immagine di una folla e lui, che è sempre vissuto da solitario, che non ha frequentato che gli antichi saggi cinesi, si trova per la 52 - Elias Canetti
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