bottega no quest'influenza, la loro lingua deve e~sere particolarmente limpida, l'espressione è importante. Per quanto riguarda Nietzsche, si potrebbe forse discuterne, la sua lingua non è sempre così chiara come si immagina. Ma si capisce ciò che dice, non si è costretti a spiegare prima ogni parola. Quel che conta sono gli choc che io ricevo dai miei nemici, e dei quali ho bisogno perché senza di essi non potrei portare avanti un lavoro che dura da dozzine d'anni senza abbandonarlo. Questa qualità che lei tanto loda nei suoi nemici non caratterizza anche la lingua di Massa e potere? Ha voluto che fosse cosl? Mi piacerebbe molto che fosse così. Ho cercato una lingua che fosse altrettanto limpida di quella di Lichtenberg. Secondo alcuni c'è una parentela tra la sua opera, in particolare Auto da fè, e il surrealismo. Devo dire che quando ho scritto Autodafé ignoravo tutto del surrealismo. Non ho mai fatto parte di una scuola letteraria, e non sono mai stato espressionista, il che sarebbe stato facile in Germania. La sola influenza che ho subito è stata quella di Karl Kraus, oltre a quella dei libri che ho scoperto da solo. Ma le circostanze esteriori della mia vita hanno fatto sì che ho vissuto e studiato a scuola in ambienti plurilinguistici e che ho fatto nella letteratura del passato incontri che mi hanno portato a risultati appunto analoghi a quelli dei surrealisti nei loro manifesti più impegnati. La mia prima esperienza letteraria fu Swift. Al contrario di altri bambini che leggono I viaggidi Gulliver e subito li dimenticano come semplice storia d'infanzia, essi hanno avuto su di me un'influenza che dura tuttora. Quando nelle mie Annotazioni dipingo società organizzate secondo principi totalmente diversi, sono molto rari coloro che vi vedono l'influenza delle mie prime letture di Swift. La seconda lettura a influenzarmi fu quella di Cervantes, e poi di Aristofane, letti a 17 anni, e più tardi di Gogol, che lessi proprio prima di scrivere Auto da fè e che ebbe per questo su di me un'influenza molto forte. Quando penso a questi autori, ci sono in essi molte cose che sono state rivalutate dai surrealisti. Furono quelli i miei modelli, furono essi a formarmi. E il fatto che Auto dafè possa ricordarli nella misura in cui è un buon libro (sarebbe pretenzioso da parte mia affermarlo) è dovuto a questi modelli. Più tardi, leggendo un gran numero di scritti teorici dei surrealisti, fui stupito di vedere come più d'uno mi sembrasse vicino, mentre altri mi erano al contrario totalmente estranei. Per esempio Lautréamont, che ignoravo totalmente quand'ero giovane, non ebbe su di me nessuna influenza, e ho sempre respinto l'influenza di Freud sulla letteratura. Per me l'attaccamento di Breton a Freud, questa valorizzazione non solo dell'inconscio ma anche della conoscenza di quanto l'incon48 - Elias Canetti
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