Linea d'ombra - anno II - n. 5/6 - estate 1984

discussione ce' cui richiamarsi, ma esiste la possibilità di capire come funzionano il corpo e la mente dell'uomo, di capire verso cosa tendono, partendo, ripeto, da domande semplicissime che anche un bambino sarebbe in grado di porre. La consapevolezza irrinunciabile che ogni 'senso' è limitato, parziale, relativo, non deve obbligarci a stendere il candido elogio del non-senso, a coniugare beatamente festa e negativo, liberazione e insensatezza. Relatività dei valori non significa loro interscambiabilità, loro indefinita fluidità. Ho l'impressione che ogni discorso sui 'contenuti' o sui 'valori' venga non tanto dichiarato inutile e vetusto quanto indefinitamente rinviato ad altro luogo o momento (magari confinato nella sfera privata in cui, almeno finora, non vi è nulla su cui 'si debba tacere'). Chi viene sorpreso a parlare dei 'contenuti' pubblicamente e in modo trasparente, è considerato un ingenuo o poco elegante: ci è permesso infatti di parlare solo di funzioni, tecniche e procedure, regole del gioco, modi e forme d'uso. . Ad esempio, Girard afferma a un certo punto che la "verità", lungi dall'essere una parola vana, è oggi innanzitutto quello che ci allontana dalla folliae dalla morte. Bene, è un'affermazione personale, di carattere assiologico. Opinabile, discutibile. Si può interpretarla in modi diversi. Ma non si può interpretarla all'infinito. Lo stesso studioso francese ci offre tutti gli elementi necessaria precisarne il senso. Ad esempio qui la "follia" non è, come un'accezione comune può farci pensare, tutto ciò che non si conforma alla ratio dominante. È invece legata alla violenza distruttiva, a quel meccanismo riproduttore di violenza per cui gli uomini finora hanno sempre avuto bisogno di vittime sacrificali per fondare ogni comunità. Ora se a "follia" e "morte" sostituiamo i due termini con cui la Weil indica le due forme che il male può assumere, e cioè il "peccato" e "la sventura", ci accorgiamo che la riflessione di Girard va nella stessa direzione weiliana di una identificazione di "verità" e di "bene" (con tutta la problematicità di questi concetti). Ho voluto fare soltanto un esempio, che comunque ritengo di importanza decisiva,per dire che la 'filosofia' (e con questo termine intendo una funzione intellettuale presente in ogni individuo) dovrebbe tornare a discutere le questioni anche più semplici e più elementari, che ognuno ritiene più urgenti (e urgenti non solo culturalmente), tenendo sempre conto della propria esperienza ma senza privilegiarla. FilippoLa Porta - 27

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==