discussione La realtà che Levin 'scopre' è diversa da quella che si era sognato. Più deludente ma anche più ricca, più piena. La sua vita coniugale non assomiglia all'ideale di vita che si era prima fabbricato, ma proprio per questo risulta più perfetta (non è fatta cioè solo di momenti alti). La "visione" di cui parla Sklovskij è data com'è noto anche dal lavoro manuale nei campi. Le pagine in cui vediamo Levin falciare con i contadini dovevano essere presenti alla Weil: "Erano momenti felici... di oblio, nel quale ormai non le mani agitavano la falce, ma la falce stessa muoveva dietro di sé tutto il corpo ... Levin non si accorgeva di come il tempo passava". Nella elaborazione weiliana il lavoro manuale (soprattutto contadino, ma anche operaio, a patto che non sia degradato dal taylori.smo) si presenta come possibilemediazione tra l'io e il mondo, tra l'uomo e la natura, tra il ritmo presente dentro di noi e il ritmo dell'universo. Ma a questo punto bisogna rilevare tra i due autori una distanza difficilmente colmabile, direi proprio sul contenuto e il carattere della loro religiosità. La fede religiosa di Tolstoj si presenta fin dagli anni giovanili come motivo essenzialmente pratico, razionale, eudemonistico. È noto come la cosiddetta conversione del 1880 (descritta in Confessione) si sia espressa attraverso una esperienza di tipo estatico. Ma, d'accordo con Rolland, penso che questa 'crisi' non vada enfatizzata. Molti personaggi tolstoiani, ben prima del 1880, hanno sperimentato 'estasi' simili a quella descritta in Confessione. E tutto fa pensare che lo scrittore russo era '' così appassionato che, ogni qual volta scopriva Dio, credeva che fosse la prima volta" (op. cit.). Ho invece l'impressione che l'esperienza di Tolstoj si muova soprattutto in quello che Bachtin ha definito "tempo biografico", nel quale le cadute, le crisi, le illuminazioni e le rigenerazioni non sono istantanee e improvvise, ma graduali e durature. Mentre in questo senso la Weil risulta più affine a Dostoevskij. Pensiamo alle pagine dell'Attesa di Dio in cui vengono descritti i momenti, i luoghi e le modalità del "contatto", dell'incontro con Dio. Anche se la Weil non si distaccò mai dai suoi interessi e dai suoi temi precedenti, limit3:ndosi a rielaborarli entro un diverso orizzonte, credo che nel suo pensiero ci-sia molto più il senso di una cesura ed un ridimensionamento del tema del lavoro manuale e un primato dello spirituale. In Tolstoj, sempre "ebbro di vita" (Rolland) fino alla fine dei suoi giorni rimangono in primo piano il senso di un appagamento terreno, legato al quotidiano e alla salute fisica, l'esperienza di una felicità intesa come "soddisfazione dei bisogni umani naturali". Mentre nel pensiero e nell'esistenza della Weil tende a ridursi sempre più lo spazio della vita fisica, del corpo, per ragioni complesse ~ culturali, biografiche, etc. e dunque la possibilità stessa di qualsiasi conciliazione terrena, anche provvisoria. Insomma il sentimento della realtà, l'identificazione con il mondo passerà per lei sempre più attraverso l'identificazione con la sventura e la sofferenza che la circondano (anche se quel sentimento della realtà contiene l'unica gioia possibile). La natura riflette Dio ma è anche rivelazione dell'assenza (o distanza) di Dio. Lungo il percorso impossibile che congiunge questi due estremi si consuma fino all'autodistruzione la vita di Simone Weil. Conclusioni Anche a noi, o a molti di noi, è capitato, come a Pierre Bezuchov di perFilippoLa Porta - 25
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