discussione creduto di praticarla, oso dire), è stata più un gioco di massacro che non una costruzione. Dal "privato" cui da ultimo mi sono trovato costretto anche nel lavoro che mi ero scelto (i miei colleghi e colleghe e i miei allievi e allieve te li raccomando!), visto che la "lunga marcia" si è fermata da tempo e che a tener fermo si somiglia sempre di più a patetici donchisciotte in lotta con marmorei sacrari brulicanti di piccole e grandi corruzioni, ricavo solo, confesso, un crescente istupidimento. È difficile, t'assicuro, non cader preda di aspirazioni suicide, se non ti accontenti di ciò di cui tutti sembrano accontentarsi: vacanze, spettacoli, mangiate, un po' di sesso (sempre meno), lettura quotidiana di quei quotidiani che tutti leggiamo e settimanale di qualche libro propagandato dagli stessi, e amore del denaro e della privata proprietà. Anche di quest'ultima trovo gli alfieri più convinti - nella pratica almeno - tra amici ed ex amici: quanti, appena il movimento ha declinato, non si sono fatti comprar la casa dai genitori, o non hanno proceduto a graziose cerimonie nuziali e battesimali? quanti possono dire di non avere il gruzzolo in banca "per tutte le evenienze"? quanti continuano a vestirsi con la trasandatezza di una volta? (C'è da aver nostalgia perfino del grigissimo ma collettivo eskimo che tu tanto detestavi per la sua uniformità militaresca! Imprecavamo contro la scarsa fantasia del movimento e invocavamo più colore, ma all'abbondanza di colori che oggi si offre alla vista corrisponde un ben più terribile tipo di conformismo. Tutti cercano di differenziarsi - ciascuno per sé e, come diceva Herzog, Dio contro tutti - e più si differenziano più si somigliano). E non parlo di quelli, i più odiosi, che si sono abilmente riciclati nel professionismo politico PCI o PSI, nell'industria, nella "libera" professione, nella pubblicità e nelle comunicazioni di massa, e che guardano ormai dall'alto in basso chi non si è buttato nelle belle carriere. Ci si divertiva sere fa con qualcuno 220 - SaverioEsposito dei rari amici rimasti a ragionare sui peccati capitali dei nostri simili, e si constatava, per cominciare, che nessuno di noi conosce dei grandi p·eccatori. Ci sono, e sono i potenti, ma ne sappiamo solo dai giornali e possiamo individuarli dalle loro predicatorie o paciose apparizioni televisive. "Peccano" tranquillamente, anzi tra l'ammirazione generale palese o nascosta: più son ladri e bugiardi e più piacciono. Sono i soli cui è data ancora la possibilità di peccare fortiter. Intorno a noi, invece, i soli peccati di cui sembra esserci abbondanza sono in definitiva solo due: l'avarizia e l'accidia, peccati di ritenzione e di inadempienza. L'avarizia, peraltro, va intesa in senso anche concreto, concretissimo: non solo di sé, ma proprio di soldi e di beni. Mai visto in giro, prima, tanto amore per il denaro e tanta cura nel farne e nel conservarne, o nello spenderne a proprio unico uso. Prova a chiedere un prestito a un amico generico, che conosci magari da anni, e vedrai! Ma ancor più impressionante, perché meno appariscente e più profonda (per l'avarizia si possono trovare scusanti, e gli psicanalisti sono lì per quello, esseri tra i più avidi e avari essi stessi) è l'accidia, che il padre Dante e i padri della Chiesa (tanto tempo fa) invitavano ad aborrire sopra tutto. Non si vuol conoscere e non si vuol agire, si ha paura di tutto e di tutti, non ci si fida di nessuno, si ama solo se stessi. Ma non è più vero che ci si consoli di questo, che "chi s'accontenta gode": ringhiosi tutti, e vendicativi, nemico il mondo preferibilmente nella persona dei più vicini, e rintanati tutti nella casettina con la mogliettina davanti al televisorone a colori, e pronti a uscire solo per far spese, per nicolinare nel centro, per agitarsii più giovani - nelle discoteche o per vociare - i più grandi - allo stadio. È morta perfino la veneranda e insostituibile arte della conversazione: perché si parla e non si ascolta, ci si affretta a lamentarsi prima che siano gli altri a farlo, spiazzandoci, e si evitano accuratamente tutti gli argomenti "pubblici" di un certo peso o li
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