Linea d'ombra - anno II - n. 5/6 - estate 1984

discussione Saverio Esposito Tutti i coloridel limbo Riceviamo e pubblichiamo: Caro direttore, ti ricordi ancora di me? Ci siamo visti qualche volta in passato, e ho collaborato a "Ombre rosse", forse la sola rivista che potrebbe spiegare agli storici futuri - qualora gli storici futuri fossero più intelligenti di quelli attuali - che cos'è stato il "movimento" fuori dal trionfalismo e poi dal masochismo dei leader e dei gruppi, con i suoi molti pregi che è diventato buon uso dimenticare e con i suoi mortali difetti mortalmente incensurati e indiscussi quando sarebbe stato il momento di farlo. Ho visto con soddisfazione la nascita di "Linea d'Ombra", e con altrettanta soddisfazione ho scoperto che in redazione vi sono nomi nuovi, a me sconosciuti. Mi è sembrato un modo intelligente di far qualcosa, di "ricominciare da tre" con modestia e un po' di saggezza, anche se era un tantino demagogico l'appello ai nuovi scrittori o agli aspiranti tali. Non che i risultati - i racconti di esordienti che avete pubblicato - siano peggiori di ciò che mediamente la narrativa italiana produce, anzi, ma era evidente sin dal primo numero che la rivista non si caratterizzava per il suo "giovanilismo" - una parola e un atteggiamento che abbiamo cominciato a odiare, in pochi, molto presto - o per la sua "apertura al nuovo" (di nuovo, in giro, non se ne vede poi tanto), quanto per il tentativo di ridar vita a uno scambio (morto da anni, da prima del '68, forse dal '63) tra generazioni col ricupero dei "vecchi migliori", e internazionale con la traduzione di rilevanti testi 218 - SaverioEsposito stranieri. Non spaventarti, non intendo discutere testo per testo, racconto per racconto. Mediamente, la rivista offre cose interessanti e importanti, e io me la leggo dalla prima all'ultima riga. Detto questo, non mi pare sia per voi il caso di riposar sugli allori, tanto più che, dopo la prima sorpresa e il primo sospiro di soddisfazione nel vedere che, nonostante tutto, qualcosa ancora si muove e qualcosa di decente ancora si cerca di fare, mi pare che segni di riscontro alla bontà dell'iniziativa se ne vedano pochi. Non ti offendere, ma la cultura italiana e I'establishment intellettuale non si sono sentiti molto provocati, non hanno reagito né con astio né con le grida di entusiasmo di cui sono di solito così prodighi. Semplicemente, come è di buona regola per ciò che si muove fuori dai soliti giri, sembrano ignorarne l'esistenza. I lettori - so che ne avete abbastanza, per i tempi che corrono - hanno anche loro digerito la novità consumandola assieme alle mille altre che l'industria culturale quotidianamente produce, avvertendone a mala pena la differenza. So poi di molti che semplicemente la snobbano: "interessante ma"; e nel "ma" s'intende, mi pare, un "fuori moda", un "fuori epoca": non è sgargiante, non è corporativa, non è "adelphiana", non è postmoderna, non parla dj Lacan e di Luhmann, di Heidegger e di Baudrillard, non è filoamericana e non è filotedesca, non somiglia in niente ad "Alfabeta" o alle pagine culturali della "Repubblica", di "Rinascita", e tanto meno del "Manifesto". Tutti pregi, per me, ma questo suo non

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