discussione Il libro di Francesca Duranti, in un simile contesto, rappresenta un salutare e confortante segno di contraddizione. È un libro che appare subito "d'autore", e non tanto perché la Duranti viene dal lavoro editoriale e ha già pubblicato due altri romanzi (La bambina nel '76 e Piazza mia bella piazza nel '79, entrambi dall'editrice La Tartaruga), quanto per l'originalità che in sé rivela. A tutta prima, impianto narrativo e linea formale appaiono piuttosto tradizionali: il libro è diviso in venti capitoli, raggruppati in tre sezioni (ognuna intitolata a una donna: Fulvia, Maria, Petra. Sono le donne attorno alle quali ruota il protagonista Fabrizio); la scrittura è nitida, piana, senz'alcun intento sperimentale, senza invenzioni. Eppure, procedendo nella lettura, si ha la sensazione di penetrare in un'opera dall'essenza singolare. Si avverte qualcosa di inquietante, che va oltre il puro effetto narrativo e investe il senso stesso della letteratura. E infatti la trama s'incentra su un caso letterario, anzi sulla nascita di un piccolo mito letterario. M,aprocediamo con ordine. Protagonista di La casa sul lago della luna è Fabrizio Garrone, un intellettuale, di mestiere traduttore, malpagato e frustrato, con l'aspirazione a venir considerato "germanista" (una categoria meno generica e di prestigio). La sua è una vicenda di· progressivo spaesamento, di disagio, derivante da una brusca perdita di status (Fabrizio apparteneva a una ricca famiglia, da bambino, ma ne ha dovuto subire la decadenza e la rapida rovina economica) e da un irrisolto rapporto con gli altri e con il mondo. '' Fabrizio aveva in realtà trentotto anni - scrive la Duranti - ma il suo profilo asciutto, le sue membra scarne lo collocavano in quella categoria di persone destinate a ritornare alla polvere senza mai dover attraversare la fase in cui progressive convessità conferiscono l'aspetto solenne caratteristico dell'età matura". A Fabrizio sembra far difetto proprio la "maturità": è spesso impacciato, 1po214 - GianfrancoBettin condriaco, incapace di reggere il peso delle situazioni. Gli amici che si trova attorno sono tutti assai più vitali, efficienti, lucidi. In particolare, l'amico d'infanzia Mario che, da bambino povero accolto nella famiglia ricca di Fabrizio, si trasforma nell'editore fattosi da sè che ora procura lavoro a Fabrizio. Ma il confronto fra due diversi modi di stare al mondo si fa più ravvicinato nel rapporto tra Fabrizio e Fulvia. Anche Fulvia è una che si è fatta da sè, una donna sicura ed energica, di una freschezza che spesso provoca imbarazzi a Fabrizio. Lui sarebbe piµ incline alle sfumature, alle allusioni, ai rinvii; la sua "tranquillità" sembra riassumersi nell'evitare i problemi, quando ci sono, e nello schermarsi dietro una diffidenza esasperata verso l'esterno. A motivare un simile atteggiamento sono soprattutto due ragioni, correlate. La prima è un persistente "senso di inadeguatezza" che gli pesa perennemente addosso e che è frutto delle peripezie familiari e personali. Questo aspetto controverso del personaggio non è, nel libro, sempre risolto perfettamente: a volte Fabrizio sembra sciatto, squallido, altre volte sembra piuttosto un prezioso pezzo di antiquariato sociale; il suo stesso passato in certi casi risulta quello, felice, di un ragazzo "dorato", mentre in altri appare già nell'infanzia di tipo "leopardiano" (ad esempio nel flash-back delle pagg. 19-20, una lontana festa di compleanno nella ricca casa di famiglia). Certo le oscillazioni sono già nel personaggio, ma certi passaggi dall'una all'altra sono forse troppo bruschi, e possono lasciar perplessi. Quel che invece la Duranti descrive benissimo - e che riguarda l'altra ragione dell'atteggiamento di Fabrizio - è il raccordo tra il carattere e l'esperienza personale del protagonista con il suo smarrimento di fronte al mondo. Fabrizio avverte continuamente la fragilità delle proprie basi. Sente di essere privo di margini di manovra, in balìa di un destino che "si compiaceva di togliere senza darsi la pe-
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