discussione che qualsiasi essere umano, anche se le sue facoltà naturali sono quasi nulle, penetra in questo regno della verità riservato al genio, solamente se desidera la verità". Poco prima aveva parlato di "un regno trascendente della verità" perché anche lei, come Tolstoj, sa che la 'verità' è qualcosa che non si vede ad occhio nudo, che appunto trascende la realtà fenomenica. La Weil non ignora gli inevitabili condizionamenti materiali: "si è forse in grado di pensare nello stesso modo quando si ha fame, si è sfiniti, si è umiliati e senza considerazione?". Però il passo della Weil che ho citato può servirci per sottolineare che l'uguaglianza non può ridursi all'uguaglianza politicogiuridica, dei cittadini di fronte allo stato, ma neanche ad una mera uguaglianza di redditi e di condizioni sociali. Il testo weiliano parla di "facoltà naturali quasi nulle". Nella Prima radice leggiamo che "gli ostacoli materiali - mancanza di tempo libero, stanchezza, mancanza di doti naturali, malattie, dolore fisico - rendono difficile l'acquisizione degli elementi inferiori e medi della cultura e non già quella dei suoi beni più preziosi" (p. 62). Chiunque può accedere a questi beni preziosi, al contenuto più alto della cultura, e chiunque deve sapere che ha questa possibilità. Sempre nella Prima radice l'uguaglianza viene identificata con il "riconoscimento pubblico, generale, effettivo (... ) che ad ogni essere umano è dovuta la stessa quantità di rispetto, perché il rispetto è dovuto all'essere umano in quanto tale e non conosce gradi" (p. 20). Ogni condizione umana, ogni attività, deve poter essere considerata da tutti gli altri, e da se stessi, non superiore o inferiore ad un'altra ma semplicemente diversa. Una riflessione recente sull'argomento, anche se di natura diversa, propone un approccio.per molti aspetti simile a quello della Weil: "è plausibile collegare l'uguaglianza con la stima di sé" (R. Nozick, Anarchia, stato e utopia). È proprio attraverso questa stima di sé che l'aspirazione ugualitaria intrattiene un rapporto perfino con l'invidia. Cioè posso desiderare che un altro non abbia un punteggio migliore del mio in una certa dimensione (e non infischiarmene) se quel punteggio minaccia o scredita la mia autostima, il sentimento di quello che valgo. Centrali restano comunque, nell'impostazione di Nozick, la stima e il rispetto di me, stima e rispetto che dipendono dalla stima e rispetto che gli altri hanno verso di noi (t! infatti la Weil aveva detto: "riconoscimento pubblico e generale"). Secondo questa impostazione diventa sovversivo tutto ciò che permette a coloro che stanno al fondo della scala sociale di sentire che hanno un valore. Secondo Nozick, dal momento che una disuguaglianza offende la stima di sé solo quando si verifica nella stessa 'dimensione' in cui uno opera, dimensione che può essere uno stesso luogo di lavoro o anche il denaro come criterio di successo) propone alla fine una sorta di uguaglianza delle varie 'dimensioni' o, per dirla con un linguaggio più asetticamente sociologico, una equiparazione dei punteggi in esse raggiungibili. Il che poi dovrebbe tradursi in una illimitata "varietà di differenti liste di dimensioni e di modi di ponderare" (p. 261). In questo modo l'uguaglianza tra due condizioni o attività anche diversissime potrà stabilirsi nella misura in cui ''sono considerate non già l'una più o meno dell'altra ma semplicemente diverse". La Weil esemplifica poi attraverso un riferimento alle diver~issimeprofessioni di minatore e di ministro, viste come professioni corrispondenti a 'vocazioni' diverse. Non per sancire così in eterno l'attuale divisione del lavoro o la separatezza della politica (quale minatore inoltre ha 'scelto' di essere tale?), FilippoLa Porta - 21
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