Linea d'ombra - anno II - n. 5/6 - estate 1984

raccontistranieri 'Oddio, è Mamma!' Piena di rimorso abbassò il capo sul giornale che aveva dimenticato in grembo, e a caso tracciò un cerchio su alcune offerte di lavoro. Intanto la signora Browne era arrivata davanti al palazzo di Kiswana e controllava il ·numero civico con quello che era scritto su un foglietto di carta. Prima di entrare nel portone si fermò davanti allo scalino e ispezionò attentamente la condizione della strada e del suolo adiacente. Kiswana stette a guardare questo inventario meticoloso con un senso crescente di fastidio, ma involontariamente seguì il lento movimento rotatorio della testa di sua madre costringendosi a vedere questo suo nuovo ambiente attraverso i suoi occhi. La limpidezza del cielo terso sembrava cospirare con sua madre per far risaltare ogni ringhiera rotta e ogni mattone mancante. Il sole pomeridiano scintillava e inondava anche i più minuti cocci di bottiglia; e proprio in quel momento il vento decise di alzarsi di nuovo, trascinando nell'aria il sudiciume che era rimasto a terra, mentre una lattina sfuggita a uno spazzino sbadato rotolava rumorosamente al centro della strada. Kiswana notò con sollievo che perlomeno Ben non stava seduto al suo solito posto sul vecchio recipiente dell'immondizia contro il muro. Era solo un vecchio alcolizzato innocuo, ma Kiswana sapeva che per sua madre sarebbe bastato solo un alcolizzato o un adolescente con uno spinello per farle concludere che sua figlia abitava in una casa dove si fabbricava droga e si dava rifugio ai vagabondi. Se avesse visto Ben, nulla le avrebbe fatto credere che quasi ogni appartamento contenesse una famiglia con una Bibbia e con il sogno che un giorno da quelle scarne paghe del venerdì sera si sarebbe potuto racimolare abbastanza per fare di Brewster Piace un lontano ricordo. Mentre guardava la testa di sua madre scomparire dentro il palazzo Kiswana ringraziò dentro di sé il cielo che l'ascensore era rotto. Così guadagnava almeno cinque minuti di tempo per dare una rassettata all'appartamento. Corse al divano-letto e lo richiuse in fretta senza spianare i lenzuoli e la coperta e senza toglierne la camicia da notte. Le sembrava che in qualche modo un letto in disordine rivelasse il fatto che non aveva dormito sola ieri notte. Porse le sue scuse silenziosamente al ricordo di Abshu mentre impietosamente ne soffocava lo spirito fra le molle d'acciaio del divano. Dio, che dolcezza quell'uomo. I piedi le rabbrividirono al pensiero fuggevole di quelle labbra piene che si muovevano lentamente sulle sue caviglie. Ad Abshu piacevano i piedi e cominciava sempre a far l'amore da sotto in su. Per questa ragione ogni settimana Kiswana cambiava il colore dello smalto alle dita dei piedi. Nel corso del loro rapporto aveva cambiato da sfumature di rosso al marrone e ora stava sui violacei. Presto dovrò cominciare a mischiarli, si disse pensosa mentre si allontanava dal divano e correva al bagno per eliminare ogni traccia di Abshu anche da lì. Prese il rasoio e la crema da barba di Abshu e le buttò nell'ultimo cassetto del comò vicino al suo diaframma. Mamma non oserà ficcare il naso nei miei cassetti proprio davanti a me, pensò mentro lo richiudeva rumorosamente. Bè, almeno non nell'ultimo. Potrà venirsene fuori con qualche scusa fasulla per aprire il primo cassetto, ma non certo l'ultimo. Quando sentì i primi due brevi colpi alla porta rivolse un ultimo sguardo d'insieme al piccolo appartamento cercando disperatamente di scoprire ogni traccia di reato che potesse richiedere una difesa. Bè, non c'era niente 186 - Gloria1Vaylor

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