Linea d'ombra - anno II - n. 5/6 - estate 1984

raccontistranieri tirare sempre dallo stesso punto, con le braccia piegate allo stesso modo, provava e riprovava. Mi aveva praticamente ipnotizzato, perché restai lì almeno un'ora a guardarlo come un'idiota fino a quando non riuscii più a vedere la fottuta palla, figuriamoci il cesto. Ma restai lì comunque, per quale ragione non so. Non mancò mai il cesto. Ma continuava a imprecare. Era una tortura. E poi una macchina della polizia si fermò e uno sbirro coi capelli come uno dei fratelli Marx uscì tirandosi su i calzoni. Guardò fisso prima me poi Manny. "Cosa fate voi due?" "Lui si allena. E io guardo," dissi con tutta la disinvoltura di cui ero capace, e non era poca. Lo sbirro non disse niente, poi si voltò verso il suo compagno che stava scendendo dalla macchina. "Chi ha aperto i cancelli?" chiese il più grosso. "Sono sempre aperti," dissi io. Poi restammo lì tutti e tre come pinguini a guardare Manny che si allenava. "È vero quello che ha detto?" chiese lo sbirro grosso, mandando indietro il berretto con un colpetto del pollice come fanno i duri quando fa caldo. "Ehi, tu," disse, avvicinandosi a Manny. "Sto parlando con te." Alla fine per attirare l'attenzione di Manny gli prese la palla. Ma non funzionò. Manny restò fermo con le braccia tese in attesa del passaggio che gli avrebbe permesso di salvare la partita. Non lo vedeva nemmeno, il poliziotto. E così quando lo sbirro gli diede una sberla sulla testa fu colto di sorpresa. E quando lo sbirro cominciò a contare fino a tre, Manny si era già ripreso dal colpo in testa e stava contando i secondi che mancavano alla fine della partita. "Dammi quella palla, ragazzo." La faccia di Manny era tesa e pronta a scoppiare. "Hai sentito cos'ho detto, negro?" Ora, quando sento dire quella parola con quel tono, mi viene un gran caldo. E matto o non matto, Manny era mio fratello in quel momento, e lo sbirro era il nemico. "Farebbe meglio a ridargli la sua palla," dissi. "Manny non è tipo da farsi maltrattare, nemmeno dagli sbirri. Non dà fastidio a nessuno. Quando sarà grande diventerà un campione. Sta solo cercando di fare un po' di allenamento prima che cominci la stagione del softball.'' "Senti, sorella, se non la pianti portiamo dentro anche te," disse Harpo. "Sorella proprio non me lo dici, visto che io sono nera e tu no. Avanti, ragazzi, mettetemi pure dentro, così lo racconto a tutti. Dove credete di essere, nel Sud?" Lo sbirro più grosso torse -la bocca e lasciò andare uno dei quei sospiri da giornata dura. "Il parco è chiuso, bambina, e allora perché tu e il tuo fidanzato non vi date una smossa e andate a casa.'' Era davvero troppo. Quel "bambina" me le aveva già fatte girare, ma il "fidanzato" era davvero troppo. Restai calma, però, soprattutto perché Manny aveva un'aria così patetica mentre aspettava immobile che gli passassero la palla. E la mantenni, la calma, anche per via di quel martello che Manny si portava sempre dietro in tasca, e chissà come poteva andare a finire, quella storia, con una linguaccia come me, due sbirri che la sapevano lunga, e un matto come Manny per sovrammercato. Toni CadeBambara - 183

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