raccontistranieri Poi Manny passò vicinissimo alla staccionata e mi lanciò un'occhiata. "Non ne hai avuto abbastanza, Martello?" gridai. "Prova a mettere il culo dentro questo cortile e ricomincio da capo''. Violet restò di sasso e gli altri bambini si ammassarono in un angolo. E quando tutti cominciarono a farmi domande, più tardi, io dissi semplicemente, ''Sapete quel martello che si porta sempre dietro?" E tutti a far di sì con la testa in attesa di una lunga storia. "Bè, gliel'ho fregato". E mi allontanai con aria indifferente. Manny restò in casa per molto tempo. Mi dimenticai di lui, praticamente. Nel quartiere erano arrivati dei bambini nuovi, e io ero tutta presa da loro. Poi finalmente Miss Rose vinse al lotto e cominciò a ordinare un sacco di roba per posta, e noi stavamo tutti seduti sul marciapiede a guardare quegli strani pacchi che arrivavano per cercare di capire in che razza di stronzate avesse buttato i suoi soldi invece di aspettare che arrivasse la bella stagione e dare una gran festa per tutti i suoi figliocci del quartiere. Dopo un po' aprirono un centro e mia madre mi disse che mi avrebbe aumentato la paga se ci fossi andata, perché così avrei dovuto togliermi i pantaloni e mettermi le sottane, dato che al centro le cose andavano in quel modo. Così ci andai e con tutto quello che avevo da fare non ci pensai più del tutto, al vecchio Danny Martello. Era un postaccio, quel centro, e non era mica facile starci, ma mia madre diceva che ne avevo proprio bisogno e che anche lei aveva bisogno di stare un po' senza di me, e così ci andavo. E quella volta che riuscii a infilarmi in direzione sì che me la spassai. Guardai dentro una di quelle cartellette non proprio bianche, e venni a sapere che appartenevo a una famiglia deviante di un quartiere deviante. Mostrai a mia madre la parola sul dizionario, ma lei non mi diede retta. Da quel momento in poi fu la mia parola preferita. La infilavo dappertutto, fino quando un giorno mio padre prese la cinghia per farmi vedere fino a che punto poteva diventare deviante lui se voleva. Così smisi di cercare di migliorare il mio vocabolario. E rinunciai, o quasi, alla mia tuta. Poi una sera che passavo davanti al parco di Douglas Street perché mi avevano buttata fuori dal centro perché giocavo a biliardo invece di cucire, anche se avevo già deciso che quella era l'ultima volta che facevo un gioco da maschi, e che cominciando dal giorno dopo mi sarei pettinata per bene e avrei indossato sempre le sottane dimodoché mia madre smettesse di dire che le facevo venire i capelli bianchi, e Miss Rose la piantasse di chiamarmi per sbaglio col nome di mio fratello. Allora, sto passando davanti al parco e vedo il vecchio Manny nel campetto da pallacanestro che si sta allenando, e intanto parla da solo. Essendo quella che sono, mi viene naturale di avvicinarmi e di chiedergli che cosa cazzo crede di fare, a giocare così al buio, e lui mi guarda e poi si guarda intorno come se il buio gli fosse piombato addosso senza che se ne accorgesse. Allora capii subito che era lì da molto e che non aveva staccato gli occhi dalla palla per un attimo. "Mancavano due secondi e eravamo indietro di un punto", disse, scuotendo la testa e guardandosi le scarpe da tennis come se fossero state qualcuno. "Avevo via libera. Li avevo seminati tutti e sorridevo beato perché praticamente la palla era già nel cesto. Me la passarono e io tirai senza neanche pensarci su perché praticamente era fatta. E... ". Scosse la testa. "Mancai il canestro. La palla rimbalzò sul bordo ... ''. Si guardò le mani. ''La partita della stagione. L'ultima partita". Poi mi ignorò del tutto, anche se non si poteva dire che fino a quel momento avesse parlato con me. Ricominciò a 182 - Toni CadeBambara
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