che era un paesino vicino, uno di quei mattini in cui la luce è ancora un lampo di brina nell'aria, ma che annunciano già la primavera. Il mio ricordo, molto vago, è solo un'immagine, una nitida immagine della felicità che si specchia in un cielo verso cui s'affretta la torre della chiesa, intorno a lei uno stormo d'uccelli. E gli stessi discorsi, le grida, le canzoni erano una specie di promessa d'un'altra età più bella, ci offrivano un biglietto per tornare inditro al millecinquecento. Quale bambino non lo accetta? Quando tornammo infine a Barcellona, per qualche mese mi restò la nostalgia di tutto questo, ma poi mi abituai. Chi mi conosce adesso dirà che la mia esperienza non ha nulla a che fare con le mie idee, ed ha ragione. Le mie idee sulla guerra sono cambiate dopo, molto dopo che era incominciato il dopoguerra. Elegia in memoriadellacanzonefrancese "C'est une chanson qui nous ressemb/e" (Kosma e Prévert, Les f euilles mortes) Vi ricordate: L'Europa era in rovina. Tutto il mondo di immagini mi resta di quel tempo scolorite, gli occhi feriti dai resti dei bombardamenti. In Spagna la gente si accalcava nei cinema e il riscaldamento mancava. Era la pace - dopo tanto sangue - che arrivava lacera, come la conoscemmo noi spagnoli durante cinque anni. poesia Jaime Gilde Biedma - 165
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