Linea d'ombra - anno II - n. 5/6 - estate 1984

narrativae memoria ni; finiva per tutti il rapporto con la tradizione, che aveva riempito le veglie. Mio fratello, che ha solo tre anni meno di me, non ne sa più nulla. Mio padre invece era stato portato a spalle sblo per un tratto. Il pranzo era stato meno ridanciano e più contenuto. Non avevo avuto il voltastomaco. Mi sembrava naturale che fosse così.; era un pezzo del paese portato in città. No? I miei erano morti o si erano rifugiati nel passato; erano il passato. I pari, i compagni, erano a maggior ragione l'unica realtà. Il bene e il male che erano stati del passato, le virtù e le viltà che dal passato ci sono arrivate e che sono il nucleo profondo di ciò che pensiamo mi sembravano importanti ma totalmente trasformate e riconvertite nell'oggi. Dopo tutto fa parte della cultura del mio paese, in senso lato ma anche in senso stretto, una forte capacità di astrazione. Forse siamo uomini di famiglia o di clan, ma siamo, o siamo anche, incarnazione degli universali ~ ogni patria ci sta stretta. La montagna e la solitudine sono l' altra faccia del mondo e della totalità. L'emigrazione e la filosofia sono buona scuola. Una volta fuori dalla famiglia si è anche fuori dalla regione e dalla nazione, dalla religione e dal colore. Se non faccio parzialità per mio fratello e mio cugino, non ne faccio per la mia parte politica, o per quelli che parlano la mia lingua, o che abitano il mio continente. Ogni uomo è uguale a ogni altro uomo. Il movimento operaio è la sede naturale per mettere insieme il vecchio ed il nuovo, per realizzare la società degli uguali. I timori, le lealtà, le moralità che penso siano l'eredità culturale specifica del mio paese o dei miei mi sembravano totalmente conservati e trasformati nella società dei compagni. Un autore che ha scritto molto e acutamente su nazioni e nazionalismi, Ernest Gellner, ha detto che, come per essere gentiluomini non occorreva una volta sapere dawero il greco e il latino ma averli dimenticati, così per dichiarsarsi nazionalisti islamici, o per dichiararsi dinazionalità islamica in Erzegovina, non occorre affatto credere nell'islam ma averlo dimenticato. A me sembrava, e sembra, che le mie particolarità culturali, quelle che potrebbero rendermi diverso, anche se leggo presumibilmente testi analoghi, da un australiano o da un canadese, non sia il ricordare e il difendere la società e i valori della montagna abruzzese ma l'averli dimenticati, l'averli trasformati al punto che sono oggi riconoscibili solo a me. La potenzialità universalitica di questo aver dimenticato, che è il contrario del vuoto, sta nella sua astrattezza, nella mancanza di elementi di clan; sta nella potenziale convergenza. Forse l'aver dimenticato le ginestre o l'erica, i castagni o le betulle, la montagna o il deserto, la lealtà a Giacomo o quella a Francesco, il cattolicesimo o il protestantesimo, non è poi così diverso. Ci sarà pure qualche motivo per cui quando viaggio non mi sento mai straniero. Non più che a casa mia. FrancescoCiafaloni - 157

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