raccontiitaliani richiami prigionieri, dovete pensare a Oreste come a un villico nel giardino di Armida. Dalla cima di una piccola torre sbrecciata, nascosto, seduto su una vecchia seggiola, guardando da un buco, un ometto spia il destino della preda. Aveva la testa calva, il naso a becco, le rughe nere sul viso grigio e un odore addosso, forse di sego, forse di guano che non avrebbe mai potuto togliersi, sembrava anche lui un uccello che avesse perduto molte penne. Ne aveva anche il passo incerto e quasi zoppicando, quando il volo dei superstiti era passato, andava a raccogliere e a uccidere impietoso le vittime impigliate fra i rami, ma amava teneramente i suoi richiami, parlava loro con striduli versetti e quando uno moriva gli faceva un piccolo funerale. Era l'unico del paese che restasse testimone del passato antico, come una vecchia pietra del cimitero. La madre aveva insegnato che bisogna sempre imparare dai vecchi e Oreste seppe diventargli amico. Lo raggiungeva al mattino presto, nelle giornate di poco lavoro, spesso quando era appena di ritorno dalla pesca, lo aiutava a pulire le gabbiette e a mettere in posizione i richiami e nella calma serena di quell'ora si apriva improvviso il loro canto insidioso, poi cominciava l'attesa, il momento più bello della caccia, un piccolo stormo passava, qualche uccello con un piccolo volteggio, muovendo e sbattendo le ali si posava su un ramo sopra la rete, allora Oreste usciva dal suo nascondiglio e lanciava, era abilissimo nella mira, dischi leggeri per spaventare la preda e far che si impigliasse nella rete, poi quando il volo era passato e il cielo era vuoto, correva a prendere l'animaletto cinguettante nelle mani grassocce, lo sentiva vibrare, guardava i suoi occhi spaventati, sembrava consolarlo con un sorriso, gli avrebbe fatto poco male, e le dita mostravano in quel minimo movimento di torsione la loro destrezza, un piccolo crac e il capino si piegava rassegnato alla morte. Oreste era ormai una persona importante e la terra ormai si era fatta rotonda anche per lui. Aveva raggiunto una visione pacifica della sua vita ed ogni cosa, anche i divertimenti e i piaceri, dovevano organizzarsi nel meccanismo dei suoi progetti. Tutto andava all'utile. Gli uccelletti, infilati sullo spiedo tra due fette di pancetta con una foglia di salvia erano diventati una specialità della casa, aveva comprato per questo uno spiedo con orologio e con un gocciolatore, regolato, egli diceva, con un sistema elettronico, che aggiungeva a quello della caccia il piacere della meccanica che egli non aveva mai dimenticato. Tutti i giorni egli poteva offrire alla sua clientela pesce appena pescato. E quello che bisognava comprare lo sapeva comprare bene, e per quanto possibile, non da grossisti, ma andava all'origine, dai produttori. Aveva la passione della carne. Ai polli, ai conigli pensava la madre, ma agli agnelli, ai maiali e ai manzi pensava lui. Voleva vedere 'la bestia' prima che la macellassero. Una volta ero anch'io con lui e ho visto come la palpava con gusto, proprio come se ne avesse un piacere fisico, immediato, ne assaggiava i quarti posteriori, e il collo grasso e il 140 - Livio Garzanti
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